ENRICO MARTINET, La Stampa 6/3/2012, 6 marzo 2012
Il re degli sherpa: “L’Everest soffoca” - Quando l’onda bianca di limo glaciale sconvolse il suo villaggio, Lhakpa fece appena in tempo ad arrampicarsi su una roccia affiorante
Il re degli sherpa: “L’Everest soffoca” - Quando l’onda bianca di limo glaciale sconvolse il suo villaggio, Lhakpa fece appena in tempo ad arrampicarsi su una roccia affiorante. E si salvò, ma dei suoi campi non rimase che un deserto fangoso. Era il 1985, Lhakpa aveva 25 anni e perse ogni cosa in quella catastrofe venuta dai ghiacciai himalayani. Qualche giorno fa Lhakpa Tenzing, famoso nel mondo come Apa Sherpa, è stato «incoronato» l’uomo dei record sull’Everest, la montagna più alta della Terra. Agli 8848 metri della cima è salito 21 volte, la prima nel 1990, l’ultima del 2011. In quell’estate dell’alluvione glaciale, dopo aver creduto di aver perso non soltanto i campi ma il futuro, decise di arrampicarsi sulle sue montagne, di far parte delle spedizioni degli alpinisti venuti da tutto il mondo per coronare il loro sogno degli Ottomila. E adesso, a 52 anni, ha smesso di salire e scendere dal tetto del pianeta. Cammina. Lo farà per 120 giorni, quanto occorre per concludere i sentieri alla base delle montagne giganti del suo Nepal, da Ovest a Est per 1700 chilometri. Non è un epigono di Forrest Gump, il suo scopo è sensibilizzare la sua gente e i turisti di vallate selvagge che si sono infilate in un’emergenza di altre latitudini, quella dei rifiuti. Apa è stato raggiunto nel suo viaggio politico-ecologico a Gyalthum, villaggio piantato tra campi coltivati nel Sud-Est del Nepal, dal patron del libro dei primati umani, il Guinness World Record. Il rubicondo scozzese Craig Glenday ha premiato l’asciutto e minuto Apa in una cerimonia di pergamene. Apa ha risposto sottolineando il suo orgoglio di essere diventato così famoso. Poi l’allarme: «Il clima cambiato e le frane mettono a rischio le salite sull’Himalaya e la nostra agricoltura. Se il cambiamento climatico continuerà, l’alpinismo sull’Everest potrebbe non esserci più». Infine la promessa: «Il mio impegno sull’ambiente sarà sempre più forte». Thame, il suo villaggio, è in una delle valli che si biforcano da quella del Khumbu (porta all’Everest e al confine con il Tibet). È a quattro ore di cammino da Namche Bazar, cittadina costruita in una scodella verde che pare sospesa in mezzo alla vallata dell’Everest. Namche è la capitale dell’alpinismo himalayano, e oggi pare un girone dell’inferno per il ristagno dei fumi di rifiuti . Apa Sherpa è fra coloro che affrontano e tentano di risolvere il problema. Europei, americani e neozelandesi, tra gli altri, cercano di riparare ciò che i loro connazionali hanno combinato. Gli italiani sono in prima linea con il Consiglio nazionale delle ricerche attraverso il Comitato Everest-K2-Cnr che ha sede a Bergamo ed è presieduto dall’alpinista Agostino Da Polenza. È in partenza per Kathmandu, capitale nepalese. Dice: «Dobbiamo firmare un accordo a tre. Oltre a noi, l’organizzazione non governativa Eco-Himal e l’associazione governativa del Nepal Sagarmatha Pollution Control Commitee. Due piccoli inceneritori li portiamo noi, uno il Nepal. La situazione non è più sostenibile e il trasporto dei rifiuti altrove è troppo costoso. Nell’area del Parco di Sagarmatha, cioè dell’Everest, ci sono immondezzai dappertutto». Ogni anno sui sentieri del Khumbu s’inseguono in fila indiana trentamila turisti. Poi ci sono gli abitanti e le spedizioni alpinistiche. L’unica soluzione trovata finora dai locali è scavare buche, riempirle d’immondizia e dare fuoco. Apa Sherpa ha il delicato e arduo compito di far cambiare mentalità ai turisti e al suo popolo.