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 2011  giugno 24 Venerdì calendario

EUROPA, L’AVAMPOSTO CINESE E’ UN SOBBORGO DI BUCAREST

Perché arrivò, giovane qualunque dalle coste del Fujian appena sposato, lo decisero gli altri. Dove andranno cento milioni di euro, investimento strategico per il futuro in Europa, dipenderà da lui. Jeans Guess, cintura Hogan e lucidate francesine, 36 anni, Qiu Xiaoping — per abbreviare lo chiamano Sciopi— è il direttore dello sviluppo di Chinatown Romania. A settimane l’inaugurazione degli spazi commerciali. Tre padiglioni, 1.260 negozi, 5 mila lavoratori, parcheggio da 16 mila posti. Poi costruiranno palazzi e parco. Terreni comprati con una manciata di tranche. Contanti.
Sarà, assicurano, «la più grande Chinatown sul continente» e l’avamposto àncora-fortezza di Pechino nell’Est Europa. Belgrado, Budapest, Chisinau. Ci sono presenze cinesi ovunque, in quest’Oriente. Centri commerciali, quartieri residenziali. Mai come ad Afumati, dodici chilometri da Bucarest, non lontano dall’aeroporto, a una rotonda dalla circonvallazione, su una strada che conduce ai porti del Mar Nero, punto d’approdo di merci asiatiche e traffici delle mafie.
Il governo romeno preme. Favorisce importazioni e immigrazione, anche per arginare l’emorragia di manodopera (due milioni i romeni all’estero). Nel gennaio del ’ 90, caduto da poche settimane il regime di Ceausescu, Sciopi e signora salirono su un aereo. Le strategie del clan famigliare avevano scelto la Romania. Sciopi ammette che non sapeva nemmeno dove fosse. Naturalmente non avanzò obiezioni. Iniziò a vendere chincaglierie in un negozietto. Che divenne un negozio, che raddoppiò e triplicò gli spazi, e che fu infine accompagnato dall’acquisto di una casa al posto di una brandina in affitto.
Diecimila, i cinesi di Romania. Abitano a Colentina, quartiere nell’Est della capitale. Ci sono i bloc, i condomìni— balconi senza fiori, ascensori con musica classica in filodiffusione— dell’architettura socialista. E c’è un antico mercato. Vi si aggirano ciurme di ragazzini rom. Le mamme aspettano sulle panchine. A pranzo, pausa insieme al McDonald’s. I papà vendono per strada caricatori per cellulari oppure studiano alla banchina i passeggeri del tramvai numero 12, che scarica anziane con i foulard in testa e sacchetti di verdura. Le famiglie nomadi vivevano in palazzi abbandonati nella zona di Lipscani, a ridosso dei ministeri, oggi isola pedonale di lounge-bar. Li stanno sgomberando, i rom. Dice il direttore generale di Chinatown Johnny Weng, 46 anni, che «in Romania si vive bene. C’è un unico problema: i gipsy» . I nomadi. Forse mezzo milione, forse di più su 22 milioni di abitanti: eppure se possono li confinano in fondo ai villaggi, nelle zone prive di asfalto, elettricità e fogne.
Nessun rom fra le guardie di Chinatown. La società Ibris si occupa della sicurezza. Parecchi gli ex pugili e gli immigrati in Italia come Teo, 43 anni, un figlio appassionato di judo. Teo raccoglieva pomodori in Basilicata. L’Ibris garantisce copertura ventiquattro ore di fila. Ci sono rischi di attentati della concorrenza. Gli imprenditori cinesi non sono ben visti. Il motivo? «Sono gli unici fuori dal sistema della corruzione» spiegano i cronisti investigativi. «Per i cantieri devi pagare mazzette del venti per cento dell’appalto» . I cinesi se ne fregano. Altri, gli affari. Coi turchi, ad esempio. Sono turche le imprese costruttrici. Sono turchi i primi commercianti che hanno acquistato negozi, dieci dei quali «già prenotati da una decina di cinesi di Milano e Roma» .
In quel gennaio, il gennaio dello sbarco di Sciopi, girò la leggenda di un’invasione di cinesi. I fotografi dei quotidiani ebbero l’ordine d’intercettarli. Non si trovavano. Un fotografo scovò turisti giapponesi nella piazza della Rivoluzione. Pensava fossero cinesi. Quelli si misero in posa. Copertine dei giornali. Incidente diplomatico di rara intensità. Ecco, con l’Asia ci stiamo per rifare, dicono dagli uffici di Afumati. Masterplan, poltrone in pelle e il rito del tè che il direttore Weng prepara con le maniche arrotolate. Fra gli invitati c’è Wang Yang, cinquant’anni, uno dei presidenti di Chinatown. Sposato con una romena, è consigliere comunale.
Andrea Galli