ILARIA MARIA SALA, La Stampa 5/3/2012, 5 marzo 2012
Cina, armi e sicurezza Boom delle spese militari - Si apre a Pechino la riunione plenaria del Congresso Nazionale del Popolo, e uno dei primi annunci riguarda il budget militare per l’anno in corso: più 11
Cina, armi e sicurezza Boom delle spese militari - Si apre a Pechino la riunione plenaria del Congresso Nazionale del Popolo, e uno dei primi annunci riguarda il budget militare per l’anno in corso: più 11.2%, ovvero le spese militari cinesi arriveranno a 110 miliardi di dollari (670 miliardi di yuan, la valuta locale). Ma quello che non si sa, sul budget militare cinese, resta molto: gli analisti infatti concordano nel reputare che la vera cifra dedicata da Pechino alle spese militari sia molto più alta, e proprio lo scorso mese un’inchiesta dell’Ihs Jane’s (una pubblicazione di Intelligence militare) prevedeva che il budget militare arriverà a 238 miliardi di dollari entro il 2015. Le cifre ufficiali, infatti, mostrano che la Cina ha speso, nel 2011, meno dell’1.5% del suo Pil per la difesa, mentre i calcoli di analisti indipendenti metterebbero tale spesa a oltre il 2%. Nei loro calcoli viene tenuto conto anche delle spese per l’esplorazione spaziale, portata avanti dai militari cinesi. La spesa militare cinese è la seconda più alta al mondo, dopo gli Stati Uniti, prevista in 707 miliardi di dollari nel 2012, comprese le missioni militari all’estero. In Cina, l’annuncio è stato dato da Li Zhaoxing, equivalente del presidente della Camera, che non ha però dato spiegazioni, in conferenza stampa, sul perché la Cina abbia bisogno di un budget militare in costante crescita, ribadendo soltanto che la Cina «è impegnata sul cammino dello sviluppo pacifico», e «segue una politica di difesa pacifica per natura», aggiungendo che «non costituisce una minaccia agli altri Paesi». Li ha dichiarato che la difesa cinese è per proteggere la sovranità nazionale, la sua sicurezza e integralità territoriale - una frase che viene ascoltata con apprensione a Taiwan, considerata da Pechino come «parte inalienabile» del suo territorio, ma attualmente sotto un governo indipendente da quello cinese. Sta di fatto che negli ultimi venti anni il budget militare cinese ha registrato aumenti a due cifre, portando l’Esercito popolare di liberazione a essere, oggi, una forza dotata di armi sofisticate, fra cui la prima portaerei, adattata da una nave sovietica acquistata dall’Ucraina nel 1998, e i primi caccia Stealth J-20. Inoltre, la Cina sta approntando nuovi sottomarini e missili anti-navali. L’annuncio di ieri è il primo da quando il presidente americano Obama ha reso noto il nuovo programma statunitense per la difesa, che vede un riposizionamento militare in Asia, con l’apertura di basi militari a Darwin, in Australia, da aggiungere a quelle già presenti nei Paesi del Pacifico. Mentre il resto della regione guarda con malcelata inquietudine l’aumentare del potere dell’Esercito popolare di liberazione, che, paradossalmente, sta avendo l’effetto di rafforzare i legami fra gli Stati Uniti e i vicini della Cina. La Cina ha ancora molte dispute territoriali aperte: una, con l’India, per il confine dell’Arunchal Pradesh, poi un lungo contenzioso con il Giappone per le isole che chiama Diaoyutai (Senkaku per Tokyo), e per le isole Spratleys e Paracelse, nel Mar cinese meridionale, reclamate anche dagli altri Paesi del Sud Est asiatico. Negli ultimi tempi anche l’India, l’Indonesia e il Vietnam hanno aumentato i loro investimenti nella difesa.