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 2011  giugno 24 Venerdì calendario

Viaggia che ti passa: ecco la «travel terapia» - Ci sono luoghi che sono una cura, geogra­fie che leniscono, passi che ci portano, spesso, a inciampare in noi stessi

Viaggia che ti passa: ecco la «travel terapia» - Ci sono luoghi che sono una cura, geogra­fie che leniscono, passi che ci portano, spesso, a inciampare in noi stessi. Eric Rohmer (tra i molti altri) ce lo ha raccontato per tutto un film (del 1986) che si intitolava Il raggio verde ( come il ro­manzo di Jules Verne) e che ha rischiato di far diventare verdi anche noi spettatori. Agguantati allo stomaco dall’ansia che,più del raggio,riusci­va ad irradiare la nevrotica protagonista Delphi­ne. Trentenne, ossessiva, inospitabile (per tutta l’estate,prima di arrivare a Biarritz,se la rimbal­zano di casa in casa amici e conoscenti infastidi­ti) e romantica al limite del patetico. Era anche l’unica nevrotica lenta nella storia del mondo, Delphine perciò la sensazione era che il film du­rasse davvero tutta un’estate. Ma comunque... di tappa in tappa, di meta in meta, la protagoni­sta riannoda i suoi complessi, decideva di cocco­lare la sua sociopatia, di accettarsi (agli altri di accettare lei non riusciva neppure alla fine della pellicola) e, piuttosto inverosimilmente, le capi­tava perfino di incontrare un uomo. È che i viaggi fanno succedere le cose anche quando non succedono. Perchè è un andare in­contro al mondo. Viaggiare è già agire e scegliere e crescere. Secondo qualcuno, viaggiare è curar­si. Da un amore scaduto, da un lavoro frustran­te, da una vita scentrata, da un marito noioso o da un amico che ha smesso di bastarci come ta­le. Come spiega un libro (indirizzato alle donne ma valido per tutti) appena uscito in libreria: Tra­vel Therapy-Come scegliere il viaggio giusto al momento giusto di Federica Brunini (Morellini editore, 136 pagine, 9 ,90 euro). Posti e luoghi e nicchie e avvertimenti perchè il mondo diventi il nostro piatto. Perchè ci torni l’appetito perchè ricominciamo a sentirci sazi senza mortificarci in dissennate indigestioni. Le città vivaci, le isole indolenti, i mari tiepidi, le cime frizzanti. A se­conda che la vita ci abbia prese a schiaffi o più banalmente in giro. A seconda che ci sentiamo sfinite o inutilizzate da troppo tempo. A seconda che salpiamo con un custode o con la compa­gnia della solitudine. Tre mete contro ogni ma­­lessere: dalla più vicina alla più lontana. Un con­siglio per viverle al meglio, uno per non viverle al peggio e qualche chicca sotto al titolo “Il consi­glio in più”: dalla libreria introvabile, al bar spiri­tuale, dal negozio vintage, all’imperdibile take away. Tutto in un libretto agile e compatto, co­me dovrebbero essere tutti quelli che si mettono in viaggio: con più futuro che bagaglio. C’è an­che un test, che sta alla fine ma dovrebbe essere all’inizio. Perchè è la condizione. Perché serve a capire se davvero siamo pronte e (ri)partire. E in mezzo l’autrice, Federica Brunini, che ha già fatto tutto per noi. Prima di noi: «Ho trovato me stessa in una stanza d’albergo a Chicago, ho attraversato i miei silenzi nelle moschee di Istan­bul e nel deserto cileno dell’Atacama, mi sono lanciata al mio inseguimento per le street di Lon­dra, di New York, di Adelaide. Mi sono innamo­rata in Estonia, in Polonia, in Marocco. E ho ri­messo in discussione tutto a Mumbai, a Dubai, in Sardegna...». Ecco. Ancora prima di partire, non siamo già più sole.