Paolo Conti, Corriere della Sera 05/03/2012, 5 marzo 2012
ANNUNZIATA E IL TABU’ SUI GAY: «UN’IPOCRISIA ALL’ITALIANA» —
Tocca a Lucia Annunziata infrangere un tabù, rompere una cortina del silenzio: «I funerali di Lucio Dalla sono uno degli esempi più forti di quello che significa essere gay in Italia: vai in chiesa, ti concedono i funerali e ti seppelliscono con il rito cattolico, basta che non dici di essere gay. È il simbolo di quello che siamo, c’è il permissivismo purché ci si volti dall’altra parte». Annunziata parla nel cuore della sua trasmissione «In 1/2 ora» su Raitre, eccezionalmente prolungata di un’altra mezz’ora per dare spazio ad alcune associazioni gay dopo la dibattuta frase della giornalista («Avrei difeso l’intervento di Celentano a Sanremo anche se avesse detto che i gay devono andare al campo di sterminio»).
La giornalista parla nelle ore dei funerali di Dalla e il dibattito sulla sua frase inevitabilmente si sovrappone all’attualità più viva della cronaca: le modalità della cerimonia bolognese, il vincolo che legava Dalla a Marco Alemanno. Franco Grillini, leader storico del movimenti gay italiano, presidente onorario dell’Arci Gay e consigliere regionale Idv in Emilia-Romagna applaude: «Stavolta Annunziata ha perfettamente ragione... Io sono arrabbiato nero, sono furioso su questa faccenda di Dalla e dei suoi funerali. Abbiamo cominciato e proseguito con una ipocrita consegna del silenzio a proposito di Marco Alemanno. Si è parlato di amico del cuore, di principale collaboratore... Marco era semplicemente il compagno di Dalla, li incontravo spesso all’edicola di Porta san Vitale, non sbandieravano nulla ma non nascondevano nulla. Lucia ha ragione da vendere. Se Dalla si fosse sposato con Marco a New York o a Oslo o a Madrid, come hanno fatto molte coppie bolognesi, non avrebbe mai avuto funerali a San Petronio, chiesa-simbolo di proprietà del Comune ma gestita dalla Curia bolognese». E poi Grillini apre un altro fronte: «Per la prima volta dai tempi di Welby, la Conferenza episcopale sente il bisogno di dire come si dovrà organizzare un funerale. Niente canzoni di Dalla in chiesa. Perché mai? Perché tutte le canzoni di Lucio, per fortuna, erano un inno alla libertà di amare. In "Caro amico ti scrivo" dice che "ognuno farà l’amore come gli va", certo non come dice la Chiesa. In "Ciao a te" Dalla parla a un tramviere stanco e gli dice anche "ciao a te e a tuo figlio finocchio". Come sarebbe stato possibile eseguire tutto questo in una Chiesa cattolica? In più Dalla muore all’improvviso e il suo compagno non può ereditare nulla...».
Paola Concia, deputato Pd, membro della direzione nazionale del suo partito, ex portavoce di Gayleft, racconta un episodio personale: «Oggi mia moglie Ricarda, riflettendo con me sui funerali di Dalla, mi ha detto: mi sembra di assistere a una scena di vent’anni fa, mi sembra di essere entrata in una macchina del tempo.» E aggiunge: «È molto triste che tutto questo avvenga con la morte di Dalla. Un eterosessuale non deve mai giustificare, agli occhi della Chiesa, la propria sessualità: mogli, fidanzate, amanti, magari possono ritrovarsi tutte insieme davanti all’altare. Se Dalla avesse detto lì a Bologna: ecco, questo è il mio fidanzato, non metterei proprio la mano sul fuoco sul fatto che avrebbe avuto funerali religiosi. È la riprova della doppia morale che impera in Italia, lo specchio di un Paese che odia i gay, e non lo nasconde, senza che ci sia una rivolta popolare».
Su Twitter è aperto il dibattito sul discorso di Marco Alemanno in Chiesa: «Ho pianto con lui... che splendida dichiarazione d’amore», «sentite condoglianze a Marco Alemanno per la morte del suo compagno Lucio Dalla», «anche io sono indignato se sento parlare di Marco Alemanno come un amico e un collaboratore di Lucio Dalla. È amore, bigotti».
Paolo Conti