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 2011  giugno 24 Venerdì calendario

La “Regalpetra” di Sciascia il sogno infranto della legalità - C’ è un paese reale, fatto di case, strade, persone

La “Regalpetra” di Sciascia il sogno infranto della legalità - C’ è un paese reale, fatto di case, strade, persone. Si chiama Racalmuto: paese antico di miniere, chiese e ricordi. Sull’altipiano degli zolfi, in provincia di Agrigento, chiuso in una conca di colline, i suoi confini ricadono nel territorio della letteratura, dei libri, dell’immaginario, cioè della Sicilia come metafora. Racalmuto è infatti la Regalpetra di Leonardo Sciascia, con le sue parrocchie, inventata dallo scrittore racalmutese nel 1956. «Ho tentato di raccontare qualcosa della vita di un paese che amo, e spero di aver dato il senso di quanto lontana sia questa vita dalla libertà e dalla giustizia, cioè dalla ragione», scrisse Sciascia ad apertura delle sue Parrocchie di Regalpetra. Da quel giorno Racalmuto fa parte dei luoghi fantastici della Sicilia, come la Donnafugata di Tomasi di Lampedusa, come la Vigata di Camilleri. Le parole di Sciascia, ora incise su un pietra che si affaccia sul disordine di tetti del paese, sembrano condannare Racalmuto a muoversi dentro una condizione letteraria. Ma erano reali i morti, le faide, le stragi che all’inizio degli anni Novanta insanguinarono il paese. Sciascia era morto da pochi mesi quasi il segno simbolico che la sua presenza funzionasse da deterrente morale - quando scoppiò la guerra tra Cosa Nostra e le cosche rivali della Stidda. Il paese che aveva conosciuto una mafia sonnacchiosa e rurale, si trovò al centro di una guerra che lasciò a terra venti morti ammazzati in due anni. I vincitori della faida fecero poi rapida carriera dentro Cosa Nostra, come Maurizio Di Gati, il garzone di barbiere arrivato ad essere per breve tempo il padrino di tutta la mafia della provincia di Agrigento. Regalpetra esisteva ormai soltanto per chi desiderava un paese diverso. Non è un caso che il blog più consultato si chiami Regalpetra libera Racalmuto: insomma, il vecchio sogno che la forza della letteratura possa migliorare la realtà. Quando nel 2006, dopo anni di latitanza, Maurizio Di Gati si consegnò e cominciò a collaborare con i magistrati, andai a incontrarlo: volevo capire com’è che le nostre vite, dopo un’infanzia a tirare calci assieme dietro allo stesso pallone, si fossero allontanate così tanto sia pure vivendo fra quattro strade e una piazza. Raccontai quei colloqui e le vicende di mafia di Racalmuto nel libro I ragazzi di Regalpetra. Di Gati non era più il ragazzo che avevo conosciuto, aveva preso il piglio del capomafia, eppure parlava del suo paese con orgoglio, ricordava compiaciuto quando nel suo salone da barbiere passava Leonardo Sciascia per una scorciatina ai capelli. Strano boss, fiero di essere compaesano dello scrittore che per primo aveva spiegato la mafia all’Italia. Nella piazza di Racalmuto c’è la statua di Sciascia: lo scultore Giuseppe Agnello lo ha raffigurato mentre passeggia, la sigaretta fra le dita, sul marciapiede davanti al circolo Unione, paesano tra i paesani, senza piedistalli né scalini, allo stesso livello di quei racalmutesi che lo chiamavano amichevolmente Nanà. Attorno alla statua, ogni giorno, gli abitanti di Regalpetra parlano di Racalmuto, della politica, degli arresti e delle indagini scaturite dalle dichiarazioni di Maurizio Di Gati. Non sono letteratura i nomi e i cognomi, le accuse, le notizie: è la ferita profonda che Cosa Nostra ha lasciato nel paese, inquinandone relazioni e rapporti. Qualcuno crede di vivere a Regalpetra, molti si ritrovano ogni giorno a Racalmuto. A volte i due luoghi si sovrappongono: nei giorni in cui il sindaco di Racalmuto è indagato per mafia, in un antico anfiteatro catanese l’attore e regista Vincenzo Pirrotta mette in scena le storie di Quei ragazzi di Regalpetra: una tragedia moderna, con i canoni classici, per narrare l’irrompere della violenza in un paese, con gli amici che diventano nemici, con i fratelli che vendicano i fratelli. Sulla scena, un personaggio che ha il nome di Maurizio Di Gati parla del suo passato mafioso, del suo paese, della nostalgia per averlo perduto. Nel luogo segreto in cui vive sotto protezione, ormai anche Di Gati si sente un cittadino di Regalpetra: un luogo che esiste solo nella memoria. A Racalmuto restano invece le tracce di una stagione mafiosa che ancora non si è spenta del tutto. * Giornalista, scrittore e autore teatrale. Cresciuto a Racalmuto, ha scritto «I ragazzi di Regalpetra» da cui è tratto uno spettacolo ora in scena all’anfiteatro greco-romano di Catania