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 2012  marzo 06 Martedì calendario

Tra i militari monta la rabbia: «Nessun rispetto per la divisa» - «La notizia dell’incarcerazio­ne dei marò me l’ha portata uno dei giovani dicendo: «Comandan­te a questo punto mi verrebbe vo­glia di togliermi l’uniforme e fare altro nella vita», racconta al Gior­nale un ufficiale della Marina mili­tare

Tra i militari monta la rabbia: «Nessun rispetto per la divisa» - «La notizia dell’incarcerazio­ne dei marò me l’ha portata uno dei giovani dicendo: «Comandan­te a questo punto mi verrebbe vo­glia di togliermi l’uniforme e fare altro nella vita», racconta al Gior­nale un ufficiale della Marina mili­tare. Un misto di amarezza, incre­dulità e rabbia, per non poter far nulla, sono i sentimenti che emer­gono dal mondo militare, dopo che i marò sono finiti nelle galere indiane. Il ministro Giampaolo Di Paola, ammiraglio, non parla per­ché lo fa la Farnesina. Su Face­book la nota di protesta rivolta al­l’India del segretario generale del ministero degli Esteri, Giampiero Massolo, è oggetto di scherno da parte dei militari: «Ora che abbia­mo espresso “vivissima preoccu­pazione” possiamo risistemare mutande e pantaloni sotto le gi­nocchia, come ci compete! Vergo­gna... ». Dall’ufficio stampa della Mari­na si chiudono a guscio e annun­ciano che nessuno parla per le prossime 48 ore. Basta un giro di telefonate, garantendo l’anoni­mato, per aprire il vaso di Pando­ra. «La delusione è a 360˚. E ades­so con che spirito andremo in mis­sione antipirateria?» si chiede un ufficiale- Se sventolassimo la ban­diera inglese o americana non sa­rebbe finita così. Con il tricolore se fai il tuo dovere e spari rischi di finire in galera in patria o in In­dia ». I marinai sostengono all’uniso­no che «la nave non doveva torna­re indietro. La linea di comando militare aveva detto di non farlo. Il capitano avrà parlato con l’arma­tore che a sua volta avrà chiamato la Farnesina, che ha consigliato di collaborare ed è scattato il trappo­lone ». Molti si scagliano conto i di­plomatici. «Perché l’ambasciato­re non è andato subito a prendersi i marò scortandoli in una nostra sede diplomatica? Gli indiani po­tevano venire a interrogarli, ma non ad arrestarli», sottolinea un ufficiale dell’Esercito in servizio all’estero.«Adesso che la diploma­zia ci ha messo nella bocca del lu­po ci deve tirare fuori» ribatte un ufficiale della Marina. Un colon­nello fa notare che l’Italia è sola: «Dove sono l’Europa, Bruxelles, gli organismi internazionali?». Salendo di grado,con l’incredu­lità si fa notare anche il bicchiere mezzo pieno. «Sono meravigliato dell’evoluzione negativa - osser­va un ammiraglio - . Si sperava in una piega diversa tenendo conto che la giurisdizione rimane italia­na ». Un altro ammiraglio fa nota­re che «forzare la mano in questo momento, con le elezioni nello Stato indiano dove sono stati fer­mati i marò, il 17 marzo, è contro­producente. Bisogna cogliere tut­ti i segnali: i fucilieri non sono stati messi in un carcere duro e godono di un trattamento differenziato. Forse gli stessi indiani si rendono conto che qualcosa non funziona nella loro ricostruzione». I marò in servizio continuano a chiedere come stanno i fra’ (fratel­li)? «La solidarietà è fortissima e pure il senso di impotenza» spie­ga un ufficiale. L’impotenza «di­venta rabbia quando si pensa che gli americani li avrebbero già tira­ti fuori. I tempi della diplomazia, purtroppo, non sono quelli degli uomini d’azione». Anche i commilitoni dell’Eserci­to, che spesso hanno combattuto al fianco dei marò in missioni san­g­uinose sono sulla stessa lunghez­za d’onda. «Quello che succede a loro potrebbe accadere a noi. Una condanna in India sarebbe para­dossale­fa notare un veterano del­le missioni internazionali - E se qualcosa del genere capitasse in Afghanistan? Ci facciamo la gale­ra pure a Kabul?». Un generale ammette che ser­peggia una forte «sensazione di amarezza. Sulla linea militare era stato consigliato di tirare dritto e non tornare in porto». Però, in questo momento, «parlare dan­neggerebbe i tentativi diplomati­ci ». Su Facebook la sottigliezza passa in secondo piano. Lo spirito di corpo è fortissimo come dimo­stra un messaggio rivolto ai due marò ancora prima che finissero in carcere. «Massimiliano, in que­sto momento tutti i fucilieri ed ex fucilieri di Marina italiani, sono con te e Salvatore. Se ce lo chiedes­sero, saremmo pronti per partire e venire a riprendervi fisicamen­te... anche stasera stessa! Non mol­late ragazzi! Un fraterno abbrac­cio!... Per Mare, Per Terram!».