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 2011  giugno 24 Venerdì calendario

Se il Senatùr sbanda - Ha ragione, il vecchio Bossi. «Non ci sono liti dove ci sono io», detta alle agenzie da Roma ladrona

Se il Senatùr sbanda - Ha ragione, il vecchio Bossi. «Non ci sono liti dove ci sono io», detta alle agenzie da Roma ladrona. E’ vero come è vero che l’acqua del Po è sacra, la Padania è nazione e il figlio Renzo sarà un insigne statista. Un qualsiasi leghista provi a sostenere il contrario e verrà preso per pazzo, forse pure per terrone, e di certo buttato fuori dalla Lega, o magari infilato in un cassonetto della spazzatura come capitò a Pierangelo Brivio, cognato di Bossi, nel lontano 1987. Non si litiga, davanti a Bossi. E nemmeno si vota, se Bossi non gradisce. O se non gradiscono quelli del «Cerchio Magico», i suoi consiglieri. Strane cose capitano in questi giorni, nelle stanze di casa Lega. 49 deputati su 59 chiedono il cambio del capogruppo, quel Marco Reguzzoni che del «Cerchio Magico» è tra i soci fondatori, ma Bossi a quanto pare della stragrande maggioranza dei suoi onorevoli si preoccupa zero. Il capogruppo resiste eroicamente al suo posto. Di più: Bossi se la prende con Maroni che non sarebbe soddisfatto, come se gli altri 48 non lo fossero. E gli scappa una sbandata in curva di quelle da mettere più di un brivido: «Nella Lega la situazione è sotto controllo perché è la base che tiene sotto controllo la Lega, non Maroni». La base? Chissà cosa intende, Bossi, quando parla di base: gli elettori o i militanti? Perché i primi, quelli che «in gabina» per anni sceglievano Lega, alle ultime elezioni hanno già dato: più malumori che voti; i secondi, tolti i parecchi che dalla Lega ormai prendono uno stipendio diretto o dall’indotto, hanno provveduto domenica sul prato di Pontida: non tanto con lo striscione per Roberto Marioni premier, quanto con l’insofferenza diffusa, evidente e ribadita dalle invocazioni alla «secessione», per una Lega troppo di governo e assessorati, di auto blu e promesse, di Cerchio Magico e Soccorso Verde all’amico Silvio. E sembra ormai davvero piena di curve pericolose, la strada del vecchio Bossi. Più di un leghista, e non solo parlamentari, quando ha saputo delle dichiarazioni romane si è stupìto. E si è risentita la frase che da anni accompagna certe sortite del Capo: «Ma chi lo informa, chi gli dice certe cose?». Solita domanda di chi non vuol rischiare e conosce la risposta: il «Cerchio Magico». Da Reguzzoni al capo dei senatori Federico Bricolo alla vice presidente del Senato Rosi Mauro, e da lì al clan di famiglia, Renzo Bossi e mamma Manuela. La vera base di Bossi. Quelli che tutto decidono. Anche per conto suo. Anche se lui non sa. Chissà se a Bossi hanno ricordato che la sua Lega, la stessa tenuta sotto controllo dalla base, non si riunisce a congresso da quasi dieci anni, 3 marzo 2002 ad Assago, appena fuori Milano. O se invece, da domenica mattina a Pontida, a Bossi giungano soltanto allarmanti e interessate informazioni su tentativi di scalate da parte di Maroni, uno che conosce così bene la Lega da aver sempre detto che senza Bossi non si va da nessuna parte; e però il Clan lo sospetta e al Capo ricordano il ‘94, quando Maroni sul ribaltone tentennò, e al congresso milanese del ‘95 la sempre garbata Rosi Mauro gli tirò sul palco un vaso di azalee. Ma si può capire, questa resistenza del «Cerchio Magico». Non possono rinunciare al capogruppo di Camera o Senato, due vere postazioni di potere: è da lì che si stabilisce cosa passa e cosa non passa, e diventa merito da encomio solenne se a passare, come nel giugno 2010, è un decreto che stanzia 800 mila euro per la Scuola Bosina di Varese, casualmente fondata dalla moglie di Bossi. Si può capire perché buona parte delle scelte della Lega le hanno meditate loro, compresa la candidatura alle elezioni della Lombardia del figlio Renzo, comunicata al babbo a decisione presa. «Umberto non ne sapeva niente», giura l’ex senatore Erminio Boso. Quel che si capisce meno è come mai Bossi dica che la Lega è sotto controllo perché ci pensa la base. Una volta, prima della malattia, la Lega era sotto il suo, di controllo. Da allora, 2004, non si è mai ben capito: a partire dall’intervista che aveva segnato il ritorno, quella titolata dal «Corriere della Sera» sul figlio Renzo futuro segretario della Lega, dettata ad un anno dal coccolone alla presenza dell’immancabile Rosi Mauro. Ecco, forse la resistenza del «Cerchio Magico» è per tutelare quell’eredità. Bossi, da bravo papà, quando parla del figlio s’illumina. Non gli hanno detto che Renzo, in Regione, non lo vedono quasi più.