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 2011  giugno 22 Mercoledì calendario

IN IRAN È GUERRA TRA FALCHI E FALCHISSIMI PER PETROLIO, SOLDI E ATOMICA

Roma. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, da mesi è messo sotto accusa dal Parlamento che spara contro le sue nomine nell’esecutivo, ricevendo in cambio dalla presidenza della Repubblica attacchi di pari intensità. E’ in atto a Teheran un regolamento di conti interno alla componente oltranzista del regime, con l’obiettivo di conquistare il controllo di snodi fondamentali dei “poteri forti” che controllano il paese: la politica petrolifera, la politica estera, le fondazioni e le holding dei pasdaran. All’orizzonte ci sono le prossime elezioni politiche (2012) e presidenziali (2013), ma soprattutto la successione alla Guida della Rivoluzione, l’ayatollah Ali Khamenei, garante degli equilibri tra gli oltranzisti, e da tempo gravemente malato. Una volta che Khamenei sarà scomparso, si assisterà a uno scontro violento tra le componenti oltranziste del regime per la successione, ma non ci si troverà nella stessa situazione del 1988, quando, alla morte di Khomeini, Akbar Hashemi Rafsanjani riuscì a imporre con un colpo di mano un Khamenei che non era neppure ayatollah. Nessun ayatollah pare oggi godere di prestigio e soprattutto di rispetto sufficiente (neanche tra gli oltranzisti) per ambire a diventare Guida Suprema, Rahbar.
L’obiettivo strategico oggi è dunque controllare l’istituzione collegiale, il Consiglio composto dal presidente, dal procuratore generale e da un giureconsulto indicato dal Consiglio dei Guardiani, che la Costituzione prevede in questo caso. Da qui nasce lo scontro procedurale che coinvolge ogni nomina di Ahmadinejad. Ieri il viceministro degli Esteri per gli affari finanziari, Sharif Malekzadeh, uomo di fiducia di Rahim Mashai, fidato consigliere di Ahmadinejad (suo consuocero e suo probabile candidato alle presidenziali) è stato costretto alle dimissioni, dopo che 33 parlamentari hanno aperto la procedura di impeachment contro il ministro degli Esteri Salehi (imposto da Ahmadinejad, che aveva dimissionato il predecessore Mottaki), appunto per avere nominato Malekzadeh “senza prestare attenzione al suo problematico passato” (o presente). Sempre ieri il Parlamento ha negato la fiducia al nuovo ministro dello Sport, Hamid Sajjadi, anche lui scelto da Ahmadinejad. E’ la risposta all’attacco sferrato giorni fa da Ahmadinejad contro il ministro dell’Intelligence, Heydar Moslehi, da lui costretto alle dimissioni ad aprile, ma che subito Khamenei aveva reintegrato nel dicastero. Il presidente ha tolto a Moslehi la delega per partecipare al Consiglio per il denaro e il credito, organo che decide sulle questioni economiche.

Tra sanzioni e “welfare islamico”
Queste mosse fanno comprendere la natura dello scontro che contrappone Ahmadinejad a Khamenei al “blocco centrista” capeggiato da Ali Larijani, ma che spacca anche il comando dei pasdaran e che vede il loro comandante, Ali Jaafari, schierato contro Ahmadinejad, che significa una sfida nel controllo dell’apparato industrial-militare (come veniva definito in Unione sovietica) dell’Iran. Le cariche di Moslehi e di Malekzadeh danno infatti diritto a essere membri del Consiglio per il denaro e il credito, istituzione fondamentale nella supervisione dell’immenso potere economico delle Bonyad (le fondazioni che veicolano larga parte del “welfare islamico” dell’Iran) e dei pasdaran. Questo corpo (125 mila uomini) somma al suo potere militare, sovraordinato alle Forze armate, una penetrazione capillare in tutti gli asset portanti dell’economia iraniana, sì che un report della Rand Corporation del 2009 lo definiva “un ricco conglomerato socio-politico-economico, la cui influenza si estende praticamente a ogni angolo della vita politica e della società iraniana”. Nel complesso, i pasdaran controllano una rete di aziende e fondazioni con entrate annuali stimate in 12 miliardi di dollari. L’asset più importante sotto il profilo economico (la telefonia mobile, i tunnel sotterranei per le centrali atomiche, la ricerca universitaria e l’industria militare e atomica hanno un rilievo più strategico che economico) è il Comando costruzioni Khatam Ol Anbia, che monopolizza tutti gli appalti per le infrastrutture. Attraverso la pratica dei subappalti, i pasdaran non soltanto lucrano consistenti finanziamenti in nero, ma si garantiscono anche il controllo di tutte le imprese di costruzioni private del paese.
Il Tesoro americano a febbraio ha colpito con sanzioni mirate proprio il generale dei pasdaran Rostam Qasemi, che dirige per l’appunto il Comando costruzioni e che, secondo gli Stati Uniti, “accumula fondi che finanziano una ampia gamma di attività illecite dei pasdaran, inclusa la proliferazione di armi di distruzione di massa e il sostegno al terrorismo”.