Alberto Piccinini, il manifesto 19/7/2001, 19 luglio 2001
CORSIVI
Quando un editore di giornali si trova di fronte tutti questi direttori in una stanza, di solito significa una cosa soltanto: una richiesta di aumento di stipendio. Ma, mentre sono davanti a questo gruppo di stimatissimi direttori, mi viene in mente una cosa che Mark Twain scrisse un giorno ad un amico: «Quanto spesso abbiamo ricordato, con rammarico, che Napoleone una volta sparò al direttore di una rivista e lo mancò e al suo pósto uccise l’editore... Pazienza, le sue intenzioni erano buone».
Signore e signori, sono venuto qui oggi con le migliori intenzioni. Voglio parlare di un argomento che è vicino e caro a tutti voi: il ruolo dei giornali nell’era digitale. Non passa giorno senza un qualche allarme sul fatto che le nuove tecnologie stanno velocemente scavando la tomba ai giornali. Eppure, come industria, molti di noi hanno mantenuto un atteggiamento passivo. Certamente, io non ho fatto quanto avrei dovuto dopo l’eccItazione dei tardi anni ’90. Sospetto che molti in questa stanza hanno fatto lo stesso, sperando che questa cosa chiamata rivoluzione digitale sparisse com’era arrivata. Bene, non è andata così. E non andrà così. È una realtà che si sta sviluppando velocemente, che dovremmo afferrare come una grande opportunità per migliorare il nostro giornalismo e espandere i nostri obiettivi
(Rupert Murdoch, discorso all’American Society of Newspaper Editors; 13 aprile 2005).