Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 4/3/2012, 4 marzo 2012
ANCHE GLI USA TEMONO UN ALTRO SHOCK
Un vecchio spettro torna ad aggirarsi sui mercati. Non c’è tregua per gli investitori: se la mina della crisi greca e del debito sovrano appare, per il momento, disinnescata, ecco che ritrovano sulla loro strada, e su quella del rally messo a segno nei primi mesi del 2012, un grande nemico del passato; il rincaro del petrolio e la paura di uno shock energetico e delle sue ripercussioni su un’economia ancora debole e su mercati dai nervi a fiordi pelle.
La nuova minaccia è stata messa nero su bianco negli ultimi rapporti degli analisti: «Con l’allarme sulla Grecia che passa in secondo piano, almeno temporaneamente, gli investitori hanno subito trovato una nuova fonte di ansie in presenza della recente impennata dei prezzi del greggio», ha avvertito questa settimana Hsbc. Uno scenario che consiglia agli esperti di Hsbc quantomeno l’adozione di “polizze di assicurazione”, sotto forma di acquisti di titoli energetici e di valute di nazioni produttrici quali Norvegia, Brasile, Malesia e Russia. «Ci stiamo avvicinando al momento in cui bisogna preoccuparsi», ha aggiunto Thomas Simons di Jefferies.
La reazione delle piazze azionarie nei giorni scorsi agli “scatti” del greggio rivela il livello di guardia raggiunto dal nervosismo: gli indici azionari sono stati fermati da un aumento del Brent fino a 128,40 dollari al barile, il massimo dal luglio 2008, alla notizia poi smentita dell’esplosione di un oleodotto in Arabia Saudita. L’indice Dow Jones, dopo aver chiuso sopra quota 13.000 punti per la prima volta dal crack di Lehman Brothers, ha terminato la settimana sotto quella soglia psicologica. A Wall Street come a Londra e nelle altre piazze europee e mondiali, le pressioni sono oggi alimentate anche dal rischio di scontri militari tra l’Occidente e l’Iran. C’è attesa per il vertice di domani tra Barack Obama e Benjamin Netanyahu, dopo che il presidente statunitense ha cercato di stemperare la tensione scatenata da ipotesi di una prossima azione militare israeliana contro i programmi nucleari di Teheran.
Se il trend del caro-greggio si arresterà, l’economia, specialmente quella americana, appare a molti analisti in grado di reggere i colpi. «Siamo in condizioni di resistere all’incremento al quale abbiamo assistito? La risposta è affermativa», ha dichiarato David Kelly, chief market strategist di JP Morgan Funds. La benzina negli Stati Uniti da inizio anno è lievitata di 45 centesimi al gallone, alla media di 3,73 dollari, un prezzo record per questa stagione. Una cifra che potrebbe aver sottratto alla spesa dei consumatori forse 60 miliardi di dollari e 0,4 punti percentuali dal Prodotto interno lordo (ogni 25 centesimi fa evaporare circa 25-30 miliardi dai consumi e 0,2 punti del Pil). Il clima economico e finanziario del paese è tuttavia oggi più solido rispetto a un anno fa, quando proprio incrementi del greggio contribuirono a gettare nel panico i consumatori e a mettere in pericolo la crescita. L’espansione a stelle e strisce ha ripreso a creare occupati, due milioni di posti di lavoro in un anno, e dovrebbe marciare al passo del 2,2% nella prima metà dell’anno e del 2,5% nell’intero 2012. «I consumatori protesteranno contro una benzina che si avvicina ai 4 dollari al gallone, già toccati in California, ma probabilmente continueranno a spendere», ha commentato Carl Riccadonna di Deutsche Bank. Un anno fa, inoltre, aumentava anche il gas naturale e i prezzi alimentari, oggi il prezzo del gas è scivolato. E il rincaro del greggio allora sottrasse alla spesa 120 miliardi di dollari in un’economia che nel primo semestre del 2011 cresceva solo dello 0,9 per cento. Lo stesso governatore della Federal Reserve Ben Bernanke ha ribadito di vedere un’economia in miglioramento e giudicato momentaneo il rincaro dell’energia.
Questi calcoli, però, potrebbero essere rapidamente sconfessati da un vero e proprio shock petrolifero. Ovvero da impennate delle quotazioni verso i 150 dollari al barile o oltre. A questo non potrebbe tenere testa né l’economia, né la Borsa. «È la grande incognita», ha detto Kelly. Un’incognita che pesa sulle prospettive dei mercati: gli shock petroliferi giocarono un ruolo cruciale nelle recessioni del 1973 e del 1990.