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 2012  marzo 06 Martedì calendario

VENTIMILA NO PER RITA BORSELLINO

Prima di tutto - prima dei veleni e delle analisi, delle conclusioni e delle conseguenze - è giusto e onesto partire dall’aspetto più malinconico, e rendere dunque omaggio a una donna coraggiosa e a un simbolo ferito: a Rita Borsellino, insomma, battuta nelle primarie di Palermo da un giovanotto di 31 anni, di fatto un carneade al suo confronto, che era sostenuta ventre a terra da Bersani, da Vendola e da Di Pietro.
In una domenica un po’ grigia, col vento fresco che spazza le vie e le piazze della città, «Rita» - oppure «la signora» - come semplicemente la chiamano qui, è stata bocciata e rimandata a casa dal suo stesso «popolo della sinistra». Che questo sia accaduto a pochi mesi dal ventennale del barbaro assassinio del fratello, forse non è un caso: e certo non resterà senza conseguenze... E’ una fase che si chiude, una pagina che si volta: e per paradossale che possa sembrare, non è scontato che sia un male per Palermo.

Seduto a un tavolino del bar Spinnato, uno dei più celebri della città, Antonello Cracolici - capogruppo Pd alla Regione, tessitore del patto di governo con Lombardo e grande sponsor di Fabrizio Ferrandelli, il giovane vincitore della disfida di Palermo - non infierisce perché sa che non è il caso, e che non bisogna esagerare. Dunque, minimizza: «Alle ultime elezioni europee, Rita ha avuto 240 mila voti: compreso il mio. E se si ricandiderà a Strasburgo, lo avrà di nuovo. Ma non credo che sarebbe stato un buon sindaco della città: ed è per questo che abbiamo sostenuto un altro candidato». E’ una motivazione possibile, certo. Plausibile. Ma forse non completa, e non del tutto vera. Un pezzo di verità, infatti, quasi lo urla un anziano signore che riconosce Cracolici al bar, gli si avvicina e dice: «Bravo onorevole. Basta a farsi belli con il merito degli altri...». E in questo caso intende col sacrificio di Paolo Borsellino.

E’ un problema antico. Leonardo Sciascia ci si avvicinò e fu lapidato per aver coniato una definizione che, spesso stravolta, ha comunque fatto storia: «professionisti dell’antimafia». La faccenda, naturalmente, non può certo riguardare «Rita» (il solo pensarlo è una bestemmia) ma il modo di intendere trent’anni di antimafia, forse sì: i buoni - anzi gli ottimi - tutti da una parte, i cattivi inesorabilmente tutti dall’altra; una linea dritta, tirata per dividere la città: di qua gli ottimi, di là i «contigui». Una cultura (e poi una politica) manichea e senza dubbi, senza zone d’ombra: inevitabile, forse, negli anni terribili dello scontro armato, ma delle stragi del ’92 ricorre il ventennale, tanta acqua più pulita è passata sotto i ponti, la mafia ha rinculato sotto i colpi dello Stato (trasformandosi in qualcos’altro per l’ennesima volta) e tentare di far rivivere a ogni costo gli steccati degli anni bui non solo non sembra utile, ma non funziona più.

«Rita» se ne sta nella sede del suo comitato elettorale, poche stanze affollate e disadorne a due passi dal centro della città. Non parla, è delusa, incerta sul futuro, dubbiosa su quel che è stato. Bersani la chiama, la ringrazia per la forza e il coraggio con cui si è spesa. Ma alle sette della sera «la signora» guarda la tv e si imbatte in Enrico Letta, che avvisa: «Il segnale di Palermo è chiaro: ci chiedono facce nuove...». Anche il primo - e il più ingombrante - dei suoi sponsor, Leoluca Orlando, per ora tace: anzi, pochissime parole per dire che le primarie sono state inquinate dal voto dei fan di Lombardo a Ferrandelli (che fino a un mese fa, peraltro, militava nell’Idv assieme a lui). E’ il ritorno in campo dell’anatema, della scomunica. Ma, su 30 mila partecipanti alle primarie, quasi 20 mila hanno detto no a «Rita»: e forse è troppo semplice marchiarli tutti con il timbro di «contigui», «inquinatori» e via dicendo.

Sia come sia, si ricontrollano i voti. I garanti sono al lavoro e già oggi, probabilmente, emetteranno la loro sentenza. Il verdetto, se confermasse l’esito della consultazione, getterà altra benzina sul fuoco della polemica che infiamma a Roma intorno ai destini della cosiddetta «foto di Vasto», cioè l’alleanza tra Pd, Sel e Idv. Qui, invece, la questione sarà un’altra: provare a vincere le elezioni di maggio, ricostruendo - prima di tutto - un minimo di solidarietà e fiducia tra vincitore e vinti di queste primarie velenose. Lei, «Rita», ci sarà poco o forse niente. «La mia linea - aveva detto all’inizio dell’avventura - è mai accordi con Lombardo e il Terzo polo». Fabrizio Ferrandelli (una faccia da Cetto La Qualunque) e i suoi sponsor - Antonello Cracolici e il senatore Lumia - non la pensano così, visto che già in Regione sono al governo con Lombardo. Tutti «contigui»? Chi lo sa... Certo, se così fosse, bisognerebbe riscrivere un po’ di storia. Ma non è questo, adesso, il problema di Palermo. E si spera, anzi, che non lo sia mai più...