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 2011  giugno 25 Sabato calendario

CORRADO GUZZANTI: «IL CENTRODESTRA? UN DOPOLAVORO PIDUISTA»

“La satira è una cosa strana, che viaggia nel tempo e nello spazio, con dei cicli storici ricorrenti da calendario Maya. Per esempio: chi l’avrebbe mai detto che dieci anni dopo aver creato la saga del massone, un giorno, avrei potuto togliergli il cappuccio e trovarci sotto la faccia di Bisignani? Con la P4 l’immaginazione, è stata superata dalla realtà”.

Roma, quartiere Prati. Mi ritrovo davanti a Corrado Guzzanti per una intervista sospirata da un mese, e capisco che la distanza è solo una necessità di auto-protezione imposta dalla sua cortesia. Stiamo parlando da quasi due ore, e abbiamo passato al setaccio tutta la sua vita. Una miniera di aneddoti. A sentirla raccontata da lui, questa carriera è una collezione di fortunati insuccessi. Già. Perché Corrado, di persona, è l’esatto contrario del personaggio barbarico in cui è capace di trasformarsi. Non ha il ghigno di Umberto-Hannibal, l’aggressività supercafona del suo “Damme-‘a-cinque” Gianfranco Funari, la ferocia bonaria del suo mafioso festeggiatore del centocinquantenario di Cosa Nostra. Ma non ha nemmeno l’abito insopportabile dei radical-chic capitolini.Loguardi,allascrivaniadell’ufficiodove lavora, e capisci che le cento maschere estroverse della sua carriera si muovono nella vitalità dell’eccesso solo perché il vero Corrado sopporta il peso di tutte le loro potenzialità creative: “Porto in scena il 10 per cento di quello che immagino, ho i cassetti pieni di romanzi incompiuti fermi a pagina 13  , di copioni meravigliosi per film mai fatti, di intuizioni portentose per personaggi che non avrò mai il coraggio di impersonare”. Per monitorare il successo del suo Aniene, Aldo Grasso ha inventato l’Auditel “posticipato”. E Sky sta battendo ogni record con repliche in onda quasi ogni giorno.

Te lo aspettavi questo successo?

Scherzi? Avevo accettato di fare una cosa a giugno pensando: bene che vada mi vedranno 20 mila persone così posso sperimentare in clandestinità. Invece…

Sembri deluso!

Al contrario, sono contento. Doveva essere una prova generale per vedere se potevo funzionare sul satellite (ero convinto di no!) è andata.

Costretto?

(Ride di gusto) Ormai sono un signore che invecchia, ho perso molte ambizioni e ansie della prima parte della mia vita…

Cosa c’è prima dell’era Rocco Smiterson?

(Sospiro) Da ragazzo ero un disastro, la pecora nera della famiglia. Sabina era quella tutta ottimi voti, io rimandato in tutti gli anni del liceo.

Non esagerare...

Università fuori corso, avevo dato metà degli esami, scrivevo quasi per disperazione, racconti e romanzi.

Salteranno fuori come dei meravigliosi inediti, allora.

Sono reperti dell’era cartacea, spero che sia andato tutto distrutto. Scrivevo con l’Olivetti di mio padre a macchina, partecipavo a bandi improbabili.

Le tue prime scritture comiche?

Autoparodie. Vivendo questa condizione esistenziale terrificante esorcizzavo l’angoscia facendomi il verso da solo.

La satira come auto-terapia?

Divenne un lavoro. Sabina li usò per dei provini, andarono benissimo, e mi ritrovai autore in un programma di Enzo Trapani, Non stop.

Arrivarono i soldi?

Una specie di vitalizio, la Siae. Mi concedevo botte di vita e andavo alla Standa a comprare i mutandoni.

Tuo padre, grandissimo imitatore occasionale, era soddisfatto?

Mi considerava fallito. Quando facevamo Avanzi scrisse una stroncatura sulla sua rubrica di tv della Domenica del Corriere…

Erano le prime grandi maschere!

C’era una parodia della Raffai, che all’epoca faceva Chi l’ha visto. E il primo Rocco Smiterson, che non avrebbe mai avuto successo, forse, se non fosse arrivata Mani Pulite. Tunnel è stata, forse, la trasmissione più bella che abbiamo fatto. Anche se io odio la diretta...

Dopo quell’acuto, il gruppo si ruppe.

Prima di qualsiasi editto, nel 1994, ci risposero gelidi: ‘Non ci interessano programmi, grazie’.

E tu?

Iniziai a fare teatro. Pensavo che la cosa più eccitante della vita fossero le camere d’albergo e le valigie. Ora soffro solo all’idea.

E poi arrivò Freccero.

Riunì la compagnia. Ci voleva a tutti i costi, per fortuna, e così sono nati l’Ottavo Nano, poi Pippo Chennedy show. Era una seconda serata, ma anche una terza, ci mandavano quando pareva a loro e noi ci scherzavano pure, in diretta.

Il caso Scafroglia è stato il più ambizioso di questi programmi, il primo tutto tuo.

Era quello che, a mio avviso, aveva l’architettura più complessa. Da lì è saltata fuori la micro serie che mi ha rovinato la vita: Fascisti su Marte…

Sei rimasto sepolto in una cava per tre anni!

Avrei dovuto scrivere una sceneggiatura vera: invece giravamo alla garibaldina: “Ahò, domenica che fai?”. Poi magari a metà riprese Purgatori diceva: “Devo scrivere per il Corriere…”

Ti “studiano” tre generazioni.

