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 2011  giugno 23 Giovedì calendario

«CHINA PRATO» NELLA RETE GDF

Follow the money. Il Nucleo della Guardia di Finanza di Firenze ha seguito la scia delle rimesse inviate in Cina dagli sportelli Money2Money, di proprietà della famiglia Cai-Bolzonaro, smantellando, colpo su colpo, le quinte di cartone dietro le quali prospera l’economia cinese sommersa. È dell’altroieri la seconda operazione - in gergo Cian Ba (diga sul fiume di denaro) dopo Cian Lu (fiume di denaro) realizzata un anno fa - epicentro Prato, Firenze e Sesto, con inevitabili contraccolpi nelle Chinatown italiane.

«Siamo arrivati a controllare appena due agenzie, a Prato e Sesto, delle 13 Money2Money ormai chiuse a causa delle indagini; ci vuol tempo a ricostruire le tecniche di smurfing utilizzate per eludere l’antiriciclaggio, questo implica il monitoraggio di milioni e milioni di operazioni - dice al Sole 24 Ore Gaetano Mastropierro, comandante del Nucleo - stimiamo che dal 2006 al 2010 il volume degli invii è stato di 4,5 miliardi di euro».

Cian Ba ha portato al sequestro di 70 imprese cinesi (44 a Firenze, 25 a Prato, una a Pisa) e patrimoni per 25 milioni di euro, sono stati ricostruiti flussi finanziari illeciti per 238 milioni di euro. Sotto chiave beni patrimoniali per oltre 25 milioni di euro nei confronti di 70 amministratori o, comunque, titolari di imprese cinesi denunciati per trasferimento fraudolento di denaro mentre 76 immobili (39 a Firenze e 37 a Prato) sono stati sequestrati, con 183 autovetture e 396 conti correnti bancari e postali. Perquisizioni locali e domiciliari a tappeto sono partite anche in Liguria, Sardegna e Friuli Venezia Giulia.

L’anno scorso, con Cian Lu, il Nucleo aveva arrestato 24 persone e sequestrato 73 aziende cinesi per un valore totale di 150 milioni. «Per intercettare i flussi illeciti, i nostri hanno usato di tutto - continua Mastropierro - anche le riprese con telecamere esterne ed interne di tutte le consegne di denaro fatte presso le due agenzie durante otto mesi di attività. Memorie informatiche di computer e hard-disk sono stati sequestrati, con la "doppia contabilità" e i dati degli effettivi mittenti e destinatari delle somme, nascosti dietro codici segreti decriptati grazie alle tecniche di computer forensics».

Le società e ditte cinesi del fast fashion di Prato e della pelletteria di Firenze accumulavano grosse somme in contanti incassate grazie alle vendite in nero delle merci, spesso ottenute con la contraffazione e lo sfruttamento di manodopera clandestina. Poi, ogni settimana o ogni mese, i titolari consegnavano a parenti o dipendenti di fiducia buste e valigette piene di banconote che venivano trasportate all’agenzia di money transfer e lì controllate con le macchinette conta soldi.

Le somme venivano frazionate in decine o centinaia di tranche, di 1.999,99 euro ciascuna perchè il limite massimo per ogni operazione è di 2mila euro, che non venivano intestate all’impresa cinese a monte, bensì a nomi di persone ignare o inesistenti. Le rimesse finivano su migliaia di conti cinesi, anche per pagare forniture e prodotti importati.