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 2011  giugno 24 Venerdì calendario

UNA DIRETTIVA POCO “ITALIANA”

La Ue ha emanato una direttiva anti-corruzione; tutti gli Stati membri l’hanno adottata meno l’Italia. Se lo fosse, la maggior parte della classe politica resterebbe priva del suo strumento fondamentale, che l’Ue considera reato, il “traffico di influenze”. È dai tempi della P2 che la politica italiana funziona con scambi di favori; siamo arrivati alla P4, con Bisignani, Papa e Letta (Gianni, l’amico di B.) e tutto lascia pensare che presto scopriremo le P5, 6 ecc. Ma non siamo attrezzati per combattere la corruzione? Insomma. C’è l’art. 319 del Codice penale: il pubblico ufficiale che riceve denaro o altra utilità per compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio è punito con la prigione da 2 a 5 anni. E il “traffico di influenze” rientra nel concetto di utilità: ti nomino presidente di Commissione in cambio dell’affidamento dell’appalto al mio amico (che naturalmente non ne avrebbe diritto). Solo che, nel reato di corruzione, bisogna dimostrare che c’è stata una stecca o un traffico di influenze; e provare che la nomina a presidente di Commissione non ti toccava non è per niente facile. E infatti l’Italia, che è pur sempre la patria del diritto, aveva inventato un sistema molto più efficace per far fuori i politici delinquenti: l’interesse privato in atti d’ufficio. Art. 324 cp: il pubblico ufficiale, che prende un interesse privato in un atto della Pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Insomma, chi sfruttava la sua posizione e le prerogative che la sua carica gli attribuiva per fare gli interessi suoi e dei suoi amici (traffico di influenze, appunto) commetteva un reato. E qui la prova era semplice: bastava dimostrare che l’atto compiuto non rispondeva a un interesse generale, ma solo a quello del beneficato: per dire, il ministero inventato per non mandare in prigione Brancher. Molto più facile che dimostrare l’accordo criminoso (dove, come, quando, in cambio di che?) tra Brancher e B.; non ci voleva un genio del diritto per motivare l’assoluta inutilità del ministero per l’Attuazione del Federalismo in un governo in cui c’era già un ministero per il Federalismo. Vedete come è facile scoprire e punire la corruzione; anche e soprattutto quando è costituita dal traffico di influenze? Solo che questo reato non esiste più, lo hanno abolito con la L. 26 aprile 1990, n. 86. Al suo posto c’è l’articolo 323 che punisce il cosiddetto abuso di ufficio: il pubblico ufficiale che in violazione di norme di legge o di regolamento procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. II trucco sta nelle parole “in violazione di norme di legge o di regolamento”. Pensateci bene: se si costruisce un ministero per Brancher, quale legge o regolamento si è violato? Il bello del traffico di influenze sta proprio qui: tutto formalmente pulito. E, del resto, le leggi ad personam che il Parlamento ha votato per fare un favore a B. non sono “traffico di influenze”? Non sono “interesse privato in atti d’ufficio”? Non è facile provare che servono solo a B. e che ammazzano i diritti di tutti gli altri cittadini (pensate solo al processo breve)? Certo che sì; solo che non sono in violazione di norme di legge o di regolamento, il Parlamento può fare le leggi che gli pare. Capito perché la nostra classe politica non può, proprio non può, adottare la direttiva Ue anti-corruzione?