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 2012  marzo 05 Lunedì calendario

Col nuovo «metodo» del governo discussioni infinite e niente opere - Mai più come la Tav. Il go­verno, per stemperare le accuse di troppo decisionismo, pensa di cambiare le regole per le grandi opere

Col nuovo «metodo» del governo discussioni infinite e niente opere - Mai più come la Tav. Il go­verno, per stemperare le accuse di troppo decisionismo, pensa di cambiare le regole per le grandi opere. L’idea: ap­parecchiare tavoli tecnici e consulti­vi prima di dare il via libera a un qual­sivoglia progetto. Poi, ottenuto l’ok, l’opera non do­vrebbe più avere intoppi. Il modello di rife­rimento è quello francese del «de­bat public »: consi­ste nel coinvolge­re istituzioni pub­bliche, private, as­sociazioni am­b­ientaliste e comi­tati di cittadini per informare, racco­gliere suggerimen­ti, e poi decidere. La procedura ri­sponde alla cosid­detta «democra­zia partecipati­va »: chi propone un’opera deve cioè tener presen­te tutti i fattori che riguardano la realizzazione del progetto, indicando tempi, costi e impatto sul territorio. Un’apposi­ta autorità deve guidare i colloqui per poi fare una sintesi e trovare la soluzione migliore. Attenzione, però: i pareri del «tavolone» con­sultivo non sono vincolanti e nul­la osta a che il progetto vada avan­ti ugualmente, a prescindere dal­le conclusioni emerse dal «dibatti­to pubblico». Nel governo, tutta­via, si ritiene che l’esperienza fran­cese dimostri che il grado di con­flittualità sia decisamente basso. A confermalo è il commissario straordinario per la Tav, Mario Vi­rano. Il quale, durante la trasmis­sione In 1/2 ora di Lucia Annun­ziata ha spiegato: «Quando sul progetto che è costato anni di lavo­ro si dice “ discutiamo”,al di là del­l’apertu­ra mentale e della disponi­bilità democratica degli interlocu­tori, c’è una rigidità oggettiva. Da questo punto di vista ci sono tre modelli di riferimento: quello an­glosassone, soprattutto america­no, che di volta in volta inventa la strumentazione più idonea; quel­lo francese del “debat public”, e quello svizzero, imperniato sui re­ferendum ». Ed ecco la carta scelta da Monti: «Un’evoluzione del mo­dello italiano può esser più affine per sensibilità, cultura e modello istituzionale al modello france­se ». E ancora: «Bisogna elaborare delle misure che consentano di anticipare il dialogo fra le ragioni del generale e quelle del locale». In ogni caso sulla Tav il sottosegre­tario Antonio Catricalà conferma: «Abbiamo il dovere morale di an­dar­e avanti e non ci sarà alcun refe­rendum come continuano a chie­dere i No Tav». Insomma, modello «debat pu­blic » per evitare le proteste in stile val di Susa? A dir la verità il siste­ma funziona solo in parte. Analo­ga strategia, infatti, è stata forte­mente voluta dal sindaco di Geno­va Marta Vincenzi che, nel 2008, ha istituito una commissione per gestire il dibattito attorno alla gronda. La gronda è una bretella autostradale riservata al traffico pesante che dovrebbe collegare meglio il porto di Voltri al resto del­la rete autostradale. Anche in quel caso furono proteste su proteste, ricorsi al Tar, sentenze, ribalta­menti di decisioni, presentazione di controprogetti e discussioni a non finire. Si discusse fino alla nausea e molti comitati, presenti al tavolo, si misero subito di traver­so persino denunciando che non era prevista l’«opzione zero», os­sia la possibilità di bocciare in toto il progetto. Insomma, massima capillarità e massima democrazia che però non hanno aiutato a mettere il tur­bo all’opera stessa che, pensata nel 1984, non ha ancora visto la lu­ce. L’onorevole ligure e leghista Giacomo Chiappori infatti dice al Giornale : «L’idea può anche esser buona ma il caso Genova dimo­stra che se si apre un tavolo di di­scussione tra dieci persone, come al solito, emergono almeno dodi­ci opinioni differenti. È il nostro male atavico che non si supera cer­to con il debat public». E infatti in Liguria sono 25 anni che si parla di bretelle autostradali ma di cantie­ri non se ne vede nemmeno l’om­bra. E forse non si vedranno mai vi­sto ch­e il candidato sindaco di cen­trosinistra, Marco Doria, inizial­mente s’era detto contrarissimo all’opera. Poi, a dire il vero, ha fat­to dietrofront dichiarando: «Ne di­scuteremo ». Ancora.