Dagospia, 7 marzo 2012
DAGO PRESENTA: YOUTUBE STORY
Youtube ha cambiato la vita a Re, Capi di Stato e di Governo, finanzieri e terroristi, cantanti, scienziati , attori, sfasciacarrozze, biscazzieri, geometri e donne delle pulizie di diversi gruppi etnici. Insomma c’era un Pianeta Terra "ante Youtube" e c’è oggi un Pianeta Terra "post Youtube". "O ci stai dentro o ci finisci " dicono a Wall Street a Shangai e ad Arcore . " Se hai talento puntalo su Youtube e vediamo quanti viewers fai" . Etc... etc... Tutti ne parlano e ne straparlano . Però dove ha inizio lo tsunami di viral videos, quando, come, perchè e per volontà di Chi, lo sanno in pochi ... veramente pochi.
Chi ha dato i primi soldi ai Fondatori? Perchè Google si è affrettato a comprarlo per 1,7 miliardi di dollari? Perchè Barack Obama l’ha usato per diventare Presidente USA e Hilary Clinton, pur di difenderlo, si scontra con il Governo Cinese e con i Governi Islamici? Perchè i suoi competitors si sono talmente impauriti che hanno dovuto inventare Facebook di corsa?
Quanti Servizi Segreti lo usano per controllare e depistare ? Perchè la Royal British Family ha aperto immediatamente un canale dentro Youtube seguita dalle Nazioni Unite e dalla Santa Sede? Perchè un ragazzotto fa una minchiata e la vedono in 150 milioni di spettatori? E perchè invece la fa un altro ragazzotto e la vedono in 12 ?
Perchè dentro Youtube ci sono le morti, le stragi e gli scontri a fuoco live ? Perchè ci sguazzano tutti insieme pubblicitari ed ecologisti, nazionalisti e imperialisti , bianchi, neri, gialli e extraterrestri ? Tutto questo e molto altro è narrato ampiamente da Glauco Benigni in questo libro che i lettori di Dagospia non possono non conoscere . Da oggi cominciamo a pubblicarlo a puntate . Buona lettura .
YOUTUBE. LA STORIA AL PRESENTE DI GLAUCO BENIGNI - PARTE PRIMA
I Fondatori: Chad, Steve e Jawed Gennaio 2005. Nella baia di San Francisco fa un gran freddo. Un gelido e tumultuoso vento soffia dall’oceano e contribuisce a tenere bassa la temperatura. I tre amici comunque sono di buon umore. Stanno convergendo, ognuno dalla propria abitazione, con le bottiglie in mano, verso una festa. Nessuno di loro sa però che quell’appuntamento segnerà per sempre la loro storia personale e contribuirà sensibilmente a mutare la storia dell’Era Digitale.
CHAD HURLEYCHAD HURLEY
Nessuno di loro può immaginare che, di lì a poco, avrebbero intavolato negoziati con i potenti della Terra e guadagnato una tonnellata di dollari. Chad Meredith Hurley, classe 1977, bianco anglosassone, era nato e cresciuto in Pennsylvania; Steve Shih Chen, classe 1978, era nato a Taiwan e la sua famiglia aveva deciso di emigrare negli Stati Uniti nel 1986; Jawed Karim era nato a Merseburg, nella Germania dell’Est, nel 1979, al tempo in cui le sorti di quella nazione venivano ancora decise al Cremlino.
I genitori di Jawed si erano spostati prima nella Germania Ovest e poi nel 1992 - come i genitori di Steve nel 1986 - avevano fatto il gran balzo verso l’American Dream: il Tempio delle Opportunità. I tre, quasi trentenni, non sono comunque ordinary people, ma piuttosto portatori sani e inconsapevoli di quel l’epidemia che avrebbero potentemente contribuito a far dilagare: la Video Comunicazione Virale.
Hurley, figlio di un consulente finanziario e di una professoressa, si era precocemente laureato alla Twin Valley High School di Elverson, dove sua madre insegna tutt’ora. E si era in seguito specializzato in Belle Arti all’Università della Pennsylvania. Aveva avuto un paio di riconoscimenti accademici tra il 1992 e il 1994 ed era stato un insigne membro della Technology Student Association durante il liceo. Fra l’altro, era considerato un esperto di interfaccia utente e sarà questo uno degli elementi che «avrebbero fatto la differenza».
Chen era uno di quegli asiatici-americani prodigio, che sin dalla più tenera età suonano la tastiera di un computer come alcuni geni del passato suonavano il pianoforte, e che si dilettava a smontare e a rimontare qualsiasi pezzo prodotto dall’industria informatica. Aveva studiato alla John Jersey High School, poi all’Accademia di Scienza dell’Illinois e infine si era laureato all’università di quello stesso stato. Anche Karim, figlio di un ingegnere del Bangladesh impiegato alla 3M e di una signora tedesca che lavorava all’Università del Minnesota, aveva frequentato l’Università dell’Illinois ma aveva lasciato il Campus per diventare uno dei primi impiegati alla PayPal. Questo non gli aveva impedito comunque di laurearsi in Computer Science nel 2004.
