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 2011  ottobre 07 Venerdì calendario

L´assegnazione del Premio Nobel allo svedese Tomas Tranströmer avrà probabilmente sorpreso molti lettori

L´assegnazione del Premio Nobel allo svedese Tomas Tranströmer avrà probabilmente sorpreso molti lettori. Il primo motivo di stupore sarà stato ovviamente costituito dalla scelta del genere letterario. Consacrare ai massimi livelli di notorietà un poeta, significa infatti operare una mossa importante e a suo modo rischiosa, che consiste nel presentare su scala mondiale l´opera di un autore di solito conosciuto soltanto da un ristretto numero di persone. Tranne rare eccezioni, il destino editoriale dei versi è sempre tristemente uguale: basse tirature, target ridotto, un limitato bacino d´utenza (per attenersi al linguaggio tanto amato dal marketing), ma in compenso molte letture pubbliche, viaggi, presenze in rete e traduzioni nell´universo catacombale degli iniziati. Rivolgendosi a Tranströmer, Stoccolma ha così votato il più stimato poeta dei paesi scandinavi, un nome noto alla critica ormai da decenni e universalmente riconosciuto tra i più significativi della sua generazione. «Attraverso le sue immagini dense e limpide ha offerto un nuovo accesso alla realtà», è stata la motivazione che ha accompagnato il verdetto. Certo, chiunque pensi alla cupa e macabra Svezia di Stieg Larsson e della sua trilogia Millennium, non vedrà di buon occhio questo intruso: d´altra parte è anche comprensibile che i giurati abbiano voluto mostrare come la loro letteratura nazionale non si limiti al "noir". Ma uno dei grandi meriti del Nobel è proprio quello di mettere sotto la luce dei riflettori figure del tutto sconosciute al grande pubblico, con esiti talvolta sorprendenti (vedi l´enorme successo riscosso dalla polacca Wislawa Szimborska, premiata, ultima fra i poeti, nel ´96 e fino ad allora pressoché ignorata). Il primo segnale forte riguarda dunque la volontà di premiare la qualità a scapito del mercato, con buona pace di chi ama i bestseller e le classifiche delle vendite. La seconda decisione, naturalmente, ha invece a che vedere con la patria del vincitore. Il fatto che la Svezia premi se stessa, potrebbe forse essere visto come la conseguenza di un tipico "male italiano": possibile che anche i severi e probi membri della Reale Accademia siano caduti in un bieco conflitto d´interesse? Siamo arrivati a tanto? Contagiamo l´Europa? Niente di più sbagliato, perché Tranströmer, oltre ad essere il maestro riconosciuto di molti di quei membri, è ormai da tempo indicato, lo si è detto, come la voce letteraria più originale del suo paese. Quanto ad aver eletto un compatriota, direi che è l´ultima delle accuse che si possano rivolgere alla giuria di Stoccolma, visto che in oltre un secolo di vita, questo è la sesta volta che degli svedesi sono insigniti del Nobel per la letteratura, dopo una romanziera (Selma Lagerlöf, 1901), un poeta e narratore (Verner von Heidenstam, 1916), un poeta (Erik Karlsfeldt, 1931), un romanziere (Pär Lagerkvist, 1951) e una coppia di scrittori vincitori ex aequo (Harry Martinson e Eyvind Johnson, 1974). Insomma, dopo trent´anni gli ospiti avranno pur diritto di gettare uno sguardo in casa propria. Ma veniamo a Tranströmer. Nato nella capitale nel 1931, si laurea in psicologia, nel 1956, lavorando prima in un istituto per minorenni disadattati, poi con disabili, carcerati e tossicodipendenti. Esordisce in poesia negli anni Cinquanta, con alcune liriche composte addirittura all´età di tredici anni. Pubblica in seguito una decina di raccolte che ricevono i più prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali (tra gli altri il Premio Internazionale Neustadt per la Letteratura, il Bonner Award for Poetry, il Germany´s Petrarch Prize, il Bellman Prize, lo Swedish Academy´s Nordic Prize, e l´August Prize), finché nel 1990 viene colpito da un ictus. Continuerà a scrivere, ma da quel momento, segnato nella fonazione, si dedicherà sempre più alla musica, benché costretto a suonare il pianoforte solamente con la mano sinistra (e il ricordo va al celebre concerto "per la mano sinistra" dedicato da Maurice Ravel al pianista austriaco Paul Wittgenstein, mutilato in guerra e