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 2011  giugno 25 Sabato calendario

Il mondo si vede solo senza cartina (2 articoli) - E se avessimo sbagliato? Se le guide, le mappe, i Gps fossero l’espressione di una tremenda ansia di controllo? Nell’era del tutto organizzato, una filosofa della pigrizia (Kathrin Passig, giornalista e blogger berlinese) e un signore con la testa per aria (Aleks Scholz, che studia la nascita e lo sviluppo delle stelle e dei pianeti a Dublino), rilanciano il vagabondaggio

Il mondo si vede solo senza cartina (2 articoli) - E se avessimo sbagliato? Se le guide, le mappe, i Gps fossero l’espressione di una tremenda ansia di controllo? Nell’era del tutto organizzato, una filosofa della pigrizia (Kathrin Passig, giornalista e blogger berlinese) e un signore con la testa per aria (Aleks Scholz, che studia la nascita e lo sviluppo delle stelle e dei pianeti a Dublino), rilanciano il vagabondaggio. A Londra, in Scozia, alle cascate del Niagara, ma in teoria dove volete, anche se ci sono posti migliori di altri. I boschi scandinavi. L’Alaska. La Groenlandia. Nella loro antiguida («Perdersi m’è dolce», Feltrinelli, pp. 217, 14,50 euro) confessano di essersi felicemente smarriti circa dodici volte tra le Highlands, in Canada e in Cile, una volta alle Hawaii, a Dublino e all’aeroporto di Atlanta. Ed elencano una serie di ragioni sensate per imitarli. 1) Perdersi fa risparmiare tempo: «Da una formula calcolata empiricamente, risulta che per raggiungere il Big Ben dall’aeroporto di Londra, senza una cartina, ci vuole un tempo sei volte maggiore. Ma prima del Big Ben vi imbattete per caso in tutti i monumenti della città, e la prossima volta saprete perfettamente dove andare». 2) Perdersi fa risparmiare anche soldi: «Vivere avventure vere è molto costoso. Per un viaggiatore senza mappa, invece, ogni zona è una terra sconosciuta, dal Polesine alla Costa Brava». 3) Perdersi fa vacanza. «Per come viene preparata ed eseguita oggi, la vacanza somiglia più a un’operazione militare che a un viaggio di piacere». Vero. Ci sono fior di studi sulla paura del vuoto che costringe i turisti a vedere in un giorno cinque chiese, quattro musei, due mercati e tutti i negozi che s’incontrano sul percorso. 4) Chi si perde vive più a lungo: «Nelle scuole di arti marziali, i maestri insegnano a cadere. Nella vita bisogna provare il disorientamento per evitare il panico quando una delle nostre tecno-protesi dà forfait». 5) Chi si perde scopre il mondo. Gli schiavi della cartina «passano metà del tempo a guardare i fogli e a cercare di interpretarli. Intanto, gli altri, quelli senza mappa, vedono il doppio degli animali strani, dei castelli in rovina, dei laghi di montagna». Insomma, rivalutiamo l’«Odissea», bibbia dei vagabondi. Il suo equivalente moderno potrebbe essere il Latourex, Laboratorio di turismo sperimentale, con i suoi specialissimi itinerari. La «Spedizione sul K2» è l’esplorazione del riquadro K2 della cartina di qualsiasi città e nel «Viaggio a Intermittenza» si gira una volta a destra e una sinistra, finché un fiume o un grattacielo (un canale, a Venezia e ad Amsterdam) non sbarrano il passo. Anche andare a zonzo richiede una tecnica: prendere una strada qualunque, tirare dritto, seguire il cane, muoversi in branco... Sbagliando, non sempre arriviamo dove avremmo desiderato, ma il gusto dell’esplorazione ha un suo valore. E anche l’imprevisto. Il Viagra è nato per curare l’angina pectoris, Antoine Henri Becquerel ha scoperto la radioattività mentre studiava la fosforescenza, e Cristoforo Colombo era sicurissimo della sua rotta verso le Indie. È consolante, soprattutto per chi