Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  giugno 25 Sabato calendario

C’è Stendhal che domanda del sig. Beuf... - Il panorama delle librerie dell’Italia unita risentiva ancora della prevalenza che la cultura francese, a partire dall’Illuminismo, aveva conquistato in Europa

C’è Stendhal che domanda del sig. Beuf... -
Il panorama delle librerie dell’Italia unita risentiva ancora della prevalenza che la cultura francese, a partire dall’Illuminismo, aveva conquistato in Europa. Nella nostra città, che era stata governata dalla Francia, essa era quasi egemone: basta pensare che delle 22 edizioni delle «Guide della Città» pubblicate tra il 1768 e il 1867 ben 21 furono scritte in francese e l’unica in italiano non fu affatto l’ultima, ma una edita nel 1780. L’annessione alla Francia del 1805 rese addirittura ufficiale questa realtà, tanto che dal 1812 l’Organo Ufficiale della Liguria venne pubblicato solo in francese.

Questa prevalenza era ulteriormente accentuata nelle numerose librerie italiane che, come noi e Gravier a Genova e Le Monnier a Firenze, erano state fondate da immigrati francesi.

Di questa «invadenza» esistono tracce nella memoria di chi scrive e che ricorda bene che ancora alla fine degli Anni 40 in libreria avevamo una prenotazione fissa (un office ) di cento copie del vincitore del Prix Goncourt e un buon terzo dell’assortimento era costituito da volumi in francese.

Tracce più concrete sono costituite da una residua giacenza di Manuels Roret che abbiamo trovato in un sottoscala. Si tratta dei predecessori ottocenteschi dei Manuali Hoepli e oggi ovviamente fanno parte del mercato antiquario.

Purtroppo nel corso dell’ultima guerra, la nostra libreria fu parzialmente incendiata e distrutta dai bombardamenti e la perdita più dolorosa fu quella dell’archivio. Le fatture, la corrispondenza, gli appunti che testimoniavano i contatti con i clienti e il passaggio dei molti illustrissimi visitatori: tutto è andato perduto nell’incendio e ormai solo la memoria trasmessa di generazione in generazione può evocare questi aspetti dei primi 130 anni di vita della libreria.

Ci può forse dare un’idea di che tipo di libreria fosse la nostra a metà dell’Ottocento un annuncio pubblicitario sulla Gazzetta di Genova del 1853 nel quale si legge: «Gli amatori delle scienze e della letteratura vi troveranno un assortimento di libri matematici, legali, di letteratura e libri ascetici, tanto francesi che inglesi ed italiani, come pure libri di divozione legati elegantemente, globi terracqui e sfere di diverse grandezze. Il sig. Beuf è ugualmente determinato a stabilirvi un Gabinetto di Lettura ove si trovano libri, giornali francesi, italiani e inglesi come anche giornali di letteratura e di scienze. Le condizioni di questo abbonamento sono visibili nello stesso negozio».

La formula della libreria, come recita il suo motto Aut prodesse aut delectare , dava dunque uguale attenzione alla cultura delle lettere e alla nascente editoria tecnica. Il sig. Beuf citato dall’annuncio era Luigi, il figlio primogenito di Antonio, un rescapé della Rivoluzione Francese che giunse a Genova da Briançon nel 1807 e nel 1810 aprì in via Novissima, allora main road della città, nei locali che essa occupa ancora, la libreria che oggi porta il nostro nome a causa di una complicata storia di successioni indirette e delle leggi razziali degli Anni 30.

Come scrive Giovanni Ansaldo, Luigi Beuf «era più amante della buona vita, e della buona società. Allargò la clientela della libreria, che diventò la prima di Genova; e in cui si adunavano molti belli e forti spiriti del tempo, per discorrere di politica e letteratura».

Essa era, ed è, contigua a quella meravigliosa lottizzazione cinquecentesca, interamente costituita da palazzi patrizi, che portava il nome di strada Nuova e che quasi tutti i viaggiatori ottocenteschi hanno visitato.

Così, anche in mancanza di documenti, si può ben immaginare che Dickens, Melville, Valéry, James, Nietzsche, per non citare che alcuni dei visitatori illustri della città, si fermassero volentieri a scorrere i giornali francesi e inglesi che Antonio Beuf metteva a loro disposizione a pochi metri da strada Nuova.

E infatti Stendhal nei Mémoires d’un touriste racconta proprio la sua visita al nostro Gabinetto di lettura. E Melville, nel suo diario, lascia intendere che lo visitò il 12 aprile del 1857. Possiamo persino, plausibilmente, immaginare Manzoni che viene a Genova nel 1827 e entra per controllare se il suo vient de paraître ha il posto che merita in vetrina.

E’ curioso ripensare a quanti libri, che oggi nella nostra libreria sono nello scaffale dei classici, sono arrivati con i pacchi delle «novità»: parliamo, appunto, di I promessi sposi , ma anche, delle Operette morali , di Madame Bovary , di Tonio Kroger , di Ulysses e di Ossi di seppia .

Purtroppo non abbiamo memoria né documentazione di nostri rapporti diretti con i protagonisti del Risorgimento. Ma Giuseppe Mazzini abitava in via Lomellini, a non più di cento metri dalla libreria ed è ben plausibile pensare che l’abbia frequentata.

Inoltre, in un locale della libreria nel 1866 fu fondata (ed ebbe anche sede per qualche anno) la Società di Letture e Conversazioni Scientifiche alla quale ancor oggi la nostra famiglia è molto legata. Essa ebbe molto rilievo nella vita intellettuale e politica della Genova ottocentesca e nei suoi archivi è custodito l’originale di un curioso piano di rifacimento del porto che Giuseppe Garibaldi elaborò nel 1880.

E’ naturalmente motivo di orgoglio per noi che la storia della nostra libreria si intrecci così strettamente con la vita culturale ottocentesca di Genova e dei suoi illustri visitatori e siamo particolarmente orgogliosi del fatto che dal 1810 questa storia si sia svolta ininterrottamente negli stessi locali che occupiamo oggi. Essi sono stati ricostruiti parzialmente nel 1948, ma, per il solo fatto di esistere e di essere ancora la sede della stessa libreria, conservano per il futuro la memoria di quanti li frequentarono.

Ci pare doveroso auspicare che tale memoria non corra il pericolo di dissolversi. E questo è un augurio che rivolgiamo anzitutto a noi stessi.