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 2012  marzo 04 Domenica calendario

Eccolo lì, il sosia. Immobile per tutta la mattinata a guardare nel vuoto. Se uno si volta senza saperlo facendo cadere l’occhio su quel tipo piccolo e tarchiato, rischia di trasecolare

Eccolo lì, il sosia. Immobile per tutta la mattinata a guardare nel vuoto. Se uno si volta senza saperlo facendo cadere l’occhio su quel tipo piccolo e tarchiato, rischia di trasecolare. Un’allucinazione. Due gocce d’acqua, stessa corporatura tracagnotta, stesso sguardo un po’ truce e un po’ infantile, stessa barba fitta e incolta e, come se non bastasse, stessi occhialetti rotondi. Una reincarnazione. Invece si chiama Vito D’Eri, ha 56 anni, è nato a Pisticci, vicino a Matera, ha moglie e due figlie e a Bologna fa l’imbianchino. Non sa cosa sia un clarinetto e canta malissimo. Quando nel 1991 si conobbero, Dalla lo fissò, si specchiò in lui e scoppiò a ridere: «Vito, le nostre mamme saranno state delle gran tr…». «Forse la tua» è stata la risposta di Vito. Da allora sono diventati inseparabili e Vito è il sosia ufficiale di Lucio. Al punto che nel ’94 Dalla gli fece una proposta: «C’erano le prove ad Ascoli Piceno del Festivalbar e Lucio voleva assolutamente vedere la Virtus, allora mi chiese di andare a cantare al suo posto». Per fortuna in playback: «Fu un divertimento unico. Il pubblico non sapeva e non si accorse di nulla». Seconda sostituzione, il 26 maggio 2006: «Allo Stadio Olimpico di Roma c’era un concerto di Gigi D’Alessio e Lucio era ospite: lì non era stato avvisato neanche il regista. Cantai in playback facendo giusto qualche gesto per cercare di imitarlo. Lucio si divertiva e mi faceva divertire con qualche comparsata anche a teatro». L’ultimo incontro mercoledì: «Mi ha visto un po’ giù e mi ha detto: Vitone, cerca di tener duro, quando torno dalla tournée ci vediamo. Ora se n’è andata una parte di me». C’è da credergli. Di aneddoti, del resto, pullula Piazza Maggiore. Il clochard storico bolognese, Angelo Rizzi, ricorda di aver ricevuto l’ultima elemosina da Dalla prima del Festival. Il cameriere Mario del Ristorante Napoleone racconta le cene di beneficienza per gli indigenti, che ricevevano anche una busta di 50 mila lire e le incursioni notturne di Dalla per mangiarsi due cipolle prima di riprendere il lavoro. P.D.S.