si perde senza volerlo. ROSELINA SALEMI *** Oggi sei italiani su dieci sono “turisti fai-da-te” - Una volta, vent’anni fa, li bollavano «turisti fai-da-te», in tono dispregiativo. Oggi i viaggiatori agenti di sé stessi fanno tendenza. Ormai il 60% degli italiani si organizza le vacanze senza passare dall’agenzia di viaggio. Sono chiamati «independent traveller» o «global nomad»: turisti autonomi nell’era della globalizzazione, dove ormai basta Internet e la carta di credito per prenotarsi un viaggio. I siti più gettonati sono expedia, volagratis, lastminute, booking, hotels, atràpalo. Si clicca e si parte, e non si pagano neppure le commissioni di agenzia. Nell’epoca del web 3.0 in cui tutto si fa online - acquisti, investimenti, persino amicizie - anche il turismo non poteva che reinventarsi in modo virtuale. «In sette anni il fatturato dei tour operator tradizionali si è dimezzato - osserva Fabio Cannavale, fondatore del portale volagratis.it del gruppo Bravofly -: dagli 8 miliardi del 2004, oggi il mercato ne vale 4, meno 20% solo nell’ultimo anno, mentre noi online abbiamo guadagnato un 20%». Tre dei primi sei colossi del turismo (Ventaglio, Eurotravel e Teorema) sono falliti e anche le previsioni per il 2011 non sono rosee. La crisi economica e i focolai di guerra nel Mediterraneo non aiutano di certo. Nonostante la crisi, però, la voglia di viaggiare è rimasta immutata. Gli ultimi dati Istat lo confermano: a fronte di una flessione dei viaggi brevi e di lavoro (-18%), le classiche vacanze di una settimana e più sono stabili mentre aumentano, e molto, quelle prenotati via web (+11.5%). Specie i voli: quasi due su cinque, ormai, si acquista con il mouse. «Segno - aveva osservato il presidente di Alpitour, Daniel Winteler, alla presentazione del portale alpitourworld.com - che la disponibilità a viaggiare c’è sempre: la sfida è saper interpretare le esigenze dei consumatori e rendere l’offerta sempre più flessibile e al passo coi tempi, anche tramite Internet». I tour operator tradizionali boccheggiano, e per sopravvivere si sono dovuti specializzare nella consulenza e nei viaggi tematici: di nozze, di lusso, sportivi, per il benessere. Le agenzie online invece scoppiano di clic. La calamita è sempre il «last minute» e il «low cost» ma l’ultima frontiera sono i portali turistici con la vocazione «social»: cioè guide per prenotare i migliori hotel di tutto il mondo e allo stesso tempo club di viaggiatori moderni ed esigenti. Cheap and chic. «Noi siamo una community privata di gente di tutto il mondo con la mente aperta e internazionale» si legge nella home-page di asmallworld.net. Lo stesso concetto che accomuna tablethotels.it, splendia.com o lhw.com: siti di alberghi suggestivi alle migliori tariffe dove i moderni nomadi metropolitani prenotano viaggi ma si ritrovano anche per scambiare opinioni, condividere impressioni su musica, cibo, libri. Proprio come su Facebook. Naturalmente, con vantaggi esclusivi per gli iscritti. Il francese Laurent Vernhes, 46enne fondatore di Tablet Hotels, è stato folgorato sulla via degli alberghi più particolari del mondo («I migliori in assoluto sono in Asia») dopo aver vissuto in sette nazioni diverse e averne visitate un’ottantina. «A differenza delle altre - dice - la nostra non è una semplice guida con hotel classificati secondo il prezzo o le stellette: le strutture segnalate non sono solo begli alberghi in cui dormire ma postiche esprimono allo stesso tempo uno stile di vita. Sono boutique hotel di carattere, posti unici e originali per design, architettura, atmosfera. Luoghi esclusivi in cui vivere un’esperienza». E non per forza di lusso. MAX CASSANI