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 2011  giugno 26 Domenica calendario

Cecchetto non si ferma mai “Voglio registrare Internet” - Sono stato in televisione per 25 sabati sera nell’ultimo anno, non ho esattamente abbandonato le scene», fa notare Claudio Cecchetto con il sorriso di chi sa bene quanto conti, per uno come lui, far parte della giuria di «Ti lascio una canzone» e «Io canto», programmi in cui i ragazzini interpretano vecchi successi della canzone italiana: nulla, o quasi

Cecchetto non si ferma mai “Voglio registrare Internet” - Sono stato in televisione per 25 sabati sera nell’ultimo anno, non ho esattamente abbandonato le scene», fa notare Claudio Cecchetto con il sorriso di chi sa bene quanto conti, per uno come lui, far parte della giuria di «Ti lascio una canzone» e «Io canto», programmi in cui i ragazzini interpretano vecchi successi della canzone italiana: nulla, o quasi. Soprattutto se si ha condotto per tre volte il Festival di Sanremo, fondato due radio che sono diventati circuiti nazionali, lanciato Jovanotti, Fiorello, Max Pezzali, Fabio Volo, Gerri Scotti, Sabrina Salerno, Kay Rush, Amadeus, Linus, Francesco Facchinetti. Di più: colonizzato per trent’anni il gusto pop nazionale, dal «Gioca Jouer» ai Finley, premiati nel 2006 con un Mtv Europe Music Award che Cecchetto tiene giustamente al centro della sua nuova scrivania. «Il fatto è che sono un costruttore. A un certo punto, devo fare posto agli amministratori. Quando le mie idee diventano macchine potenti, quando il fatturato diventa la massima ambizione, io non sono la persona giusta. La mia ambizione è sempre stata del tutto diversa: a me piace cambiare. Mi sento un artista, da intendere con la A minuscola: la mia ambizione è cambiare il mondo, migliorarlo, renderlo più divertente. E per quanto abbia fondato e diretto radio, case discografiche e di produzione, non ho mai fatto un business plan in vita mia». A 59 anni, Claudio Cecchetto è quello di sempre. Basta sedergli di fronte e chiedergli di parlare di sé e di ciò che vede di fronte a sé per finire travolti da un diluvio di storie, progetti, considerazioni, ragionamenti: «Quando hai figli, una famiglia, le prospettive cambiano. Ora l’artista che c’è in me può anche pensare di migliorare il mondo attraverso i propri figli. Non è grandioso, crescere un figlio e vedergli fare qualcosa di bello?» «Leonardo, il più piccolo, 11 anni, suona la batteria, Jody, il più grande, 17, le tastiere, e canta: abbiamo un piccolo studio di registrazione, in casa, oggi uno dei miei impegni è seguire i miei ragazzi nella loro educazione musicale. Se poi vorranno fare gli ingegneri coltivando la passione della musica, avrò vinto lo stesso: a 17 anni è giusto vivere di passioni». Sembra di vederlo, il diciassettenne Claudio Cecchetto che si appassiona alla musica e sogna - con la forza assoluta di chi può solo sognare - che la musica un giorno sarà tutta la sua vita. «Era la fine degli anni Sessanta, alla radio nazionale c’erano tre o quattro trasmissioni musicali, che io ascoltavo religiosamente, senza perdere una puntata, mentre i miei guardavano la tv. Nella stessa stanza, casa nostra non era molto grande. Mi piacevano gli americani, sognavo di lavorare in una casa discografica, scegliere le canzoni da lanciare sul mercato italiano. Volevo entrare a tutti i costi in quel mondo, anche come fattorino, ma poi un amico mi chiese di sostituirlo in un locale, di far ballare la gente tra un gruppo e l’altro». «Di lì finii nella discoteca più alla moda di Milano, il Divina, e di lì, passando per una serata per l’Enpa, l’ente della protezione animali, arrivai in tv. Quella sera mi venne a vedere Mike Bongiorno, gli piacqui, mi chiamò a Telemilano 58, quella che poi sarebbe diventata Canale 5, mi portò nella cantina del bar di Milano 2, mi disse di spostare con la mente le bottiglie e gli scatoloni, di immaginare lì uno studio televisivo». «In quella cantina condussi «Chewing Gum» per un anno e mezzo, poi la Rai mi chiamò a Roma per «Discoring» e Gianni Ravera a Sanremo per dare più ritmo al festival. Lo feci per tre anni, fu un’esperienza pazzesca. Ricordo che l’ultima sera del terzo festival non riuscivo a pensare ad altro che a questo: domani vado a Milano e apro la mia radio, Radio Deejay». Così fece, Radio Deejay aprì, fu un successo, da locale divenne nazionale, fino a essere la prima radio d’Italia, fino a quando il gioco divenne troppo grande. Cecchetto fu costretto a cercarsi un socio e poi a vendere la sua creatura. Era il 1994, due anni dopo avrebbe ceduto anche il network aperto nel frattempo, Radio Capital, ma ancora oggi si capisce che separarsi da Deejay è stato il trauma più forte della sua vita professionale, la sconfitta più dolorosa. «Berlusconi mi rimproverava sempre: “In tv ti diamo tanti soldi, e tu li butti tutti nella radio”. Ma io ero fatto così, non pensavo ad altro. Si cambia, ma mai del tutto: così, dopo aver fatto tv, radio, musica, sono proiettato su Internet. Da dieci anni ci penso, da due anni ci lavoro a tempo pieno: il mio nuovo progetto si chiama Memoring, proprio come Deejay una parola che suona inglese ma che in inglese non esiste». Che cosa sia Memoring è presto detto, anzi, Cecchetto lo dice in poche parole: «È il registratore di Internet. È uno strumento per memorizzare i siti, per conservare memoria di tutto quanto c’è di interessante nell’oceano di conoscenza che è la rete, e per comunicare, scambiare questa conoscenza. È un’idea che vuole essere ludica, come tutte le mie idee è stata pensata per divertire la gente». Questa volta l’idea si può vedere: «Su www.memoring.it si capisce facilmente come funziona e si intuiscono anche alcuni possibili sviluppi: per esempio c’è il “Memoring Times”, un giornale fatto aggregando alcuni siti di informazione registrati da noi e le prime pagine dei giornali online nel mondo esattamente un anno fa, oppuredue. Guardatelo, vi sorprenderà». I tempi cambiano, e oggi Cecchetto incontra difficoltà nuove: «La principale differenza con il passato è che, mentre per la radio e la musica non c’era interesse per quanto facevo io, e potevo agire indisturbato, su Internet sono partiti subito grandi investimenti, ci sono i grandi gruppi, mi chiedono tutti un business plan. Ma io - come dicevo - i business plan non li ho mai fatti, non come fare soldi con questa idea, so solo che dove c’è l’interesse, la passione della gente, lì, prima o poi, arrivano anche i soldi». E non è finita: «So anche che questa alla lunga si dimostrerà una strada vincente, so che mi piace stare a contatto con i ragazzi brillanti che ho coinvolto nel progetto, so bene come dice Max Pezzali, che presto aiuterò a festeggiare i vent’anni di carriera - che nella vita ci vuole molta fortuna e un pizzico di abilità, e sono certo che prima o poi la necessità di preservare la memoria di Internet si farà sentire. Oggi lavoro per il futuro. Come dico sempre a quelli che mi propongono candidature politiche o “discese in campo”: mi spiace, non mi interessa, non avete un giovane politico veramente bravo? Potrei dare buoni consigli».