Chiara Bussi, Il Sole 24 Ore 5/3/2012, 5 marzo 2012
IL FIATO DELL’UE SULL’ITALIA: GIÀ 132 INFRAZIONI APERTE - C’è
uno spread di 132 punti tra Roma e Bruxelles. Questa volta però i mercati non c’entrano. Tante sono le procedure di infrazione della Commissione Ue a carico dell’Italia, che creano un divario da colmare per assicurare la piena realizzazione del mercato unico europeo.
Un cahier de doléances aggiornato proprio la settimana scorsa nella consueta riunione mensile dell’esecutivo Ue dedicata alle verifiche dei compiti a casa. In 95 casi il nostro Paese ha violato il diritto comunitario, maglia nera per numero di direttive che non sono state recepite correttamente. Mentre per 37 provvedimenti il tempo è scaduto, ma non se ne scorgono ancora tracce nell’ordinamento italiano. In sei casi il dossier è già alla fase finale ed è già approdato sul tavolo della Corte di giustizia Ue. I giudici del Lussemburgo possono comminare sanzioni pecuniarie in seguito a ritardo di recepimento. In caso di violazione del diritto comunitario si arriva alla multa solo se esiste un "inadempimento dell’inadempimento", cioè se dopo la condanna si continua a violare le stesse norme.
La classifica delle infrazioni per violazione del diritto comunitario vede in testa l’ambiente con un terzo dei provvedimenti (30), seguito da fisco e dogane (13) e lavoro (10). «Va detto – precisano da Bruxelles – che l’ambiente è una delle materie più complesse, regolata da circa 200 direttive. L’Italia, insieme alla Spagna, sconta poi la forte stratificazione territoriale del processo decisionale, tra Stato centrale, Regioni e Comuni. Questo senza dubbio rallenta anche il percorso di adeguamento alle regole europee».
L’ultima strigliata di Bruxelles, che risale alla settimana scorsa, riguarda l’apertura di una nuova procedura di infrazione sulla gestione dei rifiuti in ben 14 regioni, compresa la Campania. Nel mirino almeno 102 discariche, di cui tre di rifiuti pericolosi, giudicate «non conformi» con la direttiva europea del 1999. O l’ultimatum a mettersi in regola, in buona compagnia con Cipro e Romania, con la direttiva sull’etichettatura sull’efficienza energetica. Ed è aperto dal 2006 il fascicolo sulla legge Gasparri sulle frequenze radiotelevisive per violazione delle regole della concorrenza.
Per i ritardi di recepimento spicca invece il settore degli affari economici e finanziari. L’Italia deve ancora trasferire nell’ordinamento nazionale sette direttive, come quella del 2009 relativa agli obblighi in materia di relazioni e documentazione in caso di fusioni e scissioni o quella del 2010 sui requisiti patrimoniali per il portafoglio di negoziazione e le ricartolarizzazioni.
«Non abbiamo un intento punitivo – precisano da Bruxelles – ma cerchiamo di fare il possibile perché lo Stato si adegui a regole che lo stesso Paese ha sottoscritto. Recentemente le direttive rendono poi obbligatorio un sistema di monitoraggo con l’invio di dati sull’attuazione da parte dei governi».
Sono tre le fasi di una procedura di infrazione, precedute da consultazioni informali con i governi. Se le risposte delle capitali non sono soddisfacenti, scatta la messa in mora, in cui si concedono due mesi di tempo per mettersi in regola. Scaduto il termine, si passa alla fase 2, con la "lettera di contestazione" e altri due mesi per adeguarsi. Se la risposta è il silenzio o la replica è scorretta, il Paese viene deferito alla Corte di giustizia e può presentare ricorso. Qui tra l’istruzione della pratica e la sentenza trascorre in media circa un anno e mezzo.
Oggi sono sei i casi pendenti per inadempimento (oltre a tre cause su aiuti di Stato), in netto miglioramento rispetto ai 23 del 2007. Tra questi il dossier approdato sul tavolo dei giudici del Lussemburgo nel luglio 2010 sulla violazione di una direttiva di ben vent’anni fa sulle acque reflue urbane, tra le principali cause di inquinamento. Sotto accusa sono 178 città, tra cui alcune "perle" del Mediterraneo, come Capri, Ischia e Sanremo.