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 2012  marzo 04 Domenica calendario

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

BRUXELLES — «Molliamo subito l’euro e torniamo al fiorino. Prima si vota su questa decisione, e meglio è». Geert Wilders, leader populista del Partito della libertà e pilastro esterno della minoranza che governa l’Olanda, non fa mai una mossa a caso. Infatti ieri ha annunciato questo suo referendum, «un diritto per il cittadino olandese soprattutto ora che rischiamo seri tagli al bilancio». E oggi si siede al tavolo del governo per negoziare su quegli stessi tagli, ormai giudicati indispensabili dalla Commissione europea, dai leader dell’eurozona e dalla Banca centrale europea. Perché l’incredibile è avvenuto, nella classe dell’euro il ragazzino solerte del primo banco rischia di finire dietro la lavagna: quella stessa Olanda che sei mesi fa rimbrottava gli spendaccioni greci, e che ancora è uno dei soli 4 Paesi dell’euro ad avere un rating da «tripla A», oggi sta tuffata nella recessione proprio come tante altre nazioni e soprattutto si vede richiamare dall’Europa per aver sforato le previsioni sul deficit pubblico: nel 2013 sarà ancora al 4,5% del prodotto interno lordo, ben al di sopra di quel 3% concordato con Bruxelles; e già l’Aia scorge il suo tasso di disoccupazione superare il 5%, proprio là dove, da 40 anni, decine di etnie di tutto il mondo trovano lavoro, pensione, sicurezza sociale.
Questa mattina si comincia dunque a discutere dei tagli: dai 9 ai 12 miliardi di euro, ad andar bene, con 2,5 miliardi che dovrebbero arrivare da un congelamento dei salari pubblici per due anni e mezzo, e altri 2,7 miliardi attesi da un blocco di pensioni e assicurazioni sociali; il resto, non si sa. Tutta colpa dell’euro, spiega appunto uno come Wilders, sbandierando le sue analisi statistiche. L’ultima dice: dall’introduzione della moneta comune ci si attendeva un introito annuo di 800 euro in più per ogni cittadino olandese, e invece c’è stata una perdita di 2.700 euro, sempre a cranio. L’argomento fa presa, ma soprattutto conta il fatto che Wilders è l’ago della bilancia in una situazione politica potenzialmente instabile. Infatti il governo di minoranza formato dal partito Vvd (liberaldemocratici pro libero mercato, guidati dal primo ministro Mark Rutte) e dall’alleanza cristiano democratica Cda, si regge in parte sull’appoggio di Wilders, che secondo i patti viene regolarmente consultato su alcune materie: immigrazione, ordine pubblico, assistenza agli anziani, provvedimenti di austerità. È per quell’ultimo punto, che oggi chiederanno il suo parere: ma c’è da scommettere che l’uomo vorrà qualcosa, o molto, in cambio.
Ci sono altri partiti che potrebbero essere importanti per il governo, in questo momento: i due socialisti o socialdemocratici, PdvA e Sp, che però sono rimasti esiliati all’opposizione due anni fa, quando il panorama politico ed economico era ben diverso da quello di oggi.
Il governo ribadisce quella che considera la sua priorità di sempre: «Avere delle finanze in ordine è fondamentale, sia in Olanda che nell’Unione Europea: è questa la massima priorità del ministero delle finanze per i prossimi anni». Ma l’imbarazzo trapela anche dalle dichiarazioni ufficiali. E dalle parole di colui che oggi guida proprio il ministero delle Finanze, Jan Kees de Jager: «Io non andrò a mendicare a Bruxelles — ha detto l’altro ieri — io vado sempre con la testa alta, oppure non vado per nulla». E ancora: «Per me è un’esigenza assoluta che l’Olanda, specialmente dopo aver fatto di tutto per avere delle strette regole di bilancio, si attenga a esse». Questa mattina, dovrà spiegarlo a un signore biondo di nome Geert Wilders.
Luigi Offeddu