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 2011  dicembre 28 Mercoledì calendario

Ugresic Dubravka

• Kutina (Croazia) 3 marzo 1949. Scrittrice • «Negli anni Novanta, durante lo smembramento della Jugoslavia [...] fu accusata di essere, dice, “una prostituta, una strega e una traditrice”. Non particolarmente contenta di assumere la cittadinanza della Croazia, da poco indipendente, si pronunciò contro il nazionalismo “e tutte le sue perversità” e, come molti altri, divenne un bersaglio politico. Nei suoi duri scritti dei primi Anni 90, raccolti in The Culture of Lies: Antipolitical Essays (1995) [...] definiva il nazionalismo “l’ideologia degli stupidi”. Pur criticando anche lo sciovinismo serbo, denuncia la mentalità vittimista e auto assolutoria della Croazia, “Stato europeo appena sfornato”, il cui primo presidente ultranazionalista, Franjo Tudjman, arrivò al potere nel 1990 e dichiarò che la Croazia era il paradiso in terra. Il saggio che dà il titolo al libro fu scritto poco prima che la Ugresic fosse costretta a lasciare la Croazia, nel 1993: il libro uscì dapprima in traduzione olandese. Lei risiedette in Germania, Olanda e negli Stati Uniti prima di stabilirsi, nel 1999, ad Amsterdam, dove vive da sola. Scrittrice, critica, sceneggiatrice e autrice di libri per bambini, detesta essere vista come una scrittrice croata, rappresentante di “un Paese dal quale sono stata esiliata”. Le sue opere vanno da Vietato leggere (2001), un’analisi del mercato letterario contemporaneo, alla narrativa “dark” che esplora i traumi imposti all’individuo dagli sconvolgimenti politici [...] il ministero del dolore (2004), prende il nome da un club sadomasochista dell’Aia, dove ha anche sede, naturalmente, il tribunale per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia. Gli articoli giornalistici della Ugresic [...] raccolti con il titolo di Nobody’s Home, mostrano il suo carattere di acuta osservatrice delle assurdità formatesi da entrambi i lati del vecchio Muro di Berlino. “La gente dell’Est vedeva l’Occidente in modo stereotipato, splendente e democratico, mentre gli occidentali si sentivano superiori [...] Fin dall’inizio, da una parte e dall’altra si raccontavano un sacco di bugie”. Dubravka Ugresic è nata nel 1949 a Kustina, piccola città industriale presso Zagabria. Il padre, Nikola, era croato, e la madre, Elisaveta, bulgara. Dopo aver studiato letteratura comparata all’Università di Zagabria, a metà degli Anni Settanta passò un anno a Mosca come ricercatrice, contribuendo a riesumare e tradurre gli scrittori dell’avanguardia sovietica degli anni Venti e Trenta, di cui in seguito curò un’antologia. “Fu un periodo assolutamente romantico”; l’incontro con il comunismo sovietico, però, le aprì anche gli occhi sugli abusi perpetrati in Jugoslavia. Dal 1949 al 1956 centinaia di persone sospette di filo stalinismo furono mandate a Goli Otok, il “gulag jugoslavo”. “Era una cultura fatta di menzogne [...] Goli Otok era un tabù; la gente rifiutò di parlarne fino agli Anni Settanta”. Fu una delle cinque donne vittime di quel che chiama una caccia alle streghe mediatica in Croazia: quattro di esse vivono ancora all’estero. “È uno dei motivi ricorrenti delle guerre [...] Il primo nemico è una donna [...] Quel che mi ha salvato è stato il fatto di non essere anonima [...] Molte persone meno conosciute sono state picchiate o uccise”. Fu anche messa al bando dai colleghi all’università. “Ogni giorno si verificava una specie di buffo balletto: facevano di tutto per non notarmi e non salutarmi. La cosa è continuata per un anno, poi me ne sono andata”. Di Tudjman, morto nel 1999, e dei suoi nazionalisti dice “probabilmente avevano ragione a odiarmi, perché li facevo apparire ridicoli e stupidi; non ci si dimentica di chi ti deride. Non credevo nella loro causa, o che per il bene dello Stato si dovessero uccidere tante persone. Pensavo fossero dei criminali in cerca di denaro, che manovravano la gente con quella paccottiglia etno nazionalista”. Per lei la cosiddetta guerra jugoslava è stata una battaglia fascista per stabilire nuovi confini, e i vincitori uomini assetati di potere, mafiosi, criminali e approfittatori. Tudjman, aggiunge, era un cattivo storico: “Voleva cancellare il passato, tagliar via 50 anni di storia della Jugoslavia e incollare così il 1991, l’anno dell’indipendenza croata, al 1941, quando la Croazia era uno Stato fantoccio del nazismo”. Fu stupita dalla rapidità con cui ci si prestava alla censura. “C’era un clima di isteria e di menzogna, che spingeva la gente a odiare. I miei colleghi scrittori rinnegavano la loro storia. Ma che senso ha spazzar via metà della propria vita solo perché una banda di criminali fa una guerra separatista? Quando uno arriva al potere, cancella gli altri. Non è da intellettuali distruggere tutto quel che è dietro di te”. Una delle vittime è stata la lingua. Il serbo- croato è stato “separato in croato, serbo e bosniaco, cosa tragica per chi parla una lingua divisa, torturata”. Quando fu costretta a richiedere il passaporto croato, alla voce “origini etniche” la Ugresic scrisse “nessuna”. Dopo aver visto la Seconda guerra mondiale, quando i croati e i serbi si uccidevano, dice, “la gente accettava l’essere jugoslavi come una sorta di liberazione, soprattutto in Bosnia. Non voleva sapere di dove si fosse”. Dà in parte la colpa alla politica dell’Unione europea per il fatto che si debba scegliere. “Quando la Jugoslavia si è disintegrata, c’erano più jugoslavi che sloveni, ma l’Ue non li accettava. Hanno perso terreno e non sono mai stati riconosciuti. Si sente solo parlare della lotta tra croati e serbi, ma non si è dato ascolto a chi non voleva essere né l’uno né l’altro”. Per lei la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo dalla Serbia è comprensibile come reazione “all’arroganza sciovinista” di Belgrado, ma non crede alla retorica nazionalista, da qualsiasi parte provenga. La Ugresic ha ora la cittadinanza olandese, ma scrive ancora in croato, non perché pensi che la madrelingua sia sacra, ma perché è la lingua in cui si esprime meglio. Non più considerata una nemica, “viene tranquillamente pubblicata” a Zagabria e Belgrado. “So di avere là dei lettori fedeli”, dice, ma anche se le ostilità nei suoi confronti si sono affievolite, “tutti quelli che mi hanno considerata una traditrice sono ancora al loro posto”» (Maya Jaffi, “Corriere della Sera” 26/3/2008) • Vedi anche Simonetta Fiori, “la Repubblica” 28/1/2006.