Varie, 23 dicembre 2011
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Steele Barbara
• Birkenhead (Gran Bretagna) 29 dicembre 1937. Attrice • «[...] la grande dark lady dell’horror [...] “Avevo fatto dei piccoli film in Inghilterra, dove sono nata. Così mi avevano scattato delle foto per Life e Mario Bava, che stava preparando La maschera del demonio, ha visto quegli scatti e mi ha chiesto di fare il film. Ancora prima di incontrarlo. Sono arrivata a Roma così. Una vergine, praticamente! E ho girato La maschera del demonio tra il 1959 e il 1960 [...] Tutte le persone che avevano la fortuna di vivere a Roma allora la vedevano come un miracolo. Aperta, ottimista, questa era l’aria che si respirava dopo la guerra. Roma viveva un momento molto creativo. Era come una grande festa. Tu frequentavi non solo il mondo del cinema, ma anche quello della cultura romana del tempo… Mi piacevano molto i pittori, gli scrittori, anche i registi. Era tutta una gran mescolanza. Avevo stretto una grande amicizia con Elisabetta Catalano, Alberto Moravia, Lucio Manisco, Fabio Mauri, poi i pittori, Mario Schifano e Franco Angeli… [...] Io pensavo: sarà una specie di karma… Perché devo fare sempre questi ruoli così diabolici, mostrare un aspetto così crudele, dark, negativo, quando dall’altra parte io vivevo una Roma così generosa, così bella. Belli gli uomini, belle le donne. E si mangiava bene… Io sono inglese, e in quel tempo la mia terra era molto repressa. Per le persone nordiche come me venire a Roma era una specie di shock [...] Mario Bava? [...] aveva [...] un grande occhio, una sensibilità visiva molto profonda. Non ha avuto un grande contatto con gli attori. Anche perché era una persona molto privata, triste, molto civile. Le sue emozioni erano tutte interne. [...] Riccardo Freda era un pazzo, pieno di energia, sempre arrabbiato. [...] Antonio Margheriti [...] era bravissimo nelle cose tecniche. In questo non era molto italiano. La cosa bella con gli italiani in generale è il contatto con le persone... Federico Fellini, invece, era molto diverso… Fellini era passione, intuizione, tutto… Mi telefonava in mezzo alla notte, mentre pioveva. ‘Vieni, vieni, facciamo una camminata sull’Appia Antica…’. “Ma tu sei pazzo, io sto dormendo…’. «Ma no, è bellissimo ’. ‘Ma come si fa? Piove…’. ‘Barbarina, io ho gli ombrellini…’ [...] Lui adorava guardare le donne della notte… [...] Facevo un film a settimana… Allora però l’horror era bello perché c’era una spazio maggiore, tempi più dilatati, oggi è tutto così frenetico, non hai un momento per respirare. C’era lo spazio per progettare il terrore. Non la frenesia di oggi, Ma allora avevamo un piede in un altro secolo. [...]”» (Marco Giusti, “il manifesto” 9/7/2009).