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 2011  giugno 26 Domenica calendario

SI PUÒ MORIRE DI MONNEZZA (E DI PARASSITI)

Chi ha votato sì ai referendum sul nucleare e l’acqua, non ha deciso in base ai fatti. Si è lasciato trascinare dalle emozioni – che qualcuno ha difeso come strumento decisionale, non sapendo che funzionano bene solo nelle scelte private – o si è fatto raggirare da manipolatori di professione. Non ha pensato o non sapeva che le persone che vivono nei pressi delle discariche di rifiuti presenti in Campania rischiano di ammalarsi mortalmente più di chi abitava nelle vicinanze di Cernobyl quando esplose la centrale nucleare, e incommensurabilmente più dei giapponesi che hanno subito le radiazioni di Fukushima. E non ha pensato o non sapeva in quale drammatica condizione versa il sistema idrico italiano, per cui ha buttato all’aria la possibilità di usare uno schema più efficiente di gestione, attraverso gare pubbliche – schema in uso in tutti i Paesi civili – di una risorsa preziosa per la salute umana, qual è l’acqua. Insomma, la vittoria dei sì è stata una carnevalata ideologica e conservatrice che i nostri figli pagheranno sul piano economico e sanitario, e per cui tra un paio di generazioni saremo giustamente stramaledetti.

Lorenzo Pinna smaschera con fatti e numeri la demagogia della politica ecologica italiana, descrivendo ancora una volta spietatamente come l’incompetenza e la corruzione hanno prodotto, per esempio, la cronica emergenza rifiuti in Italia, con le conseguenze sanitarie che da secoli colpiscono soprattutto il sud del Paese. Ciò che rende originale e interessante il libro è però l’inquadramento storico-comparativo del problema di gestire l’immondizia. Nel senso che a discutere dell’emergenza a Napoli e in Campania, Pinna arriva partendo da lontano. Cioè dalla transizione agricola, nel Neolitico, con quello che ha significato per i primi gruppi umani stanziali, rimanere a contatto con i rifiuti e le deiezioni. Quella transizione cambiò la storia e la geografia della salute umana: nel l’arco di qualche millennio diede origine alle città pestilenziali, luoghi per millenni ammorbati dai rifiuti, e consegnò i nostri antenati a ondate periodiche di epidemie infettive batteriche e virali, che falcidiavano bambini o intere etnie immunologicamente non protette. Pinna dice esplicitamente, e lo conferma con numeri e fatti, che sono state la rivoluzione scientifica e tecnologica, insieme al capitalismo a creare le condizioni per superare le città pestilenziali, grazie alle conoscenze scientifiche e mediche, e grazie ai criteri competitivi e meritocratici per trovare le soluzioni alle emergenze sanitarie.

Quindi spiega come mai Parigi e Londra riuscirono precocemente a realizzare bonifiche igieniche e impianti fognari, che eliminarono il colera e altre infezioni a trasmissione oro-fecale e abbatterono la tubercolosi, mentre per esempio le città italiane, e Napoli in modo emblematico, sono arrivate in ritardo e hanno realizzato opere inadeguate. Il problema è sempre lo stesso, da secoli: incompetenza, assenza di competizione e corruzione fanno gran parte della differenza tra l’Italia e i Paesi civili.

Il libro di Pinna contiene qualcosa di più di quello che promette il titolo. Perché l’autore utilizza il problema dell’immondizia per mettere alla prova un famoso modello ecologico-sanitario della storia umana, proposto dallo storico canadese William H. McNeill, per la prima volta in una famoso libro sulla storia della peste: Plagues and People del 1976 (Einaudi, 1981). Il modello esposto in modo più articolato in Uomini e parassiti. Una storia ecologica (Il Saggiatore, Milano 1993; ed. or. 1980), assume l’esistenza di una dinamica della storia ecologica umana governata, dopo la transizione all’agricoltura, da una coppia di variabili che sono il microparassitismo e il macroparassitismo. Il microparassitismo concerne i rapporti fra l’uomo e il mondo vivente microscopico che usa i suoi tessuti e i suoi alimenti come nicchie ecologiche per riprodursi. Il macroparassitismo denota, in senso "metaforico", lo sfruttamento da parte di certi gruppi di uomini dei beni e del lavoro di altri uomini. I predoni, le caste sacerdotali, le burocrazie incaricate di riscuotere i tributi sarebbero i protagonisti di questa dinamica macroparassitaria, che ha scandito la lunga storia della culturazione umana. Seguendo McNeill, Pinna rileva che solo con l’avvento del sistema capitalistico, le dinamiche tra microparassitismo e macroparassitismo sono state modificate in modo tale da ridurre l’impatto sanitario del microparassitismo e da creare modalità di utilizzazione del surplus produttivo in modo da migliorare il funzionamento dell’intera società, e quindi il benessere generale e non più solo quello dei predoni, delle caste o dei governanti.

La storiografia delle malattie umane è ricca di tentativi di catturare globalmente le dinamiche trasformative delle condizioni di salute dell’uomo. Almeno da quando i primi viaggiatori e poi i medici si sono resi conto che gli abitanti di diverse regioni geografiche si ammalano di malattie diverse o sono colpiti con diversa frequenza e gravità dalle stesse malattie. Perché e in che modo le malattie cambiano nel tempo? Tra i più importanti tentativi di rispondere a questa domanda, c’è il modello della patocenosi, concepito dallo storico della medicina Mirko Grmek nel 1969. Alcune delle esemplificazioni più importanti del modo di funzionare della patocenosi, Grmek le ha consegnate nel libro che ora è stato ristampato dal Mulino a 18 anni dalla pubblicazione dell’originale in francese.

Il concetto di patocenosi riprende quello ecologico di biocenosi, e fu definito da Grmek come l’insieme di stati patologici che sono presenti all’interno di una data popolazione in un dato momento. Egli assumeva quindi l’esistenza di una dinamica globale della patocenosi, all’interno della quale la frequenza e la distribuzione di ogni malattia dipendono, oltre che da diversi fattori endogeni ed ecologici, dalla frequenza e dalla distribuzione di tutte le altre malattie.

Un ulteriore assunto della teoria afferma che, quando le condizioni ecologiche al contorno rimangono stabili, la patocenosi tende verso uno stato di equilibrio. Per cui l’emergere di nuove patologie sarebbe dovuto a una rottura di questo equilibrio, dovuta a modificazioni delle condizioni ecologiche che aprono nuove vie di trasmissione agli agenti infettivi. Grmek ha applicato questo concetto a diversi momenti della storia medica umana.

Nel libro ristampato si possono trovare pagine illuminanti sul piano della sua capacità unica di usare diversi dati, da quelli filologico-letterari a quelli paleopatologici a quelli strettamente scientifici e basati sulle dinamiche genetiche o immunologiche, che interessano intere popolazioni, per ipotizzare le cause dei cambiamenti geograficamente differenziati della salute umana. Così dimostra il valore euristico del concetto di patocenosi ragionando sulla diffusione della tubercolosi e della lebbra nell’antichità, sui rapporti immunologici tra lebbra e tubercolosi, sull’origine della sifilide e sui rapporti tra talassemia e malaria. Da non dimenticare che Grmek ha dimostrato che il concetto di patocenosi può spiegare anche la logica evolutiva delle cosiddette infezioni emergenti, come l’Aids, l’influenza e diverse arbovirosi. L’ha fatto nel suo Aids. Storia di un’epidemia attuale, tradotto in diverse lingue e pubblicato in italiano da Laterza nel 1989.