Alberto Anile, Tv Sorrisi e Canzoni, n. 34, dal 20 al 26/08/2001, pp. 50-51, 26 agosto 2001
Totò dalla A alla Z (da Sorrisi e Canzoni)
dalla A alla Z
«Non sto tanto bene, ma lavoro lo stesso, sennò mi sentirei inutile. Se mi togliete questa gioia che cosa mi resta nella vita? Io ho 69 anni, perbacco». È l’ultima intervista: una settimana dopo, il 15 aprile 1967, Antonio de Curtis in arte Totò, il principe dei cornici, se n’era già andato. Sorrisi lo ricorda con un’iniziativa speciale, il dvd di «Totò, Peppino e la malafemmina» e di altri 49 film. E con questo dizionario di curiosità e battute, un «AlfabeTotò» dalla A alla Z.
Avanguardia. Comico popolare, certo, ma diverso da tutti gli altri. Perché dietro il Pulcinella affamato e seduttore c’è un attore speciale, che sapeva disarticolare il colpo e rompere il linguaggio, come i futuristi e i cubisti.
Battute. Difficile scegliere: «La donna è mobile e io mi sento mobiliere», «Parli come badi», «Volere è potere, volare è potare», «Sono un uomo della foresta, sono forestiero». Ma pure certi modi di dire burocratici o arcaici («A prescindere», «Eziandio», «Quisquilie»).
Censura. È di Totò uno dei film più censurati del cinema italiano: «Totò e Carolina» di Monicelli, accusato di offendere la morale e la polizia.
De Filippo. Peppino, ma anche Eduardo e Titina. Totò ne fu amico fin dall’infanzia e fece film con tutti e tre.
Esperimenti. Sfruttando la sua fama il cinema italiano lo usò come cavia per il primo film a colori («Totò a colori») e il primo in 3D («Il più comico spettacolo del mondo»).
Franca Faldini. Bella, intelligente, paziente. È stata accanto a Totò per 15 anni, occasionalmente sul set («Totò e le donne»), nella vita fino alla fine.
Generosità. Sfrenata. A casa venivano spesso questuanti, e lui non negava niente a nessuno. Sul set, l’ultimo giorno di lavorazione, faceva sempre regali a tecnici e comparse.
H. «Una parola che incomincia con acca? Accavallo» (da «Totò e i re di Roma»).
Improvvisazione. Una leggenda. In realtà Totò studiava il copione e inventava moltissimo durante le prove. Spiazzava tutti cambiando tono o aggiungendo una parola, spesso non rivelando le aggiunte a regista e attori.
Jolly. Da trent’anni Totò è la risorsa segreta della tv, soprattutto estiva (la settimana prima di Ferragosto, tra canali in chiaro e satellite, sono andati in onda 11 suoi film). Tappabuchi dei palinsesti, è utilizzato intero o a pezzi, per coprire il pomeriggio o rivitalizzare con uno sketch la prima serata.
Liliana. Il nome dell’unica figlia, avuta dalla moglie Diana, viene da quello della genovese Liliana Castagnola, una diva del café chantant per la quale diversi uomini si sfidarono a duello. Innamorata di Totò ma respinta, Liliana si uccise con i sonniferi; l’attore la volle nella cappella di famiglia.
Macabro. «Sono morto oggi, sono un morto di giornata» («Totò all’inferno»). Nessuno come Totò ha saputo giocare con la morte; alla «nera signora» ha anche dedicato la sua poesia più celebre, «’A livella».
Napoli. «Sono parte-nopeo e parte napoletano». Abitava a Roma per fare il cinema, ma il suo cuore è sempre rimasto a Napoli (era del rione Sanità), dov’è venerato come un santo.
Occhi. «Da un occhio ci vedo male, sono preside» («Totò cerca moglie»). Affetto da corioretinite, Totò aveva davvero problemi di vista: negli ultimi 10 anni era quasi del tutto cieco.
Principe. Figlio di N.N. (lo crebbe la madre Anna Clemente), Antonio venne riconosciuto a 30 anni dal marchese de Curtis, e passò la vita a ricostruire l’albero genealogico, fino a scoprirsi Altezza Imperiale e Principe di Bisanzio. Al cinema ci scherzava sopra: «Noblesse oblige: la nobiltà è obbligatoria» («47 morto che parla»).
Qualità dei suoi film: la critica del tempo in genere la riteneva mediocre. Girò poche volte con grandi registi (De Sica, Pasolini, Rossellini) ma i risultati migliori sono nelle pellicole meno impegnate.
Risata. Non solo faceva ridere, ma riusciva a far ridere come voleva lui. A teatro accettava scommesse: «Posso far ridere il pubblico con la A, con la I o con la U». E sul palcoscenico vinceva regolarmente: la risata della platea usciva con la vocale prevista.
Sanremo. C’è passato anche lui, come autore e come presidente di giuria. Ha composto una cinquantina di canzoni («Malafemmena» oggi è un classico internazionale) ma nei film si prendeva in giro: «Mi piace la moseca, quella con la O maiuscola» («Rita, la figlia americana»).
Teatro. Il suo vero amore, lasciato per la malattia agli occhi. Chi l’ha visto sul palcoscenico giura che fosse anche migliore che nei film.
Uomo. Di mondo, ovviamente, dopo tre anni di militare a Cuneo (ma è stato anche monaco di mondo, nel «Monaco di Monza»). Il suo opposto? L’odiato caporale.
Votantonio. «Italiani! Ricordatevi un nome solo, Antonio La Trippa» («Gli onorevoli»). Nella vita votava per il partito nazionale monarchico.
Wagon-lit. E’ lo sketch più celebre, quello con l’onorevole Cosimo Trombetta. Nella prima tournée teatrale, nelle prime rappresentazioni durava 10 minuti, nelle ultime arrivò a 45; è stato ripreso in «Totò a colori».
Yacht. Ne aveva uno anche lui, 1’Alcor: Ma negli spostamenti, per paura delle onde, lo seguiva in auto lungo la costa.
Zotico e ignorante, ma solo sul set. A casa era un uomo elegante che non raccontava mai barzellette.