fratello del filosofo Ludwig). L´opera di Tranströmer è stata tradotta in circa cinquanta lingue, negli Usa dal grande poeta Robert Bly, con cui l´autore intrattenne una ricca corrispondenza edita con il titolo Air mail. In italiano, oltre a una scelta di testi comparsi nella Antologia della poesia svedese contemporanea, a cura di a cura di Helena Sanson e Edoardo Zuccato (Crocetti 1996), Maria Cristina Lombardi ha presentato nel 2001 Poesia dal silenzio, sempre da Crocetti, presso il quale uscirà nelle prossime settimane un nuovo libro di "haiku", Il grande mistero. Nel 2004 il poeta ha ottenuto il Premio internazionale Nonino. Secondo Daniela Marcheschi (che nel 2005 tradusse alcune sue liriche per l´Almanacco dello Specchio Mondadori), Tranströmer ha tra i suoi maestri Orazio da un lato, Mallarmé dall´altro. Certo è che la metafora gioca un ruolo importante nella sua scrittura, con un potente effetto di sorpresa, come si vede ad esempio in Verso casa: «Una telefonata traboccava nella notte e brillava in campagna e nei sobborghi. / Dopo ho dormito male nel letto dell´albergo. / Assomigliavo all´ago di una bussola che il corridore di orienteering porta per il bosco con il cuore che batte». Ultima nota a margine. Il Nobel ad un poeta, fortunatamente, allontana l´insensata pretesa che le parole di una canzone possano valere senza la musica, quella musica che sola le sostiene, le accompagna, le nutre, le dilata e senza la quale esse sono destinate a perdere il loro intero pregio espressivo. Bob Dylan si accontenti dei milioni di fan: non credo sia poco. Ma lasci stare la poesia, un´arte nuda, estrema, spoglia, povera, un´arte senza protesi di sorta, e con la quale non ha mai avuto nulla a che spartire. COMMENTO DI PAOLO MAURI Ogni volta che il Nobel tocca a qualcuno poco noto, o noto solo in cerchie ristrette, subito si infittisce il coro degli "indignados": ma chi è?, perché danno il Nobel a uno che non conosco? Quando il premio toccò a Herta Müller, nel 2009, molti giudicarono, senza averla letta, che si trattava di un azzardo, ma Claudio Magris aveva già visto in lei una scrittrice molto efficace. Ora è indubbio che il Nobel sia andato, nel tempo, a scrittori per i quali un premio del genere era decisamente fuori misura e restando ai tempi più recenti si può fare il nome di Camilo José Cela (Nobel nel 1989) il cui eclettismo suscita forse più stupore che ammirazione e quello di Jean-Marie G. Le Clézio, che è sostanzialmente un Nobel, del 2008, passato sotto silenzio. Bisogna aggiungere che sono molti, invece, i casi in cui grazie al Nobel un autore ai più sconosciuto, è diventato una scoperta. Per pochi? Per molti? Non sempre il Nobel dà la popolarità, ma questo non vuol dire che sia toccato alla persona sbagliata. Claude Simon, il raffinatissimo narratore della Strada delle Fiandre che molto piaceva a Italo Calvino, ebbe il premio nel 1985, ma, almeno da noi, è sempre rimasto un autore di nicchia, così come il poeta irlandese Seamus Heaney che il Premio lo ebbe esattamente dieci anni dopo. Diverso è stato il caso di Wislawa Szymborska. Quando, nel ´96, fu annunciato il suo nome pochi da noi sapevano chi fosse, e tra i pochi metto Pietro Marchesani, docente di letteratura polacca e suo traduttore e Vanni Scheiwiller suo editore. Dopo i soliti mugugni sul cattivo gusto di premiare qualcuno molto meno noto di Philip Roth, la sua poesia è letteralmente esplosa e il suo editore di riferimento in Italia è diventato Adelphi. La invitarono a Torino per inaugurare un´edizione del Salone del Libro e la portarono a mangiare in collina, ma in un ristorante che rimase aperto solo per lei. Ne fu quasi turbata e ai suoi ospiti che dicevano di volerla difendere dalla curiosità della gente, rispose candida: ma a me piace la gente! Tra gli amici più cari della Szymborska figurava Czeslaw Milosz, che il Nobel lo ebbe nel 1980. Anche lui era un poeta squisito, oltre che raffinatissimo scrittore in prosa. Nell´era del trionfo del romanzo, il Nobel fa bene a premiare anche i poeti. Ci ricorda che la letteratura prende molte strade e che la qualità non sempre va d´accordo con la quantità. A Borges chiedevano sempre: ma perché non le danno il Nobel? E lui, sornione: sono convinti di avermelo già dato.