PIERO NEGRI, La Stampa 4/3/2012, 4 marzo 2012
“Stasera canto con Carboni L’anno che verrà per lui” - Per uno scherzo del destino e della meteorologia, il lunghissimo tour di Lorenzo Cherubini, per tutti Jovanotti, dopo undici mesi di concerti in tutta Italia chiuderà a Bologna oggi, nel giorno del sessantanovesimo compleanno e dei funerali di Lucio Dalla
“Stasera canto con Carboni L’anno che verrà per lui” - Per uno scherzo del destino e della meteorologia, il lunghissimo tour di Lorenzo Cherubini, per tutti Jovanotti, dopo undici mesi di concerti in tutta Italia chiuderà a Bologna oggi, nel giorno del sessantanovesimo compleanno e dei funerali di Lucio Dalla. Il concerto rinviato per neve diventa così un’occasione per ricordare un protagonista della musica italiana: che cosa succederà sul palco della Unipol Arena? «Con Luca Carboni molto probabilmente farò L’anno che verrà , una delle trenta canzoni indimenticabili che Lucio Dalla ci ha lasciato. Non la mia preferita, forse - Anna e Marco o più ancora Com’è profondo il mare mi piacciono di più - però la più adatta alla circostanza». Come vive questa perdita? «Dalla ci ha lasciato talmente tante meraviglie che è impossibile pensare alla morte quando si pensa a lui. Non c’è tristezza, quelle canzoni ti arrivano tutte insieme come una valanga di bellezza». Che cosa le viene in mente quando pensa a lui? «La fantasia. Dalla mi ha insegnato la fantasia, un valore centrale per me e la mia musica. Dalla aveva fantasia sempre, nella scelta dei progetti a cui dedicarsi e anche nelle parole delle canzoni». I ricordi? «Da piccolo, al mercato di Porta Portese, con il mio babbo. Io ero piccolissimo, ma Dalla era già Dalla, e indossava un maglione peruviano che mi impressionò moltissimo. Era un vero bohemien, uno spirito libero, con una indipendenza di pensiero accentuata da una solitudine di fondo». Da grande? «Ho un ricordo speciale: quando uscì Serenata rap mi telefonò. “Socio - mi disse - con questa vendi un milione di copie”. Aveva ragione lui. So che una telefonata simile l’hanno poi ricevuta Tiziano Ferro, Cesare Cremonini: quando sentiva qualcosa che lo colpiva, chiamava. Anche qui c’è qualcosa da imparare, e cioè che non c’è niente di meglio che vivere in un mondo di creativi, e che quando esce un bel disco, vinciamo tutti. Siamo tutti dentro a quella canzone» . Vi siete frequentati dopo questa telefonata? «Ci siamo visti molte volte, soprattutto quando lavoravo con Carboni e stavo spesso a Bologna. Ricordo una notte in discoteca, a Riccione, in cui abbiamo parlato a lungo, e una notte da Napoleone, in osteria. Davanti a un vassoio di giuggiole mi disse che la canzone, per piacere, come la donna deve sembrare un po’ stupida. Una grande verità: ho fatto qualche canzone che sembrava intelligente, ma ora sono quelle che mi piacciono di meno». Un saggio, insomma? «Dalla non era un narratore, un raccontatore di storie, era un teorizzatore. Un vero bolognese, amava progettare mondi, aveva visioni filosofiche, tendeva a definire che cos’era il bene e cosa il male. Che cos’era una canzone, appunto». Di sé e della sua musica non parlava mai? «Un aspetto che mi piaceva di lui è che non parlava del passato, non era aneddotico. Una volta andai in tv e feci una versione di Com’è profondo il mare che mi piacque moltissimo. Gli dissi: “Lucio, che canzone hai scritto...” e lui svicolò, cambiò subito argomento. Capii in quell’istante che del passato non voleva occuparsi. Aveva ansia di futuro, come è chiaro anche dalle sue canzoni, e ancora una volta aveva ragione lui: a un artista dovrebbe essere vietato per legge di riascoltare le sue vecchie cose». Il suo aspetto da folletto e un certo gusto per l’autoironia rischiano di non farlo valutare come merita? «Ma lui si vedeva altissimo. L’altra notte ho lavorato a un sonetto su di lui, ci tenevo a farlo brutto il giusto, non volevo fosse commovente, ma che mi ricordasse Lucio. Si conclude così: “Altissimo biondissimo astronauta, a tua esistenza elettrica mai cauta, le tue canzoni belle come occhi mi dissero che farne dei miei orecchi. Futura... anidride solforosa, la musica infinita... la tua sposa”. Lui si vedeva altissimo, biondissimo. L’anno scorso, in prima media, mia figlia Teresa doveva fare una ricerca scolastica su un cantante italiano. Le ho subito suggerito Dalla, che lei non conosceva. E siccome glielo dicevo io, è stata molto attenta, ha voluto ascoltare le canzoni e naturalmente si è appassionata. Lo sapevo: Dalla usa tutta una serie di materiali, nelle sue canzoni, per cui è impossibile non finirne conquistati. Tutti impazziscono per lui, prima o poi, è una stella che splende».