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 2012  marzo 06 Martedì calendario

TAGLIO A PREMI E BENEFIT IL CETO MEDIO PERDE REDDITO

C’era una volta il benessere del ceto medio che vedeva aumentare di anno in anno il proprio potere di acquisto. Non c’è più. O a voler essere più ottimisti, nella grande rivoluzione che ha investito tutto e tutti, questo ceto nel 2011 ha perso più potere di acquisto degli altri. Se ci sarà un recupero lo vedremo nei prossimi anni, ma al momento è difficile fare previsioni positive. Sono quadri, ma anche impiegati. Nella loro posizione che nella gerarchia aziendale sta tra dirigenti, sopra, e operai, sotto, nel 2011 hanno visto le loro retribuzioni letteralmente schiacciate. E il loro tenore di vita non centrare l’obiettivo del miglioramento. I trend registrati da Od&m consulting (Gi group) – di cui anticipiamo il 13esimo rapporto sulle retribuzioni in Italia che elabora 533.710 profili retributivi di dipendenti privati – nel 2011 sono stati positivi solo per 2 delle 4 qualifiche considerate. Se le retribuzioni dei dirigenti, infatti, sono aumentate dell’1,6% e quelle degli operai del 2,2%, le retribuzioni dei quadri sono diminuite dello 0,2% e quelle degli impiegati dello 0,6%. Nel 2011, però, l’inflazione secondo i dati Istat, è aumentata del 2,8%. In altre parole la crescita delle retribuzioni, in Italia, non è allineata a quella dell’inflazione per tutte le quattro categorie considerate. Ma mentre operai e dirigenti devono fare i conti «con un lieve calo del potere di acquisto», osserva Simonetta Cavasin, general manager di Od&m consulting, è «più critica la situazione di quadri e impiegati il cui potere di acquisto diminuisce in maniera significativa».
Veniamo ai numeri. Nel 2011 la retribuzione totale annua, il total reward, è stata di 105.621 euro per i dirigenti, di 53.303 euro per i quadri, di 26.920 per gli impiegati e di 22.006 per gli operai. «In Italia, ma anche in Europa e negli Stati Uniti per effetto sia dei cambiamenti tecnologici sia della esportabilità di certe professioni impiegatizie, dal bank seller al telefonista, che in passato non erano esportabili e che sono sempre state tipiche del ceto medio, si sta verificando uno schiacciamento delle retribuzioni e del potere di acquisto di questa parte della popolazione. C’è una sorta di polarizzazione dove chi sta in mezzo tende a perdere terreno», interpreta Pietro Reichlin, professor of Economics e Prorettore alla Ricerca della Luiss Guido Carli.
Ma è quando si arriva al compensation mix che emergono le maggiori criticità. Analizzando le variazioni nell’ultimo anno e nell’intero quinquennio (2007-2011) la parte variabile della retribuzione continua a ricoprire un ruolo non rilevante. Per dirigenti, quadri e impiegati il fisso mediamente pesa per il 90%. Il variabile, invece, è il 10,2% per i primi, il 6,2% per i secondi, e il 2,3% per i terzi. Nel corso degli ultimi anni questo elemento non sta assumendo quel ruolo importante che dovrebbe avere soprattutto nelle congiunture difficili, al punto che il compensation mix del 2007 è praticamente uguale a quello del 2011. Questa fotografia rivela la difficoltà delle aziende di «fare una politica aggressiva sulle retribuzioni – interpreta Cavasin –. Dovrebbero essere più selettive e differenziare, soprattutto perché la politica di un tanto a tutti non fa aumentare la produttività. C’è un grande margine di miglioramento su questo tema nelle aziende». Il primo passo da compiere è «culturale», sostiene Cavasin e deve essere quello di trasmettere ai collaboratori l’idea che «la retribuzione è fatta da un fisso più un variabile che varia realmente in base ai risultati e ai contributi», dice. Già ma per fare questo primo passo c’è un aspetto tecnico che non è trascurabile. «Il variabile deve essere legato chiaramente a obiettivi comunicati, spiegati e misurabili. E deve essere così per tutti, non solo per i manager, ma anche per operai e impiegati – continua Cavasin –. Il termine meritocrazia ricorre frequentemente nei dibattiti italiani, ma nelle aziende non si fa leva su questo a sufficienza: in tempi di crisi bisogna differenziare».
Lo stallo della produzione in Italia è comunque pienamente rispecchiato dall’andamento delle componenti monetarie dell’ultimo anno. Per i dirigenti si è manifestato un calo della parte variabile pari allo 0,4% che in termini assoluti significa rimanere sullo stesso livello del 2010; al contrario il fisso è cresciuto dell’1,9%. Per i quadri la componente variabile ha registrato un calo ancor più significativo in termini percentuali (-5,3%, con una riduzione pari a circa 200 euro) in contrapposizione alla crescita, seppur lieve, registrata nei due anni precedenti; la parte fissa, invece, è rimasta sugli stessi livelli del 2010 (-0,1%). La retribuzione variabile percepita dagli impiegati percentualmente cala del 14,1% ma in temrini monetari questa perdita si traduce in 100 euro lordi annui in meno. Stessa dinamica per la parte fissa, in calo dello 0,3%. Questo quadro lancia due messaggi. Il primo è che non tutte le aziende utilizzano sistemi di incentivazione o regole generali per l’erogazione del variabile, il secondo è che non tutti i lavoratori raggiungono gli obiettivi stabiliti per percepire il premio. Questo ha un’influenza sul numero effettivo di percettori del variabile che va dal 60% dei dirigenti al 20% degli operai.