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 2011  giugno 24 Venerdì calendario

SOTTO TIRO 16 BANCHE ITALIANE

Ieri l’agenzia di rating Moody’s ha messo sot­to osservazione il «ra­ting » di 16 banche ita­liane, dopo aver fatto altret­tanto per lo Stato italiano. Cerchiamo di tradurre. Le principali banche italiane rischiano nei prossimi me­si di vedersi ridotto il loro voto in pagella da 8 a 7. Sempre sopra la sufficien­za, ma con qualche compi­to i­n più da fare questa esta­te. Il motivo per il quale i sa­pientoni hanno deciso di muoversi in questo modo è presto detto. Quando una banca, o uno Stato, ha un brutto voto in pagella sono guai. Gli investitori in­ternazionali si fanno paga­re più cari i loro prestiti. L’Italia deve raccogliere ogni anno 330 miliardi di euro per ripagarsi i Bot in scadenza: dunque anche una piccola variazione al­l’insù dei tassi di interesse comporta un aumento del­la spesa pubblica. Discor­so identico vale per le ban­che. Se il loro voto passa a 7, dovranno pagare più ca­ro il denaro, che è la loro materia prima. La banche prendono a prestito quat­trini e li rivendono con un guadagno. Se il costo del prestito aumenta, di pari passo deve aumentare il prezzo a cui vendere la lo­ro merce, e cioè il denaro. È chiaro a tutti che siamo in un pasticcio. Se le impre­se dovessero, in questa fa­se, vedersi aumentati i tas­si di interesse che pagano sui loro prestiti alle ban­che, si troverebbero in una difficoltà superiore a quel­la­che già hanno oggi nel fa­re utili. Le imprese italiane che si devono servire di in­­frastrutture carenti, paga­re tasse più alte dei loro concorrenti e trattare con un burocrazia lenta, si po­trebb­ero trovare nella spia­cevole condizione di paga­re il credito più di quanto si faccia in Europa. È come correre una gara di veloci­tà su una gamba sola.
Ecco perché la minaccia di ridurre il voto in pagella alle banche italiane può avere un effetto a catena su tutto il nostro sistema eco­nomico. Non è detto che ciò avvenga: la pagella è sotto osservazione e non è ancora stata peggiorata.
Non siamo tra coloro che pensano ci sia un com­plotto contro l’Italia. Ma possiamo ben dire che le agenzie di rating hanno da­to nel passato una favolo­sa dimostrazione di mio­pia. Le banche italiane hanno retto la crisi finan­ziaria alla grande, mentre le stellate anglosassoni fal­livano, senza che alcuna agenzia di rating se ne ac­corgesse per tempo. E an­che oggi la situazione po­trebbe ripetersi. Dei 150 miliardi di euro (il 10 per cento del Pil italiano, cir­ca) che lo Stato greco ha di debito con le istituzioni fi­nanziarie europee, si calco­la che circa la metà sia in mano a banche francesi e tedesche. Ci spieghiamo meglio. Se la Grecia doves­se saltare, cosa ancora pos­sibile e incorporato nel prezzo a cui oggi vengono venduti i suoi titoli pubbli­ci, i primi a soffrire sarebbe­ro­i banchieri francesi e te­deschi. Ecco i numeri. Le banche italiane sono credi­tri­ci di Atene per circa 3 mi­liardi di euro: peanuts , di­rebbero in un film su Wall Street. Quelle francesi e te­desche per circa 70 miliar­di.
Purtroppo la ragionevo­lezza non sempre guida la finanza. E la pagella di un’agenzia per il mercato vale più del buon senso co­m­une di cui spesso si ha pa­ura. Il rischio è dunque che banche e imprese ita­liane domani possano sof­frire più delle loro concor­renti francesi e tedesche, non già per i rischi effettivi che corrono per le loro poli­tiche industriali, ma per un voto di Moody’s.