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 2011  giugno 25 Sabato calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 111 - UN DUELLO DEL CONTE

Se non sbaglio, Santa Rosa era ministro dell’Agricoltura e commercio. Chi fu nominato al suo posto?

Lei la sa troppo lunga.

Chi?

È mio dovere informarla che in quel medesimo anno 1850 morì anche il vecchio marchese Michele. Negli ultimi tempi s’era trasformato in «un vecchietto secco secco» che girava per casa «in veste da camera, con una calotta in capo». Così lo descrive il Torelli, che un giorno stava a casa di Cavour e lo vide entrare all’improvviso nella stanza. Aveva quasi settant’anni. «Di tutta la sua persona altro non contemplai che il volto singolarmente espressivo: e del volto ciò che più comandò la mia attenzione furono un paio d’occhi talmente spigliati e vivaci da scambiarsi per due occhi appartenenti ad un volto di giovanetto ardito e robusto. Quegli occhi fiancheggiavano un naso adunco, un po’ arcigno e indagatore, inclinato verso una bocca sottile ed asciutta. Aveva il piglio cortese e gioviale, leggermente intinto d’ironia. M’accorsi che fra padre e figlio correva l’abitudine di parlare a mezzo labbro. In ogni famiglia havvi una speciale maniera, un tono singolare di discorso fra i singoli membri che la compongono. Questa maniera e questo tono non si adoperano che in famiglia: le conversazioni del di fuori vertono su un carattere affatto diverso. Non ho punto capito quale fosse esattamente il grado di deferenza da una parte e di amorevolezza dall’altra di quei due personaggi». Tra i due uomini - uomini di spirito - correvano discorsi «asciutti e spediti». Michele era andato a proporre una moglie a Cavour. Si trattava della marchesa Costanza Scati di Casaleggio, già dama di compagnia della duchessa di Savoia, vedova da quattro anni e bellissima donna. Camillo aveva quarant’anni e aveva sempre detto di no alle mogli che gli trovava il padre. Stavolta disse di sì. Ma fu lei a dir di no e per il conte l’ultima occasione di sistemarsi, e soprattutto di aver dei figli, svanì.

Le ripeto che, a questo punto, bisognerebbe soprattutto sapere chi fu nominato al posto del defunto Santa Rosa.

Ai primi di ottobre di quel 1850 il conte stava a Leri e gli arrivò un biglietto di Massimo d’Azeglio. «Caro conte, ho cercato di lei oggi e mi hanno detto che è in villa. Avrei bisogno di parlarle e la pregherei a farmi sapere quando ritorna a Torino, e tornandovi a farmene avvertire o se lo ama meglio a passare un momento al ministero. Non penso che il suo cervello abbia a torturarsi molto per indovinare di cosa si tratta e spero che non abbiano a incontrarsi ostacoli a ciò che il Re desidera e noi desideriamo».

Finalmente.

Stringendo il biglietto tra le dita, il conte cominciò a correre per la stanza, pensando a che cosa si dovesse fare innanzi tutto. Intanto, la cassa di Leri era all’asciutto, e scrisse subito a Corio. Poi Emilio doveva aiutarlo a liberarsi di tutti gli affari, non si poteva stare al governo ed essere nello stesso tempo nel consiglio d’amministrazione della Banca, azionista della Schiapparelli, comproprietario del Molino del Parco, promotore della Torino-Savigliano e tutto il resto.

Il conflitto d’interessi. Con le imprese aveva continuato ad arricchire?

Sì, a parte la Schiapparelli, perché il guano artificiale era risultato alla fine ben poca cosa. Ma si vendevano bene le candele. Il mulino gli costava parecchio denaro, perché bisognava rifornire continuamente di riso la macchina, in modo che non stesse ferma. Infine s’erano vendute le tremila azioni della Torino-Savigliano ed era stato un gran successo. La domanda aveva superato l’offerta.

C’era la Borsa a Torino?

I torinesi avevano scoperto questo nuovo gioco e gli era presa una certa mania di indovinare le oscillazioni. Rothschild era ormai padrone della finanza piemontese ed era tornato in città in vista dell’ennesimo prestito. Cavour, per non incontrarlo, era scappato a Leri. Il barone, un mese prima, per farsi bello aveva comprato dieci azioni del Risorgimento . «J’ai la plus ferme confiance que ces principes si sagement défendus par vous, Monsieur le Comte, présideront toujours aux destinées du Piémont...» Camillo considerava queste delle ruffianerie.

Beh, come si decisero a farlo ministro?

Era quello che si chiedeva anche Cavour. Aveva lavorato tutto l’inverno e la primavera a staccarsi dalla destra. Che la destra gli fosse diventata nemica s’era visto con la storia di Avigdor. C’era stato uno scambio di articoli un po’ forti tra il Risorgimento eLa voix d’Italie e alla fine Cavour e Avigdor un banchiere di Nizza, ebreo e vanitosissimo - s’erano mandati i padrini.

Questo era normale?

Ci si sfidava a duello piuttosto spesso. Erano in genere scontri al primo sangue, che finivano con un nulla di fatto o qualche ferita leggera. Certo, qualche volta ci scappava il morto.

Cavour aveva paura?

Nelle lettere ne parla solo a faccenda conclusa («Comincio col dirle che, a malgrado del mio duello col signor Avigdor, io sto ottimamente»). Non si fecero niente. Ma l’avvocato fiscale di Torino chiese alla Camera l’autorizzazione a procedere contro i due, dato che i duelli erano proibiti. L’autorizzazione non fu concessa, ma la destra aveva votato compattamente per l’incriminazione di Cavour. Ecco la prova provata che il distacco da quella parte politica s’era consumato.