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 2011  giugno 25 Sabato calendario

La Gioconda resta dov’è: al Louvre. Vincent Pomarède, direttore del Dipartimento di pittura del museo, è troppo educato per dirlo esplicitamente, ma fa chiaramente capire che la proposta di prestarla all’Italia è una boutade pazzesca

La Gioconda resta dov’è: al Louvre. Vincent Pomarède, direttore del Dipartimento di pittura del museo, è troppo educato per dirlo esplicitamente, ma fa chiaramente capire che la proposta di prestarla all’Italia è una boutade pazzesca. Il quadro è fragile, anzi «estremamente fragile», quindi non viene dato proprio a nessuno. Del resto, nel 900 è uscito dal Louvre solo tre volte: nell’11, quando fu vittima di un furto con destrezza del solito italiano, l’imbianchino Vincenzo Perugia; nel ’63, quando andò in America perché Malraux non se la sentì di dire di no a Kennedy, e nel ’74, quando fece una tournée a Tokyo e a Mosca. Poi non si è più mosso. Né più si muoverà. La proposta di fargli prendere un po’ d’aria era venuta a Silvano Vinceti, personaggio che i francesi definiscono «très mediatique». Vinceti presiede il Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici e soprattutto è l’uomo che sta cercando lo scheletro di Lisa Gherardini del Giocondo, secondo il Vasari la donna ritratta da Leonardo. A meno che, come lo stesso Gherardini disse in altra occasione, la Gioconda non sia in realtà un Giocondo, il che quadrerebbe (è il caso di dirlo) con le preferenze sessuali del pittore. L’idea di Vinceti è di portare la Gioconda a Firenze nel ’13 pr il centenario del suo ritrovamento dopo il celebre furto. Ha lanciato una petizione che mira a raggiungere 100 mila firme per indurre il Parlamento a sostenere la richiesta. Per ora, ha solo l’appoggio della Provincia di Firenze. Però, dice Pomarède, «al momento non abbiamo ricevuto alcuna domanda ufficiale di prestito». Ma, fa capire, non vale la pena farla. La Gioconda è una bellezza fragile, dipinta su un sottile pannello di pioppo, che con il tempo si è incurvato e presenta una vistosa fessura. Per questo, oltre che proteggerla dai soliti idioti, «vive» sottovetro e protetta da un sofisticato sistema che evita ogni variazione di temperatura e di umidità. «Trasportarla - spiega Pomarède è assolutamente inimmaginabile, perché non si avrebbe un controllo ottimale della temperatura, nemmeno dentro casse climatizzate. E le vibrazioni sarebbero nocive». Del resto, al Louvre arrivano molte domande di prestito della Gioconda, magari più discrete, e «ogni volta diamo la stessa risposta negativa, chiunque sia a chiederla». E poi, ovviamente, non si possono deludere le orde di visitatori che vengono al Louvre soprattutto per vederla (o vederlo): come si fa a rimandare a casa il giapponese a telecamere vuote? Vinceti ovviamente non ci sta: apprezza che il Louvre non neghi il quadro, diciamo così, per principio ma solo per ragioni tecniche che, assicura, «sono superabili». Chissà. Però l’episodio è interessante perché la Gioconda è uno dei tipici pomi della discordia in quell’interminabile storia d’amore e d’odio che sono i rapporti italo-francesi, dalla calata di Carlo VIII alla zuccata di Zidane. Bastava fare un giro, ieri, sui blog dei giornali per rendersi conto di quale carico di miti gravi su questo capolavoro mitico, il classico oggetto simbolico che fa da catalizzatore ad antipatie, rancori e rivalità storiche. Visto che i luoghi comuni sono solo sciocchezze molto ripetute, c’è ancora chi dice che Napoleone «rubò» la Gioconda: invece è uno dei pochi capolavori che non ebbe bisogno di portare in Francia perché l’aveva già fatto Leonardo. Piuttosto, fa pensare l’altra notizia «artistica» di ieri, quella di una fontana del Bernini distrutta dai vandali ad Ariccia. Ora, forse noi italiani faremmo meglio a tutelare di più il nostro disastratissimo patrimonio artistico invece di chiedere in prestito agli stranieri il loro... *** ROCCO MOLITERNI Non è assolutamente vero che la Gioconda sia talmente fragile da non potersi trasportare. E poi i francesi che ci tengono tanto alla sua tutela dovrebbero spiegarci perché permettono ai giapponesi (e non solo a loro) di bombardarla di flash ogni cinque secondi. Agli Uffizi noi non lo consentiremmo»: a parlare è Vittorio Sgarbi, che del diniego del Louvre a prestare il capolavoro di Leonardo dà un’altra interpretazione. «Il Louvre, come tutti i grandi musei del mondo, non dà mai niente per niente. Per avere in prestito la Gioconda bisogna offrire qualcosa in cambio. Io, proprio pochi mesi fa, avevo proposto al ministro Maroni, che mi chiedeva come si potesse fare per avere temporaneamente il quadro in Italia, di prestare al Louvre i Bronzi di Riace ». Perché Maroni voleva la Gioconda ? «Perché tra breve ricorre il centenario del furto. A compierlo fu Vincenzo Peruggia, imbianchino del Varesotto, e il ministro degli Interni pensava di commemorare la ricorrenza esponendo a Varese il quadro. Gli spiegai che era difficile dire ai francesi che andava a Varese. Ma visto che il ladro l’aveva portata anche a Firenze, se avessimo puntato sugli Uffizi la cosa si poteva fare». Come è andata? «Si trattava di superare, prima delle resistenze del Louvre, quelle di Scopelliti, presidente della Regione Calabria. Ci muovemmo in tandem con Mario Resca, direttore per la valorizzazione del patrimonio al ministero dei Beni Culturali. Spiegammo a Scopelliti che con gli introiti dell’esposizione dei Bronzi in Francia avrebbe potuto sistemare il museo (e non solo quello) che li ospita. Inoltre sarebbe stata una grande pubblicità per la sua regione». Ci siete riusciti? «Quasi. Misi al corrente della cosa Maroni, che mi disse che ne avrebbe parlato nell’incontro bilaterale con Sarkozy, quando era in corso la trattativa sul problema dell’immigrazione. Poi non ne ho saputo più nulla». Fra tanti capolavori italiani perché proprio i Bronzi di Riace? «Certo lo scambio può funzionare anche con la Nascita di Venere del Botticelli. Ma con i Bronzi possiamo dire ai francesi che prendono due in cambio di uno. Poi i Bronzi sono maschi e forse anche un po’ gay, quindi di moda non solo in Francia. Mentre la Gioconda è soltanto una donna dai facili costumi».