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 2012  marzo 05 Lunedì calendario

Andando di corsa mi sono salvato il corpo e l’anima - Dean Karnazes ieri sera ha fatto una corsettina di diciotto chilometri dentro Villa Borghese

Andando di corsa mi sono salvato il corpo e l’anima - Dean Karnazes ieri sera ha fatto una corsettina di diciotto chilometri dentro Villa Borghese. Intanto io cercavo un taxi e lo raggiungevo nel suo hotel romano, dove ho trovato «The Ultramarathon Man» ad aspettarmi nella hall, fresco come una rosa, in jeans e maglietta. Impossibile per me non fare un impietoso paragone tra i reduci del derby, appena veduti in lenta transumanza verso le auto parcheggiate sui marciapiedi, con quel piccolo uomo d’acciaio di cinquant’anni, che gira il mondo di corsa per convincere l’umanità a tenersi in forma. Sulle riviste Secondo «Time» è una delle «100 persone più influenti al mondo». Per «Men’s Fitness» è l’uomo più in forma del pianeta. È singolare che una volta tanto nessuno si lamenti se un essere umano raggiunge il successo per il suo corpo, ancor di più è chiaro che per Karnazes la ricerca della forma fisica equivalga a una laica forma di ascesi, un esercizio per combattere lo sfaldamento corporeo degli umani metropolitani, ipernutriti di schifezze e restii a un minimo di disciplina fisica. È un grande atleta di endurance conosciuto a livello internazionale, i suoi libri hanno venduto milioni di copie, ma è comprensibile essendo lui l’unico atleta al mondo ad aver corso di seguito 563 chilometri in 80 ore e 44 minuti. Ha nuotato nella Baia di San Francisco, scalato montagne, pedalato per ventiquattro ore di seguito e cavalcato con il surf le onde della California, ed è stato protagonista di undici edizioni della Western State Endurance Run (qualcosa come 160 chilometri su e giù per i canyon della Serra Nevada con temperature fino a 50 gradi) e al Polo Sud a -40 gradi. «Nella mia seconda vita penso di aver percorso centomila miglia (162 mila chilometri, ndr) ma non è detto che tutti debbano fare come me, per stare in forma basta meno». Karnazes è convinto che chiunque possa farcela, a star meglio, la sua è una regola di vita semplice: «Ho eliminato i tre “bianchi” dalla mia dieta: zucchero raffinato, farina bianca e grassi idrogenati». Tutta la sua regola è sintetizzabile in moto e corretta alimentazione, semplici alimenti distribuiti nelle percentuali che prescrive la dieta Zona: «In linea di massima il 40% delle mie calorie quotidiane deriva dai carboidrati, il 30% da proteine e il 30% dai grassi buoni. Con questi pochi accorgimenti è cambiata la composizione del mio corpo». I consigli Questo singolarissimo atleta assomiglia in maniera sorprendente a un moderno monaco, un uomo ispirato che, più che delle anime, predica la salvezza dei corpi. «Non è che tutti debbano fare gli ultramaratoneti come me - mi rassicura - i miei principi di alimentazione permettono a chiunque di migliorare la propria forma fisica. Io mi alleno dalle 4 alle 6 ore al giorno, ma per lei basterebbero dai 20 ai 30 minuti tre quattro volte a settimana per essere in forma». Lo stesso inizio della sua attività di runner assomiglia quasi a una parabola per uomini moderni, divorati da una colpa originale provocata in parti uguali dallo stress da competizione professionale e dall’abuso compulsivo di emozioni mal riposte. Racconta lui stesso come tutto iniziò: «In America, come penso in Italia, compiere trent’anni è importante. Così quella sera ero lì che sbevazzavo tequila». Mi spiega quindi la storia della sua fulminazione atletica in un locale notturno di San Francisco, quando lavorava per un azienda e naturalmente era tutt’altra persona: «Al tempo avevo la pancia e le borse sotto gli occhi». La notte del suo cambio di vita, Dean bisbocciava con amici quando una donna gli si avvicinò tentatrice. Lui in quel momento capì che il naturale epilogo della serata allegra non era più nei suoi interessi: «No, non mi andava, così per fare una cosa diversa uscii e cominciai a correre». L’inizio Fu così che a un tradimento coniugale mordi e fuggi preferì mettersi a correre nella notte. Lo fece per trenta miglia, da allora la sua vita prese veramente un’altra piega. Come Forrest Gump, per lui correre significò, da quel giorno, farsi seguire idealmente da chiunque avesse problemi di peso o tonicità muscolare. Come quei padri anacoreti che nel deserto dovevano combattere con diavoli tentatori, sotto forma di donne discinte e cornucopie di prelibatezze, Dean decise che i suoi demoni da combattere si chiamavano obesità, flaccidume muscolare, cibi spazzatura. «Il paragone mi piace - risponde alla mia ipotesi di un Karnazes moderno predicatore - io, in effetti, di deserti ne ho attraversati quattro. Noi abbiamo sempre pensato che gli agi e le comodità ci avrebbero reso felici, ma così non è stato. Io mi sento di aver attraversato il deserto anche perché sono andato a caccia di qualcosa che desse un significato diverso alla mia vita. Penso che il mio sia un dono che sto utilizzando per render felici tutti gli altri. Non puoi convincere qualcuno se non dai l’esempio».