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 2011  giugno 25 Sabato calendario

E FINI CERCA UN PALAZZO DA 400 MILIONI

Sulla carta il suo partito, come quasi tutta
l’opposizione e buona parte della maggioranza, da qualche settimana annuncia ddl costituzionali per tagliare il numero eccessivo dei deputati (630). Ma nelle stesse ore Gianfranco Fini ha chiesto all’Agenzia del Demanio di trovargli un superpalazzo nel cuore di Roma da acquistare per piazzare tutti gli uffici dei suoi deputati.
Con un annuncio pubblicato questa settimana sul Sole 24 Ore l’agenzia guidata da Maurizio Prato alle dipendenze del ministero dell’Economia ha reso noto che «ricerca un immobile o complesso immobiliare per una importante istituzione dello Stato che intende acquistarlo per adibirlo a propri uffici, ubicato nel centro storico della città di Roma fra piazza Augusto Imperatore, piazza del Popolo, corso Rinascimento e via Sant’Andrea delle Fratte».
L’istituzione a cui si fa riferimento è appunto il ramo del Parlamento guidato da Fini. L’annuncio prosegue dettando le caratteristiche dell’immobile: «Saranno considerate ammissibili anche proposte di più immobili purché appartenenti al medesimo compendio o fra loro prossimi (...) La consistenza dell’immobile ricercato si stima dovrebbe essere fra 25 mila mq e 40 mila mq, a seconda del numero dei vani (che in base ai valori di mercato potrebbe valere circa 400 milioni di euro, ndr.)».
Prima di pubblicare quest’annuncio in cerca di immobili privati, l’Agenzia del Demanio ha provato ad offrire più soluzioni in centro anche in affitto alla Camera dei deputati, ma nessuna è risultata di gradimento o comunque corrispondente alle esigenze di Fini e dei suoi colleghi.
Non che manchino le scrivanie a Montecitorio: da più di un decennio la Camera ha affittato buona parte di piazza San Silvestro dalla Milano 90 di Sergio Scarpellini proprio per realizzare lì gli uffici personali dei deputati. L’affitto è caro: di base 36 milioni di euro all’anno per quattro palazzi adiacenti, più un’altra ventina di milioni all’anno per i «commessi in affitto» (il personale è dipendente della Milano ’90). Da circa tre lustri quei contratti di locazione sono al centro di polemiche. Li sottoscrisse la Camera quando era guidata da Luciano Violante. I prezzi erano ben al di sopra rispetto a quelli di mercato quando i contratti furono firmati. Poi però il mercato si adeguò e alla fine quei contratti dell’epoca Violante regalarono a tutti gli inquilini di Roma una stangata senza precedenti.
SPESA INUTILE
Quel che ben presto saltò agli occhi degli amministratori della Camera, anche perché sul punto volle insistere una piccolissima parte della Lega (gran parte fu sponsor dell’affaire Milano 90) e i pochi radicali presenti, fu che piuttosto di pagare quelle somme alla Camera sarebbe convenuto acquistare gli immobili e ristrutturarli a piacimento a proprie spese. Almeno avrebbe aumentato il patrimonio dell’istituzione, senza gettare quasi un miliardo di euro a fondo perduto come è accaduto. Peraltro salvo il primo immobile, che era di
proprietà di Scarpellini, gli altri palazzi affittati per i deputati furono acquistati dalla Milano 90 da società all’epoca pubbliche: Enel e Stet, che probabilmente li avrebbero
venduti a un buon prezzo a un istituzione di prestigio come la Camera. Quel che era conveniente nel 1997 probabilmente sotto il profilo economico lo è ancora, anche se si sarebbero potuto buttare via meno soldi pubblici in questi anni.
È conveniente però se quella ventilata riduzione dei parlamentari con legge costituzionale è una semplice boutade, priva di sostanza reale. Perchè se i parlamentari
dovessero ridursi, comprare oggi un immobile per garantire 630 uffici sarebbe l’ennesimo modo di buttare via i soldi pubblici.
Il caso è senza dubbio urgente, perché la Camera ha ormai dato la disdetta al primo palazzo affittato da Scarpellini, e quindi per una volta sarebbe utile un minimo di chiarezza e onestà politica.
Certo rinunciare a tagliare i parlamentari per giustificare un nuovo palazzo sarebbe follia. Gran parte dei costi della politica ormai discendono da quella macchina inutile e mastodontica che è il Parlamento nella sua attuale configurazione.
COSTI IN AUMENTO
I parlamentari sono più del doppio di quelli che basterebbero per garantire una rappresentanza territoriale adeguata. Il loro sovrannumero genera in continuazione altri costi inutili: collaboratori, uffici dedicati, segreterie pubbliche e private.
Quell’eccesso è anche all’origine della bulimia legislativa e burocratica che sembra la principale malattia dell’amministrazione pubblica italiana. Tagliare lì farebbe risparmiare ben più di qualche auto blu con cilindrata declassata. Farebbe ottenere risparmi assai vicini al miliardo di euro all’anno. E infatti non si fa. Anzi, si pensa a come ingrandire con qualche castello
la reggia...
Franco Bechis