È Youtube. Incontro ragazzi che quando facevo Avanzi non erano nati e che mi recitano a memoria battute che non ricordo più.

Dopo il film, il crollo.

Fermo quasi due anni. Stanchezza, qualche guaio personale. Torno in pista nel 2008 con Recital.

Una nuova vena creativa?

(Ride). No, mutuo da pagare.

Tutti ti volevano.

Io non recitavo più, ma ero tenuto in vita dalla programmazione Rai, che mi rimandava anche cento volte sul satellite.

Con maschere che non invecchiano: prendi Veltroni che fa il casting in cerca di leader, da Topo Gigio a Amedeo Nazzari.

Non è merito mio. Ma colpa dei politici che non cambiano mai.

Più facile parodizzare la Prima o la Seconda Repubblica?

La prima, non c’è dubbio. Come fai ad imitare Fini, che è tutto e nulla? È il politico da più anni sulla scena, ma non ha imitatore. Vuoi mettere De Mita?

Qualcuno di quei personaggi ti creò dei problemi...

Bossi, un putiferio. Quando andò in onda la prima volta ci pensò lui a ringhiare: ‘Questa gente non lavorerà più in Rai’. Fu profetico.

E chi si arrabbiò?

Berlusconi disse: ‘Che vergogna, che cattivo gusto!’. Bossi nel frattempo aveva avuto l’ictus.

E tu?

Fui convocato da Petruccioli: ‘Ma ti rendi conto di cosa avete fatto?’.

Cosa gli avevi risposto?

‘Io nemmeno sapevo che sarebbe andato in onda’. Era vero!.

La satira è diventata un contropotere politico?

Ai tempi di Avanzi la parola non esisteva: si diceva comicità.

C’è differenza?

Berlusconi è riuscito in una immane operazione culturale: dividere il paese in due tribù che non hanno ragione di esistere.

C’è una relazione?

In questa realtà manipolata, i comici che prima abitavano una spazio terzo, sono diventati un pericolo, iscritti nella sinistra, considerati come dei nemici.

Voi fate supplenza nel vuoto della politica.

Il fatto che esprimessimo un legittimo sentimento di indignazione civile è stato usato per etichettarci.

La manifestazione contro la chiusura di Raiot è stato il primo girotondo. Entri in scena tu, boato. Eri diventato un contropotere.

Era accaduto senza che io lo volessi. Essendo repressa dal potere, la satira diventava un contropotere. Nel vuoto pneumatico della sinistra di questi anni, noi esistevamo.

E lì ti sei ritratto?

Prima di tutto io non so fare l’eroe civile. E poi, forse, non voglio. Un artista non si programma a tavolino. É se stesso, poi il mondo decide cosa fare di lui.

Come costruisci i tuoi tormentoni?

Non costruisco mai. Prendi ‘mbuti… Infilai la parola in uno sketch, e poi vennero intorno gli autori a dire: ‘Mica penserai che puoi abbandonarli, vero?’.

Quindi non controlli il meccanismo? Il ‘Gna famo?’ Che avevi messo in bocca al tuo Funari diventò uno slogan politico…

Chi lo immaginava? Tafazzi, il pupazzetto che si bastona sulle palle è geniale perché è semplice. Come il “Ma-anche” di Crozza: mette nero su bianco quel che tutti sanno, ma nessuno capisce.

Il tuo finto messaggio referendario Rai era la cosa più vista su Youtube il giorno del voto!

È nato a questo tavolo, registrato con il microfonino: c’era la rabbia per aver visto il vero appello, che era grottesco.

Hai spostato consensi, vedi che ha ragione Berlusconi?

(Ride). Ti racconto un retroscena. Lo mostro in conferenza stampa. E poi mi chiama Andrea Scrosati, il vicepresidente di Sky Italia: “I nostri avvocati pensano che non possa andare in onda”.

Come mai?

La puntata cade di sabato, e potrebbe essere turbativa della tregua elettorale. Ero terrorizzato. Pensa se fosse accaduto in questa Rai.

E come è stata risolta?

Scrosati ha detto: “Farò finta di non aver capito…”. Gli ho voluto bene. Ma, ovviamente, non c’era nulla di programmato da parte mia.

E la profezia dell’incappucciato?

Era cronaca, prima di Bisignani. Il Pdl sembra un dopolavoro per piduisti, le manovre coperte sono la regola, è quello che si vede a occhio nudo, ma viene celato dalla propaganda.

Stai ritagliando un dossier P4?

Sono cialtroni, pericolosi, ma non riescono a diventare drammatici. Sono più ridicoli di quelli che portiamo in scena.

Battuta.

Il nostro incappucciato dice: “Basta con la P3 e la P4. È ora di passare alla Q...”

Sottotesto satirico?

È serio: la gente avrà notato che dopo ogni P salta fuori una legge bavaglio?

Sconfinamento fra satira e indignazione di cittadino.

Il tormentone lo hanno già inventato loro. “Dov’è… ’ndo sta.. il reato?” Come se non esistesse colpa oltre la rilevanza penale. Ci vorrebbe un programma satirico settimanale per stargli dietro.

Se tu avessi un mutuo variabile e fossi già alla canna del gas…

(Ride) Non è mica un obbligo!

Farai quattro puntate su Rai3?

L’ho letto. Ma non ne so nulla!

Allora farai questo programma di nuova satira su Sky?

Speravo che Aniene andasse male, e così non se ne parlava più. Ma se lo volessero davvero… Qualche cosa farò.