Ennio Caretto, Corriere della Sera 05/03/2012, 5 marzo 2012
PERLE: PER LUI LA GUERRA FREDDA NON E’ FINITA
«Negli ultimi anni ho visitato spesso la Russia cercando di aiutarne i movimenti dei diritti civili, e inizialmente ho nutrito buone speranze che diventasse una democrazia. Putin me le ha fatte svanire. Il mio giudizio sui suoi due mandati, e anche sul mandato di Medvedev, è negativo. Dopo un inizio cauto, in apparenza persino conciliante, Putin ci ha riportato ai tempi della guerra fredda. Temo che sarà così anche nei prossimi anni. È come se Putin non avesse mai digerito la sconfitta della Unione Sovietica, come se volesse una rivincita. Medvedev prima ha tentato di migliorare le cose, poi si è rassegnato».
L’ex sottosegretario alla difesa Richard Perle, il «cavaliere nero» del disarmo atomico, che un quarto di secolo fa impostò la graduale riduzione degli arsenali nucleari degli Usa e dell’Urss si dice deluso del dopo Eltsin in Russia. «Non so perché Eltsin consegnò il potere a Putin — afferma —. So che ci illudemmo che Putin accelerasse l’ingresso del Paese nel consesso democratico. E invece Putin ha dimostrato di essere rimasto in fondo un agente del Kgb, della polizia segreta sovietica. Ha seguito una politica piuttosto repressiva in casa e aggressiva fuori, dando anche l’impressione di volere ricostituire l’impero comunista».
Il suo non è un giudizio troppo pesante?
«Non sostengo che Putin sia un dittatore, ma penso che il suo sia stato e continuerà a essere un regime autoritario. Quando lo ritiene utile, Putin non esita a schiacciare gli avversari, i dissidenti e quant’altri con tutto il peso dello Stato. E in quella che considera la sfera di influenza russa non esita a ricorrere all’intervento militare, oltre che alle più gravi pressioni politiche, economiche, diplomatiche».
C’è chi gli attribuisce il merito di avere rilanciato l’economia.
«Conosco bene la Russia. La sua economia si regge sul petrolio, Putin non ha modernizzato il Paese, non ne ha fatto un colosso tecnologico mediatico ecc. Adopera il petrolio come strumento di ricatto non solo degli ex Stati comunisti ma anche dell’Europa occidentale. La quale Europa non deve lasciarsi ricattare, se permette».
La campagna elettorale non lo ha però indebolito?
«Ne ha intaccato l’immagine, evidenziando la sua caduta di popolarità. Ma l’opposizione non è ancora abbastanza forte da dimezzarne il potere. E non dubito che Putin la reprimerà, anche se cercherà di mascherarlo. Mi preoccupo per leader come Ryzhkov, un uomo molto articolato, un vero democratico, non vorrei che finisse in carcere o peggio».
Ma Putin non rischierebbe una sollevazione?
«Difficile dirlo. Ha a disposizione l’arma del fisco, che gli conferisce un che di legalità. Può sembrare sciocco, ma le disposizioni del fisco russo sono così contraddittorie che anche i più onesti possono essere processati a piacimento delle autorità. E non vedo sorgere un movimento di resistenza di massa a questi abusi a breve termine».
Non c’è nulla che l’Occidente possa fare?
«L’Occidente deve unirsi e coordinarsi nei rapporti con la Russia. In primo luogo deve prendere atto che Putin tenta di dividerlo, che è ostile agli Usa e alla Nato, che è ritornato alla guerra fredda, ripeto. In secondo luogo deve appoggiare l’opposizione, perché a media o lunga scadenza Putin dovrà concederle qualcosa. Le forze democratiche russe devono sapere che non le abbandoneremo».
Obama tuttavia ha dialogato e dialoga con Putin.
«Non ha alternative, dialogavamo con l’Urss anche in piena guerra fredda. Non si tratta di rompere i rapporti, si tratta di fare capire a Putin che la sua politica antiamericana è inaccettabile. Putin persegue il danno degli Usa anche quando va a scapito della stessa Russia. Basta pensare alla sua difesa della Siria, dove ogni giorno si violano i diritti umani».
C’è il pericolo di una nuova corsa al riarmo atomico?
«Non in Russia né da noi. Putin non intende certo mandare in Germania i carri armati e non ha interesse a evocare lo spettro nucleare. Il pericolo del riarmo atomico esiste nel Golfo Persico a causa dell’Iran. Prepariamoci comunque a dei bracci di ferro tra Washington e Mosca».
Di che tipo?
«Le cito il caso di Sergej Magmitsky, un giovane avvocato che scoprì un grosso scandalo concernente un fondo d’investimenti e che fu ucciso dal regime. Lavorava per il più grande investitore americano in Russia, William Browder, il figlio dell’ex segretario del Partito comunista americano, che ha chiesto al Congresso di intervenire. Il Congresso ha oggi sotto esame sanzioni contro i responsabili: a esempio verrà loro proibito di mettere piedi negli Usa. Le autorità russe sono furenti. Secondo me, questo è solo un inizio».
Ennio Caretto