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 2012  marzo 06 Martedì calendario

Mania di gigantismo e operai sottopagati ecco il lato oscuro dello show business – Per capire come si muore sul fronte del palco bisogna immaginare delle astronavi fatte atterrare con le braccia

Mania di gigantismo e operai sottopagati ecco il lato oscuro dello show business – Per capire come si muore sul fronte del palco bisogna immaginare delle astronavi fatte atterrare con le braccia. Quella della Pausini, raccontano, è la più grossa in viaggio nell´interspazio dei megatour delle megaproduzioni musicali italiane (la sua fa il giro del mondo). Quarantacinque tonnellate di roba, un´ira di dio trasportata su sedici Tir, tirata su con 130 motori, due ascensori, e dai muscoli di un esercito di 250 persone. Uno scatolone di ferro che neanche Vasco, manco i Rolling Stones. Se la gioca, per dire, con Madonna e U2, campioni del gigantismo dello show business che l´anno scorso, per scarrozzare il palco del loro tour, hanno messo in strada cento - cento - bilici. Sarà che è ispirata al barocco di Gian Lorenzo Bernini; sarà che se fai sold out in Australia e in Messico e in Brasile e poi ovunque in Europa, insomma, devi stupire il mondo, ma ogni volta che l´astronave della Pausini - quella di Inedito World Tour - tocca il suolo di una città, occorrono 150 persone del posto per dare manforte alla squadra (100 addetti) che gira tutto l´anno con la produzione. Una catena di montaggio e smontaggio. Composta da facchini, tecnici, rigger - i selezionatissimi operai-tarzan che come Matteo Armellini si arrampicano in cima al palco a sedici-venti metri di altezza. Per tre settimane stanno tutti lì sul pezzo: dentro il palasport, ad assemblare i pezzi di questo Lego ipertrofico largo ventiquattro metri e profondo dodici e che ha le forme di un tempio sdraiato. È fatto così: quattro imponenti colonne che fuggono verso la volta-megaschermo che chiude la scena. Altri due maxischermi laterali. E poi la prua, una grande passerella triangolare che spunta davanti al palco e penetra la platea abbracciandone, al tempo stesso, una parte all´interno dei suoi tre lati. La prua dove si sposta la Pausini può essere di tre lunghezze, a seconda della profondità del palazzetto (o dello stadio). La versione long size misura 22 metri. A Reggio Calabria avrebbero steso quella «media», da 17. Avrebbero. Perché al PalaCalafiore dovevano ancora montare tutto. «L´allestimento della produzione al momento dell´incidente non era nemmeno partito» - tiene a precisare Ferdinando Salzano, amministratore delegato di F&P Group, la società che organizza la tournée mondiale della cantante veneta. E la gigantesca impalcatura di acciaio che è venuta giù schiacciando Matteo? Quella è la base di tutto il lavoro: l´architrave. Si chiama ground support, si usa quando il palazzetto non è attrezzato per potere appendere i carichi al soffitto (le luci, gli schermi, gli audio, i motorizzati). I facchini scaricano il ground, pezzo per pezzo, dai Tir; lo trasportano all´interno del palasport assieme a tutto il resto, i bauli, gli impianti, le scenografie. È il primo ingranaggio della filiera dello show. Il serbatoio dei facchini sono le agenzie specializzate: sei euro l´ora per quindici e persino venti ore di lavoro al giorno. Giorno e notte. Operai, trasportatori, studenti che arrotondano. Racconta Diego Spagnoli, responsabile palco di Vasco Rossi, trent´anni di esperienza nel settore: «Ci sono anche ragazzi che non chiedono soldi e lavorano solo per potersi vedere gratis il concerto. Il problema che sta alla base di tutto, però, è un altro. In questa specie di gara muscolare a chi sfoggia il palco più grosso, per investire più denaro sulla struttura e gli impianti succede che nelle produzioni si risparmia sulla manodopera. Risultato: molti professionisti seri vengono lasciati a casa, sostituiti con gente non sempre esattamente qualificata. E un lavoro che si dovrebbe fare in cinque, si fa in due o tre». Megalomania, tendenza a strafare. In gergo si dice «picchiare sul montaggio ferro». È la nuova regola dello show biz, che deve continuare e deve esagerare. «Un tempo tutto girava intorno alla musica, oggi - spiega Spagnoli che pure per Vasco ha messo su un palco alto 42 metri, record d´Europa - oggi tutto ruota intorno all´allestimento». Bisogna lasciare il mondo a bocca aperta. Il punto è che nel mondo c´è anche Reggio Calabria col suo PalaCalafiore, che magari non è proprio l´Hallenstadion di Zurigo o il Palasport parigino di Bercy. «Basta con questa gigantomania, fermiamo le produzioni ciclopiche che neanche entrano nei palasport», tuona il promoter Ruggero Pegna, dirigente nazionale di Assomusica. L´altra notte al PalaCalafiore c´erano anche dei suoi tecnici. E decine di scaff-holder. Sono gli operai specializzati nel montaggio dello scheletro del palco. Ce ne sono di esperti e meno esperti. A Francesco Pinna, lo studente universitario morto a Trieste tre mesi fa mentre costruiva il palco per il concerto di Jovanotti, facevano fare lo scaff. Ma aveva 20 anni e ancora molto da imparare. Paolo Berizzi