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 2011  giugno 23 Giovedì calendario

A MILANO IL DIADEMA DI EVITA RUBATO DAI FINTI SCEICCHI

Era la regina dei descamisados. E i suoi gioielli, preziosissimi, erano da vera sovrana. Amava i diademi e le collane, Evita Peron. I bracciali e gli anelli. E nel testamento aveva chiesto di non dividere per nessun motivo la sua adorata collezione di monili. Desiderio rispettato. Almeno fino a due anni fa. Quando parure e solitari furono rubati durante un supercolpo messo a segno in una delle più note gioiellerie spagnole. Dopo mesi di indagini, parte di quel bottino è stata recuperata dai carabinieri. A Milano. Nella città in cui Evita fu sepolta per 14 anni. Il mito di un personaggio controverso e mai dimenticato, un colpo da film con falsi sceicchi e strani cassetti, i gioielli, la storia e la leggenda. Partiamo dalla cronaca: muovendosi sull’ asse Italia-Spagna e contando sulla collaborazione della polizia spagnola e dell’ Interpol, i carabinieri del nucleo investigativo di Milano martedì hanno recuperato in un hotel milanese - il Silver - parte della collezione di Evita Peron, moglie dell’ ex presidente argentino Juan Domingo Peron. Il valore del diadema (una tiara di 147 carati), degli orecchini a pendente e dei due anelli recuperati ammonta a 6 milioni di euro. Diamanti purissimi, dal taglio impeccabile. Erano spariti nel nulla due anni fa in un clamoroso «Rip deal» (truffa che consiste nello scambiare banconote vere con altrettante false durante una trattativa) ai danni dell’ elegante gioielleria «Joyas Sofia» di Valencia. Per quel colpo sette persone sono già finite in carcere. Martedì è sfuggita all’ arresto la mente dell’ organizzazione criminale: Zoran Jovanevic, 41 anni, originario della Serbia ma a tutti gli effetti italiano, residente con il suo gruppo nella zona di via Cusago, periferia ovest di Milano. Da lì partivano i suoi uomini diretti in tutta Europa. E forse proprio per evitare la cattura Zoran Jovanevic aveva scelto un lussuoso hotel poco lontano da casa. Per rimanere in disparte e nascondere i gioielli di Evita Peron. Flashback. È il 17 dicembre del 2009. La «señora Sofia Dolores Manteagudo», dopo mesi di trattative, accetta di incontrare, nel 5 stelle extralusso «Las Arenas» di Valencia, il gruppo di acquirenti interessati all’ intera collezione di gioielli di Evita Peron, parte dei quali regalati dall’ allora re d’ Olanda. Valore stimato: 10 milioni di euro. All’ incontro la «signora Sofia» si trova davanti un sedicente «sceicco» e il suo seguito con tanto di guardie del corpo. La trattativa si tiene in un privé dell’ albergo: una scrivania nel mezzo, da una parte la gioielliera che riceve il denaro, dall’ altra gli acquirenti che prendono in consegna i monili. La regola è chiara: i soldi devono finire nel cassetto di sinistra mentre diadema, orecchini e anelli in quello di destra. Finita l’ operazione, i due - contemporaneamente - devono aprire i cassetti ed entrare in possesso di quanto stabilito. Ma qualcosa non va: durante la fase del conteggio e del deposito del denaro, la «señora Sofia» si accorge del tranello (qualcuno, nascosto sotto la scrivania, da una fessura nel legno ha appena sostituito i soldi veri con banconote false), si alza e si mette a urlare. I finti sceicchi (ma veri nomadi di origine Sinti) scaraventano la donna a terra e scappano con il bottino. Caccia al ladro. E intrigo internazionale. La polizia spagnola riesce a catturare sei «sceicchi». A quel punto l’ attenzione si sposta su Milano. Il tenente colonnello Antonino Bolognani, comandante del nucleo investigativo, spiega: «Nel maggio del 2010 abbiamo arrestato e poi estradato in Spagna un componente della banda. Quindi siamo riusciti a localizzare l’ albergo e a recuperare diadema e diamanti custoditi nella cassaforte di una camera». Evita e Milano. Strano rapporto. Affiora e viene dimenticato ciclicamente. Lei che nel suo viaggio in Europa del 1947 si fermò per qualche giorno in città alloggiando all’ Hotel Principe di Savoia, per quattordici anni (dal 1957 fino al 1971), fu sepolta al cimitero di Musocco sotto falso nome. Poi, nel 1996, con il sindaco Marco Formentini, fu annunciato in pompa magna il ritrovamento della statua che, sempre al Cimitero Maggiore, accompagnava la tomba di Eva Duarte. Una lettera ufficiale fu inviata all’ allora presidente Menem: «C’ è qui un monumento della signora Eva Peron. Vorrei farne dono all’ amico popolo argentino». Clamore. Ma si sfiorò l’ incidente diplomatico: «Altro che Evita. Quella è mia sorella. Ridatemela», denunciò una milanese. Fu necessaria una rettifica. E nel 2005, anche per rimediare alla gaffe, al posto di quella statua mai esistita l’ amministrazione ambrosiana decise di posare una lapide. Sul marmo, una frase di Evita in spagnolo: «La notte volge al termine e l’ aurora è prossima. Il giorno dei popoli sta per nascere tra noi. Arriverà, anche se avvolto da sangue e dolore, però arriverà...». Firmato: la portabandiera degli umili: Maria Eva Duarte de Peron.
Alberto Berticelli
Annachiara Sacchi