PayPal! A qualcuno queste due paroline non diranno niente, ma invece sono molto, molto importanti nella storia che stiamo per narrare. I tre si erano incontrati proprio nei corridoi di quella società, e nelle sue stanze avevano passato le loro giornate svolgendo diverse mansioni, insieme agli altri addetti, tutti occupati a spostare da un angolo del mondo all’altro dollari americani, australiani e canadesi, euro, sterline inglesi, yen giapponesi e renminbi cinesi destinati alle piccole transazioni tra gli utenti della sterminata rete web e i siti di e-commerce2 che offrono beni e servizi 24 ore al giorno.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN
PayPal, una grande invenzione del 2000, era cresciuta combattendo organizzazioni criminali che tentavano di intrufolarsi nel suo sistema per intercettare i flussi di denaro, fino a quando aveva inventato e brevettato il software Captcha, che aveva reso sicure le transazioni. Una grande scuola dunque per i nostri tre eroi, una palestra dove ogni giorno si aveva a che fare con una massa sterminata di utenti.
Un osservatorio privilegiato dei gusti planetari e delle tendenze che si modificano a grandissima velocità nella immensa tribù di Internet. In quel periodo PayPal gestiva transazioni annue per 27,5 miliardi di dollari, era disponibile in 190 nazioni, operava su 123 milioni di conti attivi dei propri clienti e da tre anni, cioè dal momento in cui era stata acquistata da eBay, evitava accuratamente di lavorare per siti pornografici.
Di tutto ciò parlavano ogni giorno tra di loro i tre amici: globalizzazione digitale, etica delle relazioni in rete, eccezionali volumi di scambi e capacità di gestire masse straordinarie di terabyte.
Queste le loro chiacchiere, tanto familiari in quell’ambiente quanto in una nursery i discorsi su pannoloni e giocattoli. PayPal fu dunque il loro humus, il brodo primordiale dal quale trarre visioni e indicazioni concrete e - come vedremo in seguito - anche il loro primo sostegno economico, la prima fondamentale manifestazione di fiducia nei confronti dei loro sogni di gloria.
Quella sera alla festa comunque i tre parlano sicuramente di altro. Si balla, si beve, si incontra gente e soprattutto - così narrano le cronache e così riportano i protagonisti nelle loro successive interviste - quella sera si scattano molte foto e si registrano molti video grazie alle videocamere che passano di mano in mano.
Non sappiamo in dettaglio cosa succede nei giorni seguenti, ma sappiamo che i tre, come spesso accadeva in quel periodo, tentano di far giungere ai loro amici attraverso la rete Internet sia le foto che i video girati alla festa, per condividere i giochi, rievocare le emozioni, le battute, le smorfie eccetera. Con le foto va tutto bene. Con i video più «ingombranti» però si incontrano alcune difficoltà. La lunghezza, le dimensioni dei troppi megabyte, i diversi standard di codifica e decodifica dei segnali, i software di gestione incompatibili e le richieste di alcuni siti di lunghe procedure per avere accesso o di piccoli costi di sottoscrizione rallentano le azioni, talvolta le rendono impossibili.
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E tutto ciò non piace a Chad, Steve e Jawed. È intollerabile, per dei professionisti come loro, essere sottoposti a restrizioni che in ogni caso sono teoricamente sormontabili. «Lavoriamoci» si dicono allora, «troviamo una soluzione a un problema che riguarda e riguarderà centinaia di milioni di nostri simili». «La gente compie un sacco di esperienze nel mondo» ricorderà in seguito Chad Hurley, «le filma e vuole condividerle. Ecco cosa dobbiamo fare: fornire una traccia per realizzare questa nuova estrema Tv della realtà».
Siamo a San Bruno, nella contea di San Matteo, in California, una tranquilla cittadina di 40.000 abitanti nei pressi dell’Aeroporto Internazionale di San Francisco. Siamo a due passi dalla Silicon Valley, una zona in cui sin dalla metà degli Anni ’80 hanno visto la luce grandi invenzioni e brevetti, e sono fiorite e cresciute alcune delle maggiori applicazioni nel web, poi trasformate in enormi affari grazie a marchi che hanno fatto la storia dell’Era digitale.
Siamo nella Culla della Cultura informatica, signori, nell’ombelico del Pianeta Internet, dove ogni garage, ogni soffitta, ogni cantina è un potenziale laboratorio, una bottega di idee e pratiche e esperienze che possono condurre a notevoli cambiamenti, addirittura a rivoluzioni della conoscenza, impensabili solo qualche giorno prima. Alcune sigle nate nei decenni successivi sono ormai consolidate e operano con migliaia di impiegati e tecnici all’interno di grandi edifici, altre sono morte e sepolte; quasi tutte, dopo la loro fondazione, sono state comprate e vendute, oppure fuse, smembrate, riaccorpate.
