Danilo Taino, Corriere della Sera 06/03/2012, 6 marzo 2012
ANCHE LE ORIGINI ITALIANE DI SONIA PESANO SULLA CRISI
Gli exit poll dicono che Rahul Gandhi non ce l’ha fatta. Oggi verranno resi noti i risultati delle elezioni in Uttar Pradesh, lo Stato più popoloso dell’India: il delfino della dinastia politica più potente del Paese — pronipote di Jawaharlal Nehru, nipote di Indira Gandhi, figlio di Rajiv e Sonia Gandhi — ha fatto campagna elettorale per tre anni in quello che un tempo era il feudo elettorale del suo partito, il Congresso. Ha alzato il suo profilo, si è mostrato determinato, ha tenuto centinaia di comizi. A New Delhi i maggiorenti del partito speravano in una sua vittoria, nella riconquista del cuore dell’India per lanciarlo ai massimi livelli della politica e preparare la sua salita sulla poltrona di primo ministro, come vorrebbe la tradizione di famiglia. I numeri, invece, probabilmente racconteranno della sua delusione e della necessità della famiglia di affinare, se non di stravolgere, le sue strategie di potere.
Le maggiori reti televisive indiane dicono che il Congresso dovrebbe essere arrivato quarto nella conta dei voti. Un pessimo risultato. Soprattutto se si tiene conto che l’avversaria dichiarata — la signora Mayawati, primo ministro uscente dell’Uttar Pradesh — avrebbe subito una disfatta: assieme al suo partito Bsp avrebbe perso la maggioranza assoluta. Maggioranza che invece sarebbe stata raggiunta, o sfiorata, da Mulayam Singh Yadav, leader dell’Sp, un fortissimo partito con radicamento locale. Non solo: il Congresso è stato probabilmente superato anche dal Bjp, il partito nazionalista indù che è la principale forza di opposizione a livello federale, nemico acerrimo del governo di Delhi formato dal Congresso e da altre formazioni minori. Se gli exit poll oggi saranno confermati, la politica indiana dovrà interrogarsi su parecchie cose.
Il probabile flop — o mezzo flop — di Rahul Gandhi sta già provocando reazioni curiose nel dibattito della colorita politica indiana. Tra ieri e l’altro ieri, i capi del Congresso sono già scesi in campo per sostenere che se i risultati saranno negativi la colpa non sarà da attribuire a Rahul, che nella campagna in effetti ha gettato tutte le proprie energie, ma alla disorganizzazione del partito. È evidente la volontà di proteggere la figura di quella che è la speranza più forte per il futuro del Congresso, di alzare un muro a difesa del figlio di Sonia Gandhi, la vera forza del partito che dietro le quinte tira le fila ma che è malata e non vuole assumere ruoli ufficiali alla guida del Paese. Il problema che le elezioni dell’Uttar Pradesh probabilmente solleveranno, però, è qualcosa che i commentatori da tempo sanno e sussurrano: Rahul, 41 anni, fatica a presentarsi come un leader che ispira e vince.
L’operazione che il Congresso sta tentando di fare passare — dire che il merito di una vittoria nell’Uttar Pradesh sarebbe stata merito di Rahul ma una sconfitta responsabilità del resto del partito — rischia di essere ridicolizzata in pochi giorni. I maggiori commentatori già alzano le sopracciglia. Di base, il problema è che la più grande democrazia del mondo, il Paese che pretende di essere sulla strada di diventare una grande potenza economica e politica è ancora aggrappato, quando si viene alla politica, ai privilegi e alle dinastie, prima tra tutte quella dei Nehru-Gandhi. Una situazione insostenibile. Le polemiche dei giorni scorsi sui due marò arrestati a Kochi, esaltate dal fatto che siano italiani come la leader ombra del Paese Sonia Gandhi, è il segno dell’arretratezza e della limitatezza a cui il dibattito politico indiano è costretto dal fatto di essere troppo basato su poteri di famiglia, su dinastie, su elementi ereditari e per nulla politici.
Il fatto è che il Congresso non riesce ad andare al di là della propria storia gloriosa, legata alla lotta per l’indipendenza dalla Gran Bretagna e così stretta alla figura di Nehru e alla sua discendenza. Ancora ieri, per dire, più di un esponente del partito sosteneva che, se Rahul avesse perso e preso la strada del tramonto, dietro di lui sarebbe stata pronta Priyanka, sua sorella, più amata dall’elettorato. Vecchi schemi, in un’India ancora povera ma sempre meno povera e sulla via della modernità: dove le dinastie iniziano a fare sorridere e annoiare molti.
Danilo Taino