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 2012  marzo 04 Domenica calendario

TUTTE LE MODIFICHE AL PERCORSO ORIGINARIO —

Persino le streghe hanno segnato la storia della Tav. Un’opera pubblica che dal 1991, quando venne ideata in un summit europeo a Essen, ha annoverato progetti e percorsi diversi, scontri e decennali tentativi di compromesso. Il più epocale riguardò la montagna infestata dalle Masche: megere e fascinose giovanette cui i valligiani attribuivano la colpa di qualsiasi disgrazia. Il tracciato del 2001 doveva attraversare il Musinè, rilievo a 18 Km da Torino, ricco di leggende sinistre ravvivate da avvistamenti di Ufo con umanoidi a bordo. Ai No Tav premeva che il tracciato lo evitasse. Ma più che per il timore di disturbare alieni e anime dannate, per la paura fondata di bucare rocce ricche di amianto.
Il tracciato così cambiò sponda. Dalla riva sinistra del fiume Dora, alla destra. Anche perché la linea, all’inizio, ignorava Torino. Racconta l’architetto Mario Virano, commissario straordinario Tav: «L’opposizione a quel progetto, all’epoca univa i comuni della Valle alla regione Piemonte, il comune e la provincia di Torino, perché lasciava fuori il polo di Orbassano, snodo delle merci dirette a Torino. Si pensò a una bretella. Ma siccome costava un miliardo Ferrovie dissero ai comuni: pagatevela».
Si arrivò al dicembre del 2005, la Valle si ribellò, ci furono scontri duri con la polizia. Ricorda Antonio Ferrentino, allora presidente della comunità montana, oggi capogruppo sel in provincia di Torino: «Quel progetto aveva un tracciato assurdo. Era molto impattante perché bucava la vena amiantifera. E tagliava fuori Orbassano, il retroporto di Genova. Riuscimmo a farlo accantonare».
A inizio gennaio 2006 il governo Berlusconi ritirò il progetto. E il sottosegretario Gianni Letta creò un tavolo politico, da lui presieduto, con 6 ministri, Fs, Regione, Provincia e tutte le comunità locali. E l’Osservatorio dove quei soggetti erano rappresentati da tecnici di loro fiducia presieduto da Virano che continua: «Lavorammo per un anno e mezzo per risolvere 4 quesiti informativi. Poi il Parlamento europeo accelerò. O decidevamo subito o avremmo perso i finanziamenti. Ci isolammo all’ex colonia di Pra Catinat a quota 1.760 e il 29 giugno trovammo un accordo. Il governo lo presentò e ottenemmo 700 milioni di euro di finanziamento. Il progetto è stato ultimato nel giugno 2010, ha avuto positiva VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) e sarà ultimato a fine anno. Ci saranno altre due VIA ed entro dicembre 2013 saranno banditi gli appalti dei 700 milioni di cui l’Ue dà il 40% a fondo perduto. Il 57,9% del resto lo mettiamo noi, il 42,1 la Francia».
Ma intanto si parte con il «progetto low cost» e il tunnel di base. Ed esplode la protesta. «Si è deciso di dividere il progetto in fasi — spiega Virano — È un priorità trasformare la linea che ora porta i treni a 1.250 metri di altezza e passa nella galleria Cavour del 1871, che dal 2002 è a senso unico alternato. Il tunnel sarà di 57 km, ma solo 12 in Italia».
Cosa c’è che non va? Lo spiega l’ingegnere Andrea De Bernardi esperto in trasporti, molto citato dai No Tav. «Il partito della spesa, che è forte, sta pensando solo alla galleria. Capisco l’interesse a scavare il buco ma non diciamo che stiamo costruendo il corridoio europeo, perché mancano le condizioni intorno». Le opere compensative? «No, le condizioni base. Il corridoio comprende la linea nuova e la storica esistente. L’Osservatorio si era impegnato a migliorarla. In tre anni non si sono trovati 40 milioni di euro per comprare le locomotive che devono essere più numerose. Non si danno le autorizzazioni per una liberalizzazione del trasporto ferroviario che è stata fatta al Brennero e porta benefici al territorio. Perché?». «Ma il problema più grosso — aggiunge De Bernardi — è lo snodo di Torino. I treni merci passano sotto la stazione. Ci sarà una strozzatura del traffico che porterà in saturazione la rete. È ovvio che ci dovranno essere modifiche al progetto. Ma non sappiamo quali. Nè quanto costeranno. E nessuno parla di questo. C’eravamo arrivati con l’Osservatorio. E ora siamo tornati allo scontro tra No Tav violenti e Si Tav integralisti della spesa cui bisogna dare ragione per forza per ristabilire l’ordine pubblico. Non va bene».
Virginia Piccolillo