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 2011  giugno 26 Domenica calendario

EUROPA OSTAGGIO DELLE REGOLE NON SCRITTE

Pare che Nicolas Sarkozy, al Consiglio europeo di Bruxelles venerdì scorso, abbia detto qualcosa del genere: «E’ mai possibile che debba risolvere io i problemi fra voi italiani?». A parte il fatto che è stata Parigi a creare il problema iniziale pretendendo di barattare il via libera alla nomina di Mario Draghi con un posto francese nel Comitato esecutivo della Banca centrale europea - mettere la cosa in questi termini è un po’ riduttivo.

Non si tratta solo dei noti pasticci italici, che naturalmente ci sono stati. Si tratta anche del fatto che la Banca centrale europea (Bce), unica istituzione realmente sovrannazionale creata dai governi dell’Ue negli ultimi quindici anni, riflette la tensione su cui è costruita l’Europa: gli Stati nazionali hanno delegato parte della loro sovranità a istituzioni comuni (la Commissione, la Corte di Giustizia, la Bce) ma diventa sempre più chiaro che non intendono perderne il controllo. Da vari anni a questa parte il pendolo del potere reale ha continuato a spostarsi verso il Consiglio europeo, dove siedono appunto i governi nazionali. E verso il Parlamento di Strasburgo. La Commissione non è diventata il governo dell’Unione, come speravano i federalisti; al contrario, ha perso forza. E perdendo forza ha perso anche autorevolezza. O forse è l’opposto, come dicono i critici del suo presidente José Manuel Barroso.

Il caso della Bce è ancora più delicato: perché la Banca centrale europea, costruita sul modello tedesco, è per definizione indipendente.
Nessun governo della zona euro mette in discussione questo principio. Al tempo stesso, le economie maggiori dell’Ue cercano di mantenere una «super-rappresentanza» attraverso meccanismi facili da intuire: per esempio, attraverso la tesi di Sarkozy che un francese, data la gravità della crisi dell’euro, debba per forza sedere nel Comitato esecutivo della Bce, composto da sei membri (i Paesi della zona euro sono 17, quindi solo un governo su tre potrebbe permettersi un ragionamento del genere).

Corollario scontato di questa regola non scritta alla francese è che due italiani non possano sedere assieme nel Comitato esecutivo. In realtà, non esiste alcuna regola scritta sulla nazionalità dei membri del Comitato esecutivo: proprio perché, per Statuto, non sono rappresentanti dei rispettivi governi ma sono membri indipendenti, che rispondono alle istituzioni europee. In quanto tali, siedono nel «Governing Council» della Bce assieme ai 17 governatori delle Banche centrali nazionali, fra cui il prossimo governatore della Banca d’Italia.

Uff, si dirà: che rompicapo, e che noia. Sì, ma bisogna fare uno sforzo per capire. Perché l’Europa funziona esattamente così, almeno per ora: funziona in base a intese fra governi che hanno ceduto parte della loro sovranità a Francoforte e Bruxelles; ma cercano di mantenere un’influenza. Ciò significa che le regole scritte sulla carta saranno sempre bilanciate da regole non scritte: da accordi informali fra i governi nazionali, che dopo tutto sono gli stakeholders dell’Europa, assieme ai suoi cittadini. In questo caso specifico, Sarkozy e Berlusconi - rendendo pubblico un accordo informale di per sé comprensibile - hanno fatto finta di dimenticarsi le regole scritte. Da parte sua, Lorenzo Bini Smaghi ha fatto finta di non sapere come funziona realmente l’Europa di oggi.

Si può trarre, da questo caso specifico, una conclusione abbastanza brutale: l’esistenza di regole scritte e non scritte, con le tensioni che ne derivano, è uno dei molti riflessi di un sistema di governo, quello dell’Europa, tutt’altro che ottimale. C’è chi dirà (la scuola «pragmatica» sull’Europa) che è l’unico sistema possibile, nelle condizioni date. C’è chi sostiene (gli euro-ottimisti) che l’Ue è in realtà un caso «unico», unico nel senso di migliore di altri. E c’è chi pensa (gli euro-scettici ma anche i federalisti, da poli opposti) che così non può più funzionare. Perché a furia di restare a metà - un’Unione fra Stati ma non una Federazione di Stati, un’unione monetaria ma non un’unione fiscale - l’Europa fallirà.

I prossimi mesi saranno decisivi: come risultato della crisi del debito in Europa, l’euro si spaccherà o l’Unione europea farà un passo in avanti. In passato, le crisi hanno spesso rafforzato l’Europa - e le sue regole, scritte e non scritte. Questa volta, vista la situazione della Grecia e i rischi di contagio, sembra difficile credervi. Ma la posta in gioco è molto più alta - per le singole economie e per la tenuta dell’Ue - di quanto sia mai stata da vari decenni a questa parte.