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 2011  giugno 23 Giovedì calendario

I manager “infedeli” di Eni e le tangenti in Iraq e Kuwait - L’ ultima tangente sarebbe stata versata e «intercettata» dalla Guardia di Finanza il 5 e il 6 maggio scorsi

I manager “infedeli” di Eni e le tangenti in Iraq e Kuwait - L’ ultima tangente sarebbe stata versata e «intercettata» dalla Guardia di Finanza il 5 e il 6 maggio scorsi. Una «cresta» fatta tra un manager Eni e alcuni intermediari su contratti d’appalto relativi al progetto Eni Zubair in Iraq. Un grosso giacimento proprio vicino a Bassora, dove si è combattuto duramente e dove adesso si muovono invece eserciti di faccendieri. È questa l’ultima grana della holding energetica a partecipazione statale guidata da Paolo Scaroni, finita nel mirino del dipartimento anticorruzione della Procura milanese con una serie di perquisizioni scattate l’altro ieri presso uffici e abitazioni di manager e intermediari di due grossi progetti: quello in Iraq, appunto, e un altro in Kuwait, denominato «Jurassic field», nel Nord del Paese. Secondo il pm Fabio de Pasquale, titolare dell’inchiesta per corruzione internazionale e violazione delle norme sulla responsabilità amministrativa delle società, legge 231, i due progetti avrebbero garantito un «sistema» di tangenti pagate estero su estero a manager dell’Eni da alcune grosse aziende italiane per potersi garantire una serie di appalti da miliardi di dollari nei due Paesi, di cui il cane a sei zampe è diventato stazione appaltante su delega dei rispettivi governi. Stando alle accuse, sarebbe emersa «l’esistenza di un gruppo affaristico composto da Massimo Guidotti, Stefano Borghi e Enrico Pondini (intermediari ed ex manager del settore) e Diego Braghi (procurement manager del progetto Zubair di Eni spa) e Nerio Capanna, “vice president di Saipem spa”, nonché altre persone già identificate o in via di identificazione». Nelle intercettazioni su cellulari, forniti prudentemente di schede telefoniche lituane, i vari protagonisti, indagati anche per associazione per delinquere, preferivano chiamarsi con soprannomi pittoreschi: Braghi era «Maradona» o «Panatta», mentre il vice presidente Saipem Capanna era indicato, con scarsa fantasia, come «zio Tom». Il gruppo, avvalendosi di due società «di comodo» costituite all’estero tramite una fiduciaria di Lugano - la G.M. Oil & Gas srl e la Bemberg srl -, ma con sedi operative a San Donato Milanese e conti bancari in Svizzera, nel Regno Unito e in Olanda, avrebbero influito «illecitamente nell’aggiudicazione delle gare all’estero in cui erano coinvolte», veicolando informazioni riservate circa i requisiti richiesti per le gare d’appalto alle aziende disposte a pagare tangenti. Bustarelle molto sostanziose, si parla di decine di migliaia di euro, che finivano poi presso altre due società, la Bewan LLP e la Elliwan LLP con sede a Londra al medesimo indirizzo (Bedford Row), «costituite da dirigenti infedeli del gruppo Eni e faccendieri». In un contratto acquisito dalla Procura («marketing and services agreement») e firmato da uno degli indagati, Guidotti, emerge un elenco di società che avrebbero partecipato agli appalti in accordo con la Elliwan LLP: la Bonatti, la Renco, l’Ansaldo, l’Elettra Progetti e l’Elettra Energia. È indagando nell’ambito di un’altra inchiesta su una gigantesca evasione delle accise (un miliardo e 700 milioni di euro) per la fornitura di gas nelle abitazioni private, che gli investigatori si sono imbattuti nella «cricca» dell’Eni, da cui ieri la società comunque ha già preso le distanze con un comunicato, dichiarandosi, anche se iscritta sul registro degli indagati per violazione della 231, «parte offesa» nell’inchiesta. In particolare è un ex dirigente dell’Eni a Mosca, tale Mauro Reali, a raccontare quali sono i metodi per la gestione degli appalti inizialmente in Kazakistan (dove l’Eni lavora a un gigantesco giacimento di gas naturale) e poi in Iraq e Kuwait. Reali era stato intervistato anche dalla trasmissione televisiva «Report» nel 2007, in una puntata intitolata «Via del Gas», e aveva fatto delle affermazioni per le quali l’Eni aveva poi dato mandato ai suoi legali di querelare l’ex dirigente. Per la procura la testimonianza di Reali rimane fondamentale. Così come le numerose intercettazioni dalle quali emergerebbe il sistema di corruzione del gruppo inquisito. «Hai visto cosa gli ho scritto io? Gli ho detto: nonostante fossi il più caro abbiamo fatto il possibile per fartelo prendere...», racconta Braghi, uno degli intermediatori della Elliwan il 17 gennaio 2011, riferendosi a uno degli appalti in Iraq. E per capire quanto potesse essere influente il manager del progetto Zubair, ecco un’altra telefonata: «Se posso non li faccio vincere, giusto per il gusto di non farli vincere... preferisco perdere... cioè, ho più gusto... come si chiama... a non prendere niente». Ora il magistrato, dopo le perquisizioni dell’altro ieri, vuole capire se appalti così rilevanti in Iraq e Kuwait ma anche in Kazakistan, e la loro distribuzione a importanti aziende italiane in cambio di tangenti, fosse questione gestita soltanto a livello intermedio dell’Eni (dove si parla del «vice president» Capanna come di un manager medio basso) o vi fosse il coinvolgimento anche di qualcuno al vertice della holding.