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 2012  marzo 07 Mercoledì calendario

LEHMAN ESCE DAL DISSESTO DOPO TRE ANNI

Dopo tre anni e mezzo Lehman Brothers, o meglio quello che ne rimane, esce dal fallimento. Era il 15 settembre 2008 e il crack, dal giorno alla notte, di quella che era la terza più grande banca d’affari americana, un pilastro della finanza mondiale, gettò nel panico i mercati. Ora la banca ha chiuso la procedura fallimentare (Chapter 11) e partiranno i rimborsi che si aggirano attorno ai 65 miliardi di dollari. Cala finalmente il sipario sul dissesto che ha messo in ginocchio Wall Street e che ha segnato la fine dell’epopea, iniziata dopo la crisi del 1929, delle grandi banche d’affari statunitensi.
Ma non c’è ancora la parola fine sulla complicata questione delle cause legate al fallimento: tra le pieghe delle decine di procedure in corso balla la cifra monstre di quasi 70 miliari di euro. Un ammontare analogo a quello che Lehman Brothers si appresta a rimborsare. Quei soldi, l’equivalente della manovra economica dell’Italia, sono bloccati in Svizzera dove la tradizionale riservatezza del mondo bancario sta giocando un brutto scherzo a tanti truffati dal crack. La filiale svizzera di Lehman Brothers (Lbf) è a oggi l’unica subsidiary dell’ex colosso che non ha trovato un accordo e non ha fatto transazioni per le cause. Peccato che Lbf era un crocevia nevralgico dentro la ragnatela di società Lehman: la banca che fu di Dick Fuld aveva una fitta galassia di filiali che intratteneva rapporti di dare-avere. Con una piccola distinzione: tutte erano società indipendenti. Al momento del fallimento, è partita una raffica di cause incrociate. Nel corso del tempo tutte le varie entità hanno trovato un accordo pagando delle somme alla casamadre. Tutte tranne la Svizzera. Anche le Antille Olandesi, non proprio un paradiso di trasparenza finanziaria, ha raggiunto un settlement, eppure gli elvetici non ci sono riusciti. A marzo dell’anno scorso gli uomini di PriceWaterHouse, i liquidatori di Lbf, parlavano di «progressi significativi» nelle trattative. Dopo dodici mesi nessun passo avanti c’è stato: la Lehman svizzera deve 14 miliardi di dollari alla casamadre americana, altri 4,7 miliardi alla consorella del Regno Unito. E ancora 4,4 miliardi alla LB Securities della Antille Olandesi, e 3,5 alla Lehman olandese per un totale di 47 miliardi di euro. Allo stesso tempo le medesime entità sono esposte verso Lbf per un totale di 21,4 miliardi. Finora tutte le proposte di accordo sono state rifiutate dagli elvetici. L’inammissibile ritardo della Svizzera, che gode di una fortissima reputazione finanziaria, ha irritato molto gli americani. Il danno di immagine che gli elvetici rischiano è alto e la questione è finita direttamente sul tavolo di un pezzo grosso di Washington: Robert Shapiro, sottosegretario al Commercio durante la presidenza Clinton e advisor dell’Fmi.