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 2011  giugno 24 Venerdì calendario

ADDIO VITALIZI E BENEFIT. MENO AUTO BLU E CILINDRATA FINO A 1600 —

Quei puntini di sospensione la dicono lunga sulla battaglia che si prepara in Parlamento. «A partire dalla prossima legislatura, il finanziamento dei partiti è ridotto del …» recita testualmente la bozza dell’articolo 6 di un disegno di legge, appena partorito dal Tesoro, semplicemente esplosivo. A cominciare dal titolo: «Costi della politica» . Un incubo, per una classe politica sempre più aggrappata ai propri privilegi. Che ora si materializza, per la prima volta in queste proporzioni. Per la prima volta, con una iniziativa tanto profonda partorita dal cuore del governo: il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. La battaglia parlamentare, dunque, sarà dura. E non soltanto per le dimensioni, ancora da stabilire e negoziare, ai contributi dei partiti, che hanno raggiunto livelli insostenibili per le casse pubbliche: le ultime elezioni politiche avrebbero garantito alle formazioni politiche la bellezza di 503 milioni di euro, a fronte di spese elettorali documentate per 136 milioni. Quasi il quadruplo. Il fatto è che questo disegno di legge, ricalcando le affermazioni già fatte pubblicamente da Tremonti alla festa della Cisl di Levico Terme e all’assemblea della Confartigianato, penetra nella carne viva di una macchina impazzita, i cui costi sono ormai fuori controllo, e anche per questo sempre più lontana dai cittadini. E non è un caso che il ministro dell’Economia, nel sostenere la necessità inderogabile di riportare sulla terra le spese della politica, abbia fatto riferimento non soltanto alle somme recuperabili a fini migliori, ma anche all’esigenza di dare ora un segnale al Paese. Ma forse anche ai mercati, dove per noi sembra spirare un’aria decisamente fetida. L’articolo 5 della bozza prevede che vengano ridotti anche gli stanziamenti della Camera e del Senato, come pure quelli degli altri «organi costituzionali» come Cnel, Corte costituzionale e Consiglio superiore della magistratura con l’unica eccezione del Quirinale. Tagli analoghi dovrebbero subire anche le authority, gli «organi con rilevanza costituzionale» , qual è per esempio la Presidenza del Consiglio di ministri. Pure qui, nella bozza, la frase sfuma però nei puntini di sospensione. Perché di quanto dovrebbero essere ridotti quegli stanziamenti, ancora non viene detto. Il tema è delicato, delicatissimo. Immaginiamo le proteste. C’è chi obietterà che gli organi costituzionali hanno autonomia finanziaria, e non è certo il governo che può stabilire le loro necessità economiche. Poco importa che le spese correnti della Camera viaggino ormai a un ritmo superiore al miliardo l’anno e che quelle del Senato veleggino serenamente verso i 600 milioni. Forse ancora più sensibile è poi il capitolo che riguarda Palazzo Chigi, i cui conti continuano a essere avvolti in una confortevole nebbia: anomalia che Tremonti avrebbe voluto rimuovere con la manovra dello scorso anno, riportandoli nell’alveo proprio della spesa pubblica. Ovvero, la Ragioneria generale dello Stato. Un tentativo che venne però sventato da una formidabile reazione del Palazzo, dove si provvide anche a mutilare selvaggiamente la proposta di ridurre del 50%i «rimborsi» elettorali: ridimensionando il taglio al 10 per cento. Non è finita qui. Perché a partire dalle prossime elezioni «o nomine o rinnovi» , dice testualmente la bozza, «i compensi pubblici erogati a qualsiasi titolo, politico o di pubblico servizio, ed a qualsiasi livello, tanto centrale quanto regionale, provinciale o comunale» , non potranno superare «quelli erogati per i corrispondenti titoli europei» . La norma riguarda tutti, dai parlamentari ai consiglieri regionali, ai funzionari pubblici. Fino ai gettoni di presenza dei consiglieri circoscrizionali. Stabilire i nuovi dolorosi parametri per calcolare i futuri stipendi sarà un compito da far tremare i polsi: se ne dovrebbe occupare un’Alta commissione presieduta dal presidente dell’Istat Enrico Giovannini, dai suoi predecessori e da «esperti di chiara fama» . Non bastasse, «nessun titolare di incarichi pubblici» potrà continuare a godere dei benefit dopo la cessazione dell’incarico. Niente più auto di servizio con «panno di daino» d’ordinanza nel portabagagli, com’è previsto a vita per gli ex giudici costituzionali, niente più segretarie, uffici, telefoni. E niente più pensioni né vitalizi. Un vero colpo al cuore, se si pensa che Camera e Senato hanno speso nel solo 2009 per gli assegni vitalizi degli ex onorevoli oltre 198 milioni di euro. Cifra, per fare un paragone, più che doppia rispetto agli 82 milioni incassati nello stesso anno da tutti i musei e i siti archeologici statali. Ma un colpo al cuore anche per quel mondo dei consiglieri regionali che potevano finora contare su vitalizi addirittura cumulabili con quelli parlamentari, quando si erano ricoperte le due cariche. Uno scandalo sempre passato sotto silenzio, che riguarda attualmente almeno 200 persone. Le auto blu, inoltre, non potranno superare i 1.600 centimetri cubici di cilindrata, con eccezione delle auto del capo dello Stato, del premier e dei presidenti della Camera. I macchinoni 4.200 cc «ad oggi in servizio» saranno usati fino a esaurimento o rottamazione e non potranno «essere sostituiti» . Per non parlare degli «aerei blu» , il cui utilizzo con l’attuale governo di Silvio Berlusconi ha registrato una ripresa fantastica: fra il 2007 e il 2009 le ore di volo del 31 ° stormo dell’Aeronautica militare calcolate «pro capite» , per ogni componente del governo, sono aumentate di oltre il 154%. Con questo disegno di legge gli aerei blu saranno riservati al presidente della Repubblica, ai presidenti delle Camere e al premier. Ministri e sottosegretari non potranno più salirci senza aver avuto precise autorizzazioni le quali, dettaglio non trascurabile, dovranno essere «rese pubbliche» . Basta passaggi ad amici, soubrette e menestrelli. E basta viaggi con gli aerei di Stato per andare a vedere le partite di calcio. Come pure basta con gli aerotaxi per il fine settimana a disposizione di qualunque politico: e a spese nostre. Dulcis in fundo, l’articolo 7 del disegno di legge stabilisce che a decorrere dal 2010 l’election day sarà obbligatorio nel caso in cui si dovesse verificare la concomitanza fra consultazioni elettorali e referendum. Se una norma del genere fosse stata già in vigore avremmo risparmiato quest’anno, a prendere per buone le valutazioni fatte da lavoce. info, quasi 400 milioni di euro. Una cifra pari all’intero stanziamento del Fondo unico per lo spettacolo.
Sergio Rizzo