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 2011  giugno 26 Domenica calendario

L´ULTIMO VIAGGIO DELL´ANGUILLA RESISTE SOLO NEGLI ALLEVAMENTI - COMACCHIO

Non è un animale fortunato, la povera anguilla. Pesce d´acqua dolce, riesce a riprodursi soltanto in mare. E per farlo, deve nuotare per migliaia di chilometri, fino al mare dei Sargassi nell´Atlantico. La femmina depone le uova - a tremila metri di profondità - il maschio le feconda poi entrambi i genitori muoiono. Le larve cercano di tornare nelle valli e dai fiumi dai quali sono partiti i genitori. Ma il viaggio, in questi ultimi anni, è diventato sempre più pericoloso, con un risultato drammatico: l´anguilla europea, (nome scientifico, «Anguilla anguilla») sta scomparendo. Non c´è più traccia, in Italia e in Europa, del 90% di questa specie. «Nelle nostre acque, quando sono stato assunto io trent´anni fa - racconta Piercarlo Farinelli, capo valle delle guardie e dei pescatori comacchiesi - raccoglievamo 2.000 quintali di anguille. Ora ne peschiamo appena cento quintali».
Per evitare che l´anguilla (pesce intraprendente capace di «camminare» anche nei prati umidi, per cercare un fosso migliore) sia solo un ricordo, non resta molto tempo. «Le larve nate nel mare dei Sargassi - dice Attilio Rinaldi, biologo, presidente della Centro ricerche marine di Cesenatico - grazie a una fenomenale bussola biologica, riescono a tornare nel luogo dove sono nati i loro genitori. Ma qui iniziano i problemi. La nostra acqua dolce è sempre più inquinata. Spesso i fiumi sono in secca perché l´uomo preleva quasi tutta l´acqua per l´agricoltura. E poi ci sono gli sbarramenti, le dighe e una pesca troppo intensa». Ma anche lo stesso lungo viaggio di ritorno - si pensa che duri almeno un anno - non è lontano dai pericoli. «Le larve seguono rotte precise - racconta Valter Zago, delegato Europarc Italia - e sono facilmente catturabili. Quando partono misurano pochi millimetri ma davanti alle coste della Spagna e della Francia le piccole anguille misurano già cinque o sei centimetri. Finiscono a milioni dentro le reti di pescatori che le rivendono poi agli allevamenti intensivi. Questa non è una pesca, è una strage».
Solo il 10 per cento delle «anguilline» sopravvivono così alla pesca e all´inquinamento. E allora qualcuno ha pensato di spostare il mare dei Sargassi a Cesenatico. «Da un anno - dice Attilio Rinaldi - stiamo cercando di realizzare la riproduzione controllata delle anguille nelle nostre vasche. I primi risultati sono buoni. Abbiamo preso le anguille di Comacchio, le abbiamo messe in acquari bui e freddi che riproducono le acque profonde dei Sargassi. Con iniezioni di ormoni, sia alle femmine che ai maschi, spingiamo la produzione delle uova e dello sperma. Il 90 per cento delle femmine ha deposto le uova, il 100 per cento dei maschi lo sperma. Un´anguilla ha deposto addirittura 1.200.000 uova». Il progetto è finanziato con 100.000 euro dalla Regione Emilia Romagna ed è organizzato dal professor Oliviero Mordenti della facoltà di Veterinaria di Bologna. «A settembre - dice Attilio Rinaldi - partiremo con la seconda fase dell´esperimento, quello dello svezzamento delle larve. Difficile trovare il giusto menù. Nell´Atlantico, a tremila metri di profondità, non c´è plancton. Gli esperti dicono che le larve si nutrono di detrito organico e cercheremo di prepararlo anche noi. Sono cento anni che in tutto il mondo si cerca la riproduzione dell´anguilla, così come si fa da decenni per la carpa, la spigola, l´orata. Ma nessuno c´è riuscito, per ora».
Le Valli di Comacchio sono da sempre la patria delle anguille. Filmati del Ventennio e del dopoguerra mostrano barconi pieni di questi strani animali che tanti italiani scoprono solo alla vigilia di Natale. «Oggi abbiamo poche anguille - dice Valter Zago - e cerchiamo di valorizzarle. Abbiamo riaperto lo stabilimento della marinatura dove vengono cotte davanti a un fuoco vivo e poi marinate con sale, acqua e aceto. La "Manifattura dei marinati" è diventata un presidio Slow Food. Ma anche noi dobbiamo cambiare. Le nostre valli sono troppo chiuse, quasi tutte le anguille che entrano qui non escono più. In pratica, ci limitiamo a ingrassare, per sette, nove anni, le piccole anguille che arrivano qui dal mare o che sono acquistate dai pescatori francesi. Il progetto di Cesenatico è positivo, ma non vogliamo solo anguille Frankenstein. Debbono restare selvagge, debbono affrontare il mare aperto».
C´erano 300 persone che lavoravano in valle, fino agli anni ‘60. Ora sono 15 in tutto. E c´erano un migliaio di «fiocinini» che vivevano rubando anguille, cefali, passere e branzini. Tutta Comacchio viveva delle sue valli. «Adesso - dice Piercarlo Farinelli, il capo valle - tutto è cambiato. C´è un milanese, di religione tibetana, che da due anni mi telefona e chiede se abbiamo anguille da vendere. L´anno scorso ne ha comprato cinquanta chili, quest´anno un quintale. Le carica su una barca e poi le libera in mare aperto». Perché possano iniziare il loro viaggio libero verso l´Atlantico.