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 2012  marzo 06 Martedì calendario

I grillini come l’Uomo qualunque – Prevedere se le turbolenze nel mondo grillino (culminate nella riunione riminese, originariamente bollata come scissionista, e poi ridimensionate) avranno un seguito, può essere relativamente facile

I grillini come l’Uomo qualunque – Prevedere se le turbolenze nel mondo grillino (culminate nella riunione riminese, originariamente bollata come scissionista, e poi ridimensionate) avranno un seguito, può essere relativamente facile. Il movimento di Beppe Grillo campa di antipolitica. Quindi, deve fondarsi su strutture per definizioni inconsistenti, su una sorta di anarchia istituzionalizzata e continua, sulla gestione autonoma e libertaria degli aderenti sul territorio. Introdurre quelli che Silvio Berlusconi definirebbe riti del teatrino della politica (tessere, congressi, direzioni, organi, conta degli iscritti_) significherebbe non soltanto snaturare il movimento, ma soprattutto depauperarlo di un forte motivo di attrazione. La gente è così disgustata dalla politica da apprezzare tutti coloro che si collocano fuori del palazzo e, meglio, contro il palazzo; purché, però, non lo scimmiottino. Un movimento antipolitico che si adeguasse alle tradizioni dei partiti desterebbe sconcerto in molti potenziali simpatizzanti: senza dubbio, perderebbe attrattiva e quindi elettori. Tuttavia, è un fatto che l’anarchismo può durare fino a un certo punto. Quando cominciano a esserci degli eletti, si creano esigenze concrete. Come devono schierarsi politicamente? Come debbono atteggiarsi sui vari provvedimenti? Chi ne controlla l’operato? Ovviamente elettori e simpatizzanti che hanno mandato qualcuno a rappresentarli in un Comune o in una Regione possono sì risultare appagati del proprio voto antipartitico, ma possono altresì (almeno in parte) voler verificare che tale loro voto sia produttivo: quindi, desiderano seguire da vicino l’opera del loro rappresentante. Ne discende l’esigenza di riunioni, assemblee, contatti, fatalmente non riducibili all’uso della rete. Di qui, la necessità di qualche organizzazione. Ed ecco come il movimento antipartito fatalmente scivoli verso un barlume di partitismo. Un esempio storicamente fondato si ha nell’Uomo qualunque: ottenne risultati sorprendenti, non solo alle politiche del 1946 (più del 5%), ma ancor più alle amministrative dell’autunno successivo (20% a Roma e Napoli, 25% a Palermo, 30% a Messina, 35% a Catania). Però, quando da movimento mera espressione di stati d’animo antipolitici (e in parte di nostalgie) si mutò in un partito, s’intortò talmente da patire scissioni, abbandoni, scavalcamenti, e tracolli elettorali che ne segnarono la fine. Anche i grillini hanno lo stesso problema: apparire (agli occhi di elettori, quasi tutti ma non tutti di sinistra, ostili alla politica) come una sorta di rivolta civile indenne da contaminazioni di partito. In tal modo possono conquistare un seguito elettorale, traendolo dall’astensionismo ben più che dal voto a partiti consolidati. Quando, tuttavia, la protesta dovesse cedere il passo alla struttura, sarebbero guai. Correnti e gruppi, ambizioni personali e visioni politiche diverse, finirebbero per avvertirsi e consolidarsi. L’adunata riminese potrebbe essere la prima avvisaglia di future liti: più avanti, però. Più ancora che verso le prossime amministrative, l’impegno dei grillini è indirizzato alle politiche, per presentarsi come un movimento di popolo, estraneo e anzi ostile agli usi di palazzo. Cesare Maffi