Si respira in ogni palazzo aria di finanza tecnologica e di pionierismo digitale. I sogni, anche quelli più arditi, qui sono autorizzati dal mondo degli affari, attivamente presente nell’area. Qui ogni giovanotto sveglio dispone di contatti, parenti, amicizie che si possono raggiungere con un click del telefono cellulare, referenti ai quali inviare un’email con un progettino o un’ideuzza a caccia di finanziatori.
Dopo la grande epopea del NASDAQ4 sostenuta da Clinton e Al Gore negli Anni ’90, quando bastava collocare in Borsa una società operante su Internet per ottenere ingenti finanziamenti, e dopo la sua conclusione, con l’esplosione della bolla speculativa che ha azzoppato soprattutto le dot.com, è arrivato il grande inverno. La brina delle attività day-by-day si è posata sui falò accesi dall’immaginario incandescente dei Padri Digitali, determinando stagioni di profitti compatibili con altri settori dell’attività umana, ma privi di grandi balzi e sorprese.
JAWED KARIMJAWED KARIM
Senza alcun dubbio l’industria informatica e dei siti Internet ha continuato a vivere bene dopo il crack del 1999, ma nessuna vera star di prima grandezza, a parte Google,6 è apparsa sulla scena come invece avveniva, quasi d’incanto, in passato. Qualcuno però comincia, nel 2005, ad annusare nell’aria l’odore di una nuova primavera. Gli orsi escono dal letargo, i tori cominciano a tamburellare gli zoccoli nervosamente sui prati, pronti a correre all’impazzata.
Gli analisti di mercato e i giovanotti stanno all’erta: qualcosa sta per verificarsi, lo si percepisce nelle discussioni al bar e nelle riunioni di lavoro, nelle lobbies degli alberghi e nelle sale d’attesa degli aeroporti. E intorno ai nostri tre amici è tutto un fiorire di nuovi siti web che propongono nuove soluzioni ai vecchi problemi.
Nel corso del processo evolutivo, naturale e inevitabile, nel DNA dei media, dopo le mutazioni epocali nel trattamento dei testi, si è passati alla gestione di contenuti più complessi, quali l’audio, le immagini fisse e 3D, e ora è giunto il momento dell’evoluzione delle immagini in movimento. I grandi cambiamenti nel modo in cui la gente effettua filmati video, sempre più utilizzando piccole videocamere digitali, e i bassi costi per gli operatori di website, autorizzano il volo della fantasia: ospitare, mostrare, scambiare, inoltrare ad amici e non, rieditare in linea, enormi quantità di filmati.
Dopo Flickr,7 il sito lanciato da Yahoo!,8 che gestisce milioni e milioni di foto per i propri utenti, si tentano le prime versioni per gestire i video: Vimeo, Sharkle, Cliphack e Blip.Tv sono alcune delle sigle che compaiono in questa fase. Su tutti primeggia, con l’autorevolezza del suo nome, Googlevideo. Ma il gigante dei motori di ricerca - stando ai commenti esperti - prevede ancora una lenta procedura.
Troppo lenta per i kids scalpitanti. I nostri eroi hanno altro in testa. Il 15 febbraio 2005 viene informalmente fondata YouTube. Ecco dunque qualche tempo dopo i nostri tre eroi all’interno di uno stanzone - destinato a diventare mitico - secondo alcune versioni sopra a una pizzeria, secondo altre sopra un ristorante giapponese, che armeggiano con un videoclip destinato a passare alla storia come la prima rappresentazione di un’opera lirica di successo. È il 23 aprile 2005. Jawed è andato allo zoo e sta parlando con gli elefanti mentre la madre lo riprende con una piccola videocamera.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM
È un video privo di qualsiasi eccezionalità. 17 secondi banali come possono essere banali i video fatti in casa, durante i quali il ventiseienne Jawed appare un po’ giallino. Ma è la scintilla, e innesca la reazione a catena. Da due mesi i tre si stanno dedicando alle soluzioni dei problemi. Ora sono pronti. Le immagini di Jawed e dei suoi elefanti, grazie a un nuovo software scaturito da successive elaborazioni, vengono caricate in rete (uploaded) 9 alla velocità della luce con pochi click, e compaiono sui loro monitor di verifica e sugli schermi dei loro destinatari.
Segue una chat: «Come si vede?» «Bene». «Basta solo Adobe Flash» precisa qualcuno. «Lo puoi inoltrare a qualcun altro?» «Sì». «Bene... presto lo potrai anche rieditare online». È l’alba di un nuovo giorno. L’avventura comincia. Ancora oggi scorrendo i commenti al video di Jawed, che continua a essere visionabile su YouTube, ci si imbatte in frasi emblematiche: «Non posso credere che abbiano fatto tanti soldi con questo... anch’io voglio fare qualcosa... c’è qualcuno che ha un’idea?»
Oppure: «Il primo video? Così è cominciato tutto... e la luce apparve. Tu sei il nostro creatore, il nostro Dio. Voi avete fatto la storia». O ancora: «Seriamente dude voi siete come Dio. Voi avete cambiato il mondo per sempre e avete reso il genere umano più unito». Esagerato? Un po’ sì, ma del resto il mito, per diventare tale, ha bisogno di commenti da mitomani.
Continua/1