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 2011  giugno 26 Domenica calendario

L´ALTRA METÀ DEI MONDIALI LA MISSIONE DI CAROLINA "IL MIO CANADA ITALIANO"

Lo stadio di Berlino è pieno anzi colmo, si gioca a calcio e c´è proprio tutto. La festa, l´attesa, le mascotte, i gadget, le trombette, le sciarpe e l´album delle figurine Panini. E la signora cancelliera Merkel, il presidente della Fifa Blatter e della Uefa Platini. C´è anche il polpo indovino, anzi la polpa (Paula), in omaggio alla sorprendente varietà dei generi e anche perché del vaticinio di un cefalopode non si può più fare a meno ai mondiali e persino a questi: delle donne. Da oggi e fino alla finale del 17 luglio a Francoforte, l´edizione 2011 del torneo è in 9 città della Germania: 16 squadre, 336 calciatrici e sei signore ct dell´altra metà del pallone. La sesta Coppa in rosa dalla prima del ‘91 in Cina (vinsero le americane contro la Norvegia 2-1), da allora non tutto, ma abbastanza è cambiato, all´epoca per esempio le partite duravano 80 minuti, due frazioni da 40. La parità temporale raggiunta quattro anni dopo nella femminista Svezia, ma c´erano sempre quattro gatti a guardarle, solo a Usa ‘99 il record, più di un milione di matti allo stadio a fare il tifo per le ragazze. Anche stavolta prospettive generose: oltre 75mila spettatori oggi pomeriggio all´Olympiastadion degli azzurri 2006 con la Coppa. E pure oggi di azzurro ci sarà qualcosa, anzi molto, Carolina Morace, l´unica italiana in competizione ma su un´altra panchina, quella del Canada che dirige da due anni.
The woman in blue porta i colori rosso-bianco-nero adesso, e ha un match contro le ospiti tedesche campioni in carica, le favorite. Ma Carolina è una da battaglia, 153 volte con la maglia della nostra nazionale e 105 gol, di cui quattro indimenticabili a Wembley nel ‘90, la prima a farne tre di fila ai mondiali cinesi. Cinque anni tecnico delle azzurre dal 2000, per tre mesi pure degli uomini della Viterbese di Gaucci nel ´99: prima e unica al mondo, la Fifa la registra nelle sue memorie. Nominata da non molto membro della Concacaf (la confederazione calcistica del nord e centro America), l´avvocata di Venezia, 47 anni, fa della lotta un sontuoso carnevale: «Ho sostenuto un colloquio insieme a molti altri per diventare allenatrice della nazionale canadese, le credenziali non bastano. Poi ho trovato una situazione molto complicata: non esiste un campionato e molte atlete sono persino senza club. Eppure dal tredicesimo siamo al sesto posto al mondo». È la quarta volta del Canada a un mondiale e nell´arrivarci ha vinto tutto: i tornei di Cipro e il 4 nazioni con Brasile e Olanda, la Concacaf davanti a Messico e Usa. «Un po´ di sapere italiano: possesso palla, tecnica, preparazione mirata, staff medico, fisioterapia, alimentazione corretta. Si allenavano come per l´hockey, bevevano latte a cena e merendine di nascosto la sera».
Lanci lunghi e sovrappeso, poi hanno conosciuto Roma. La Morace ce le ha portate in ritiro lavorando con uno staff quasi tutto italiano. Christine Sinclair e compagne «hanno conosciuto cos´è per noi questo sport». Cos´è? «Cultura. Certo, non per le donne: i colleghi mi stimano, ma nessuno mi ha mai fatto proposte concrete. La federazione dovrebbe vedere com´è qui in Germania adesso, proprio come nel 2006, tra le tedesche una delle stelle è Fatmire Bajramaj, 23 anni, kosovara, musulmana, figlia delle nuove diversità. Anche il calcio femminile può fare bene: investimenti e pubblicità, vedi anche Francia e Gran Bretagna. Da noi solo stereotipi e pregiudizi». L´allenatrice della Nigeria, Eucharia Uche, qualche giorno fa sul New York Times si lamentava dell´omosessualità tra le ragazze del pallone. «Più tieni il mondo chiuso, più si ghettizza. Guardate altrove: le calciatrici negli altri paesi sono femminili, si truccano, portano i tacchi». L´altra metà del pallone è tutta intera.