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 2012  marzo 04 Domenica calendario

BP CHIUDE IL MAXI-RISARCIMENTO

Accordo miliardario per uscire dall’incubo: alla vigilia del processo contro Bp per l’incidente di Deepwater Horizon, che aveva causato il peggiore disastro ambientale della storia americana, il gruppo britannico ha raggiunto un’intesa extragiudiziale con i legali degli oltre 100mila querelanti. L’accordo non costituisce ammissione di colpa da parte del colosso petrolifero, che ha però accettato di pagare indennizzi per 7,8 miliardi di dollari a 116mila tra pescatori, imprenditori e residenti della zona che nel 2010 avevano ricevuto danni fisici o economici in seguito alla devastazione portata dalla marea nera. Si tratta del maggior pagamento mai versato per una class action su danni ambientali. Bp ha specificato che verrà utilizzata una parte del fondo di risarcimento da 20 miliardi di dollari creato dalla società subito dopo l’incidente.
L’esplosione nella piattaforma nel Golfo del Messico dell’aprile 2010 aveva ucciso undici lavoratori e causato la fuoriuscita di oltre quattro milioni di barili di greggio che avevano inquinato il mare e la costa per 85 giorni prima che il pozzo fosse sigillato, causando danni incalcolabili all’ambiente e rovinando la stagione turistica e l’industria della pesca. Tony Hayward, il Ceo inglese di Bp, era stato costretto a dimettersi, travolto dalle accuse di avere anteposto il taglio dei costi alla sicurezza dei dipendenti e dalla sua lentezza nel reagire alla rabbia popolare per l’accaduto. Il suo successore, l’americano Bob Dudley, ha da allora predisposto una revisione di tutte le procedure di sicurezza e ha puntato a ricostruire la reputazione di Bp negli Usa. Ieri, annunciando l’intesa, Dudley ha detto che «accelera la soluzione dei problemi creati dall’incidente e contribuisce ulteriormente alla bonifica ambientale e al rilancio economico della costa del Golfo».
I rappresentanti legali dei 116mila querelanti hanno dichiarato che «l’accordo concederà pieno risarcimento a centinaia di migliaia di persone in modo trasparente e darà il maggiore beneficio possibile al maggior numero di persone possibile». Ora che, dopo settimane di frenetiche trattative dietro le quinte, lo stuolo di avvocati di Bp è riuscito a raggiungere l’intesa, si blocca il processo che avrebbe dovuto iniziare domani a New Orleans. Tutto era pronto per un dibattimento fiume, con la testimonianza prevista di oltre 300 persone, il coinvolgimento di 340 avvocati di 90 studi legali diversi e ben 72 milioni di pagine di documenti. Il giudice Carl Barbier, che aveva già concesso un rinvio di una settimana proprio per dare più tempo alle parti per negoziare, ha preso atto dell’intesa raggiunta, che dovrà essere siglata e conclusa entro 45 giorni e formalmente approvata da lui.
Per Bp si tratta di un passo avanti importante, dato che evita al gruppo anni di incertezza e pubblicità negativa. L’intesa annunciata ieri non è però risolutiva per Bp, dato che non riguarda il contenzioso con il Governo federale Usa e con gli Stati più danneggiati dalla marea nera, o le cause tuttora in corso con le società ex partner di Bp nel Golfo del Messico. Nell’ultimo anno Bp ha raggiunto accordi miliardari con Anadarko, il gruppo Usa che aveva una quota del 25% di Macondo, il pozzo esploso nell’aprile del 2010; con la società giapponese Mitsui, che aveva il 10%; e con Cameron International, responsabile della sicurezza della piattaforma. Restano invece irrisolti i contenziosi con Transocean e Halliburton: Bp ha intentato cause da decine di miliardi di dollari per negligenza sia contro la società svizzera proprietaria della piattaforma petrolifera sia contro la società americana che aveva progettato e costruito il pozzo di Macondo.
Il punto interrogativo più importante per Bp però riguarda le cause aperte con il Governo federale e le amministrazioni della Louisiana e dell’Alabama. La legge americana, il Clean Water Act, prevede multe di 1.100 dollari per ogni barile riversato in mare per incidente o semplice negligenza e Bp ha calcolato infatti di dover pagare 3,5 miliardi di dollari. Se dovesse invece essere riconosciuta una negligenza grave la cifra salirebbe a 4.300 dollari al barile. Nella peggiore delle ipotesi quindi oltre ai costi già sostenuti Bp potrebbe dovere pagare 17,6 miliardi di dollari in multe al Governo federale. Per evitare questa prospettiva Bp è già da tempo in trattativa con il dipartimento di Giustizia di Washington nel tentativo di raggiungere un accordo. Bp ha sottolineato ieri che il costo massimo totale del disastro, compresi i risarcimenti, le multe per i danni ambientali e le spese di bonifica, resta invariato a 37,2 miliardi di dollari.