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 2011  giugno 26 Domenica calendario

FACEBOOK, E SBAGLI DI PIÙ

In un pionieristico articolo dal titolo Vox Populi apparso su «Nature» all’inizio del secolo scorso, l’allora ottantacinquenne eclettico naturalista inglese, Francis Galton, racconta di un peculiare concorso svoltosi durante una fiera zootecnica a Plymouth, in Cornovaglia. In uno stand della fiera era stato esposto un bel bue grasso. Per partecipare bastava acquistare, per sei pence, un biglietto numerato, segnarvi sopra il proprio nome, e indicare il peso stimato del bue macellato e ripulito. Chi si fosse avvicinato di più al peso esatto avrebbe vinto un premio. Furono venduti ottocento biglietti. Li comprarono sia esperti, allevatori e macellai, sia curiosi visitatori occasionali. Galton notò acutamente che la situazione si prestava a una bella indagine scientifica, che avrebbe mostrato a tutti che lo scommettitore medio – con le sue parole sarcastiche – «non fosse probabilmente più competente a giudicare il peso del bue, di quanto non fosse l’elettore medio nel giudicare il merito di una proposta politica». Dopo che la gara fu terminata, e il premio assegnato, Galton si fece consegnare tutti i biglietti. Li esaminò e li ordinò con cura. Il peso del bue macellato e ripulito risultò essere di 1.198 libbre. La stima del «concorrente medio», ottenuta calcolando la media aritmetica di tutte le stime, era di 1.207 libbre: solo 9 libbre in più della risposta corretta. Il «concorrente medio», un’astrazione statistica del popolo di Plymouth, aveva giudicato meglio dei singoli concorrenti reali, esperti o profani, presi uno a uno. Era la prima conferma empirica della «saggezza della folla»: la stima di un’accozzaglia piuttosto casuale di visitatori della fiera si era avvicinata all’autentico peso del bue con un margine di errore inferiore all’uno per cento. Da allora a oggi l’effetto della saggezza della folla ha dato buona prova di sé in svariati contesti: dallo shopping su Amazon ai quiz televisivi, da riscaldamento globale all’impatto di nuove tecnologie, dalle elezioni politiche ai mercati azionari: invariabilmente una volta aggregati in un giudizio collettivo "medio", gli errori e i pregiudizi individuali tendono a neutralizzarsi e a fornire stima molto accurata del fenomeno da prevedere.
Ma dalla «saggezza della folla» alla stupidità del gregge il passo è breve. E, come mostra un recente esperimento condotto al Politecnico di Zurigo da Jan Lorenz e colleghi, è tanto più breve ora di quanto fosse ai tempi di Galton. Nell’era degli onnipresenti opinion polls, dei blog e dei forum, di Twitter e di Facebook, di reti sociali reali, e soprattutto virtuali, sempre più penetranti ed estese, è paradossalmente più difficile, e non più facile, avvantaggiarsi della saggezza collettiva. I dati sperimentali ci spiegano perché. Centoquarantaquattro soggetti dovevano risolvere una serie di problemi come quello del bue grasso (per esempio: «Quanto è lungo il confine tra Svizzera e Italia?»; «Qual è la densità di popolazione della Svizzera per km quadrato?»). Nella prima condizione sperimentale lo facevano in totale isolamento; nella seconda condizione conoscendo le risposte degli altri. Ebbene, solo per il primo gruppo di soggetti il dato statistico aggregato mostrava tutta la sua "saggezza"; la risposta media era cioè quella effettivamente più calibrata rispetto al valore corretto da indovinare. Ma non per il secondo gruppo: laddove i soggetti potevano avvalersi dell’ulteriore informazione fornita da ciò che gli altri avevano risposto, ecco che l’«effetto saggezza della folla» svaniva interamente per lasciare campo libero all’«effetto dell’influenza sociale», che si esercitava in un peggioramento degli errori di valutazione invece che in una compensazione degli stessi favorita dalla diversità di opinioni.
L’esperimento mostra in modo convincente che perché la folla sia saggia occorre che il singolo non sia influenzato "socialmente", cioè che non conosca le opinioni altrui e cosa gli altri dicano di fare. Appena ne diviene consapevole, è il conformismo a prevalere, la varietà di giudizi si restringe drammaticamente, gli errori e i pregiudizi non si elidono affatto ma al più si sommano. La saggezza della folla è sostituita dal l’imitazione e dal comportamento gregario.
Non solo: ma proprio per il fatto che sappiamo come gli altri la pensano, crediamo anche di sapere stimare l’opinione della media, ma più crediamo di saperlo fare, e più l’opinione della media (a causa della convergenza dei giudizi individuali) si scosterà dalla valutazione corretta del fenomeno da prevedere, e pertanto più ci sbaglieremo. In definitiva, ci troveremo collettivamente meno saggi, più stolti e pure più sicuri di sapere ciò che in realtà non sappiamo. Una miscela esplosiva per cui le maglie della rete di interconnessioni sociali ci ha con ciò resi singolarmente inservibili alla "saggezza della folla" e proni alla stupidità collettiva. Lo scettico Galton concludeva il suo studio sul bue grasso commentando che «il risultato sembra dare più credito di quanto non pensassi all’affidabilità di un giudizio democratico». Ma perché il giudizio sia democratico, e perciò affidabile, occorre anche che sia indipendente. Sapere cosa ne pensano di ogni cosa i tuoi "amici" di Facebook non ci renderà più saggi; anzi.