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 2011  giugno 23 Giovedì calendario

I pedagoghi giacobini camuffati da libertari - Nel 1549 un giova­ne studente in legge dell’Uni­versità di Or­léans, Étienne de La Boétie, scrive un pamphlet destinato a una significativa fortuna: Di­scorso sulla servitù volontaria

I pedagoghi giacobini camuffati da libertari - Nel 1549 un giova­ne studente in legge dell’Uni­versità di Or­léans, Étienne de La Boétie, scrive un pamphlet destinato a una significativa fortuna: Di­scorso sulla servitù volontaria . Nato a Sarlat nel 1530 e morto a Bordeaux nel 1563, amico tra i più intimi di Montaigne, La Boétie fu giurista e membro del Parlamento di Bordeaux. Nel Discorso , pubblicato postu­mo, egli cerca di rispondere al­la domanda fondamentale che sostanzia tutta la scienza politica: perché alcuni uomini comandano e la stragrande maggioranza ubbidisce? Per­ché l’obbedienza si ritrova in qualsiasi tipo di società? E per­ché, ancor più, questa supina arrendevolezza dei più ai me­no vige anche laddove vi è la più feroce tirannia? Non può esservi altra interpretazione che questa: perché gli uomini­quasi tutti gli uomini- accetta­no spontaneamente di sotto­mettersi al potere. Attivano cioè, volontariamente, la pro­pria servitù. Certo, molte altre cause - storiche, economiche, sociali, religiose, culturali, ecc. - possono dar conto dei motivi per cui esiste il dominio dei po­chi sui molti, ma, in ultima istanza, la ragione dipende dal fatto che vi è un consenso, pro­veniente dal basso, alla sua esi­stenza e persistenza. Con questa spiegazione radi­cale, fondata su un ragiona­mento di carattere speculativo e astratto, la cui logica interna è di tipo deduttivo, La Boétie giungeva a criticare la natura di ogni potere, perché poneva la relazione necessaria tra co­scienza e libertà, affidando quest’ultima alle decisioni in­sondabili del libero arbitrio, i cui anfratti rimangono oggi, co­me nella Francia del Cinque­cento, irriducibili a ogni spie­gazione ultima. Anticipava quel rapporto tra etica e politi­c­a che due secoli dopo sarà for­mulato in modo insuperabile da Kant, quando delineerà l’idea di autonomia dell’esse­re umano, e dunque, implicita­mente, dell’autogoverno degli individui. Additando nella coscienza la radice vera del problema, La Boétie formulava anche la sua soluzione. A suo giudizio, non ha alcun senso abbattere il po­tere - qualsiasi potere - con la forza o con qualsiasi altro mez­zo, dato che non è sulla forza ­o su qualsiasi altro mezzo- che esso si fonda, ma, prima di tut­to, sul consenso. La forza è cer­tamente efficace, ma solo se è espressione di una cosciente volontà di liberarsi del potere. Essendo diretta a fornire una critica universale dell’esisten­za di ogni potere, è evidente che l’argomentazione di La Boétie sia stata classificata co­me anarchica, di ispirazione pacifista e non violenta. Non a caso, i teorici libertari che si so­no maggiormente rifatti ai suoi convincimenti sono stati Tolstoj, Thoreau, Tucker e Lan­dauer, cioè coloro che in qual­che modo hanno sostenuto che, per liberarsi del potere, sia necessario togliergli il con­senso, attivando la disobbe­dienza civile e la non vio­lenza. Tuttavia, e siamo al punto decisivo, tale volontà di libe­razione acquista il suo vero signi­ficato soltanto se è diretta non ad abbattere un determina­to potere, ma qualsiasi pote­re. Infatti libe­rarsi di un pote­re per poi sotto­mettersi a un altro potere vuol dire passare da una servitù volontaria a un’altra servitù volontaria. Fin qui, molto schematica­mente, il pensiero di La Boétie. Ci si domanda ora: che cosa c’entra tutto questo con l’Italia di oggi? Precisamente con il go­verno di Berlusconi e il cosid­detto «berlusconismo»? Rispo­sta: non c’entra nulla,assoluta­mente nulla. Non sembra pe­rò pensarla così Paolo Flores d’Arcais, il quale nella sua in­troduzione a una nuova edizio­ne del Discorso sulla servitù vo­lontaria (Chiarelettere, pagg. 72, euro 7), aggancia il libertari­smo del pensatore francese al­la situazione odierna, anche se non accenna in modo espli­cito al Cavaliere. Ugualmente, sempre in modo allusivo, risul­tano nella stessa direzione an­che i due interventi di Adriano Prosperi e di Gustavo Zagrebel­sky ap­parsi nei giorni scorsi sul­la Repubblica . Costoro, sia pu­re in modo diverso, applicano lo schema interpretativo di La Boétie all’Italia di oggi, che si sarebbe posta volontariamen­te, asservendosi, nelle mani di un tiranno, il cui sistema di do­minio è fondato sul conformi­smo, sulla corruzione e sulla mercificazione universale: una realtà da «basso impero». Le osservazioni di Flores d’Arcais (che peraltro nell’in­troduzione sottolinea giusta­mente il problema del potere in quanto tale), di Prosperi e di Zagrebelsky ripetono l’errore degli scrittori ugonotti di fede monarchica i quali, frainten­dendo grossolanamente il pen­siero di La Boétie, cercavano di strumentalizzarlo per fini di contingente lotta politica. Gli ugonotti, infatti (siamo nella Francia delle guerre di religio­ne), rivendicavano il diritto dei sudditi di resistere contro i dominatori ingiusti, sostenen­do quindi, di fatto, l’idea che fosse giusto combattere un de­terminato potere perché quel­lo che essi appoggiavano sa­rebbe stato sicuramente mi­gliore. Non combattevano, cioè, il potere in quanto tale, ma promuovevano alcune spe­cifiche libertà all’interno dello Stato francese, ricorrendo ad argomentazioni di carattere storico e giuridico, le quali non potevano che risultare in netto contrasto con l’universalità del pensiero di La Boétie. Se si rimane all’interno della prospettiva del pensatore fran­cese, si deve infatti convenire che la libertà può essere rag­giunta soltanto se si ha la co­scienza e la volontà di volerla. Ne consegue che non vi è altra soluzione che questa: ritene­re, sempre, che gli uomini sia­no autonomi, coscienti, adul­ti, capaci di intendere e di vole­re. Il che significa lasciarli libe­ri di scegliere, volontariamen­te, ciò che intendono volere. Non ha alcun senso - sempre nella prospettiva di La Boétie ­anteporre (in modo poco libe­rale e libertario) la virtù alla li­bertà, attivando una sorta di pedagogia giacobina e repub­blicana diretta a riportare i cit­tadini a una supposta, vera co­scienza civile.